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La morale del killer

di Raffaele Pavoni
  Irrational man
Data di pubblicazione su web 12/01/2016  

Da almeno una decina d’anni ogni film di Woody Allen è guardato con scetticismo sia dai detrattori a priori (mai domi) sia dai fan che sperano ancora, invano, in un nuovo Manhattan (1979) o in un Io e Annie (1977). Sugli ultimi film del regista newyorkese è stato scritto e detto di tutto, ma raramente ci si è preoccupati di metterli in relazione, cercando il fil rouge di opere temporalmente contigue – eppure incredibilmente distanti – come Match point (2005), Basta che funzioni (2009), Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni (2010) e Blue Jasmine (2013). A fronte di un’estetica riconoscibile sin dal font dei titoli di testa, dietro la più recente produzione alleniana si cela una molteplicità di riflessioni spesso complementari tra di loro. È un mosaico di piccoli racconti morali che dietro alla linearità della trama e all’elementarità della regia racchiudono una riflessione etica in continuo divenire.

Le trame si svuotano, si allungano (talvolta fiaccandosi), e anche il numero dei personaggi si riduce. In Irrational man i protagonisti sono quattro, e già la locandina preannuncia che l’attenzione del film sarà tutta incentrata su di loro. Abe (Joachin Phoenix) è un docente di filosofia appena assunto all’università di Newport, in Rhode Island. Alcolizzato, deluso dalla vita, incapace di amare (nonostante le donne siano irresistibilmente attratte dal suo spirito autodistruttivo), è un personaggio perfetto sia per l’esistenzialismo pessimista di Allen che per la recitazione inquieta di Phoenix. Di lui si invaghiscono Jill (Emma Stone), giovane studentessa che per suo amore lascia il ragazzo (Jamie Blackley), e Rita Richards (Parker Posey), professoressa dalle tendenze ninfomani. Un bel giorno Abe decide di vendicare il torto subito da una donna che ha perso la custodia dei suoi figli a causa di un giudice corrotto. Grazie all’assassinio di quest’ultimo il protagonista potrà ritrovare il proprio equilibrio psicofisico e dare un nuovo senso alla sua vita.

Una scena del film
Una scena del film

Irrational man entra di diritto nel filone dostoevskiano (o bergmaniano, se preferiamo) della filmografia di Allen. Impossibile non ravvisare in Abe il Raskol’nikov di Delitto e Castigo. Entrambi i personaggi, tormentati e rancorosi, cercano nell’omicidio una sorta di riscatto alla loro misera esistenza. Sanno di rischiare la condanna e, soprattutto, di scivolare nel senso di colpa, ma è un rischio calcolato: sull’altro piatto della bilancia c’è la libertà.

Se in Match point (2005) e in Sogni e delitti (2007) è proprio l’assenza di una condanna a generare il rimorso dei protagonisti, se in Crimini e misfatti (1989) mancano sia pena che pentimento, qui il delitto si configura addirittura come vera e propria palingenesi del protagonista, sorta di catarsi che lo rende improvvisamente serafico, imperturbabile: preoccupato, sì, dall’idea che qualcuno possa essere condannato al posto suo, ma in fondo pronto senza troppi turbamenti a partire per l’Europa con Rita, la quale, pur essendo quasi certa di un suo coinvolgimento nel crimine, si guarda bene dal voler sapere la verità.

Una scena del film
Una scena del film

Verità che invece cerca di ricostruire Jill, interpretata da un’intensa Emma Stone (già nel cast del precedente Magic in the moonlight). Il suo percorso è speculare a quello dell’amato: dall’istinto di un amore irrazionale capace di tollerare il crimine al ritorno al principio di giustizia. Il confronto-scontro con Abe invade il quadro, confinando qualunque elemento di contesto sullo sfondo, spesso fuori fuoco, o ancora fuori campo, come i due libri di poesie che lui le regala. Ed è proprio in questa simbolica estromissione del logos, dei raffinati argomenti filosofici con i quali Abe giustifica e sublima il suo delitto, che Jill ritrova una sorta di morale istintiva, riconoscendo il male dietro la sua banalità.

L’ennesimo film di Woody Allen, dunque? A livello formale, è difficile negarlo: il regista usa gli strumenti che conosce, riproponendo il suo cinema performativo come si indossa un abito elegante ormai sbiadito, ma lo fa per elaborare una visione del mondo sempre più complessa. La sua arte, per dire altrimenti, si fa testimone di un perpetuo divenire filosofico, nonostante – e forse addirittura grazie a – la ricorrenza di forti marche di enunciazione.

Nelle produzioni degli ultimi anni le risate si attenuano; ma non per rassegnazione o nichilismo, bensì per una specie di estatico distacco. Ormai ottuagenario, l’Allen di oggi non è più il viveur ironico ed egocentrico degli anni Settanta, ma un pensatore solitario, da ascoltare e da capire. Pur non essendo il suo film più riuscito, Irrational Man sprigiona un anelito all’eterno, all’immortalità: mettendo in ridicolo la storia del pensiero umano, il regista se ne riappropria e la rielabora, fino a rielaborare sé stesso e il suo rapporto con la morte. Angosciato da un sentimento di horror vacui, Allen si interroga sulla possibilità, in un mondo dominato dal caso, di forgiare una propria morale. Fosse anche, appunto, la morale del killer.



Irrational man
cast cast & credits
 

La locandina del film
La locandina del film


Il regista Woody Allen
Il regista Woody Allen

 
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