Tanto
di cappello al giovane regista Massimo
di Michele che coraggiosamente presenta un testo raro, dimenticato ma
sorprendente, come Faust Marlowe
Burlescque, riscrittura tratta dalle varie versioni di Faust e altre fonti che due maestri del teatro, Aldo Trionfo e Lorenzo Salveti, dedicarono nel 1976 a due grandi artisti come Carmelo Bene e Franco Branciaroli. Se nella fortuna di questo testo, direbbe Eduardo, «e muorti so assaie», Faust non deve morire o, almeno, non
deve morire così!
Spieghiamoci
meglio: è con meravigliato stupore che lo spettatore accoglie la messinscena
firmata da Massimo di Michele con Federica
Rosellini, il primo interprete di Faust
e laltra nei panni di Mefistofele. Mefistofele-Rosellini è inoltre prologo-annunciatrice-cantastorie-soubrette della parte iniziale dello
spettacolo. Una specie di presentazione, un carosello promozionale, insomma un
inizio con i botti: lattrice, longilinea e inquietante, grazie allapporto
delle luci di Alessandro Carletti –
creatrici, insieme alle musiche, di suggestive atmosfere per lintera durata
della messinscena – dimostra spiccate capacità interpretative giocando con i
registri stilistici quasi fosse un apparecchio radio impazzito. In abito nero
da sera, con i capelli raccolti e il viso smunto, così simile alle pallide
attrici anni Venti del café-chantant
espressionista, la Rosellini dà vita a una performance
giocata sullo sdoppiamento della personalità e sul dialogo infra-personale:
esageratamente drammatico, volutamente straniato, grottesco per vocazione,
variegato per sonorità (ed ecco citato Carmelo Bene).
Un momento dello spettacolo © Cristina Gardumi
Il
suo prologo, a ritmo di swing, si
conclude con lentrata in scena dellannunciato Faust/di Michele, impeccabile
nellabito da cocktail con gilet.
Lelegante figurino avvinghia la bella e la bacia con passione, salvo poi
togliersi la giacca e svelare lestrosa camicia priva di maniche da locale a
luci rosse, kitsch che più kitsch non si può. Chapeu!
La
vicenda di Faust, nel testo mescolata a brani tratti da Marlowe, Goethe, Brontë, in uno spazio vuoto delimitato
solo dal terriccio sparso sul fondo-scena, si articola in vari sketches, travestimenti, brani musicali e stacchetti coreografici.
Percorrendo gli stati più irrazionali dellanimo umano: frustrazione, seduzione,
tentazione, innamoramento, perdizione, i corpi vibranti dei due attori si
contraggono, contorcendosi in “pose” che sono di albero o di uccello. I costumi
assecondano la messa a fuoco della fisicità della coppia: gli abiti lasciano
scoperte braccia e spalle, un bustino costringe il torace di Faust, mentre la
camicia bianca maschile, parzialmente abbottonata, di Mefistofile e la bianca
sottoveste del finale consentono allattrice perturbanti giochi di seduzione.
Se spesso si rasenta il nudo, in altri momenti dello spettacolo, invece, i due
corpi sono coperti da ampi soprabiti che diventano ali o nascondono sconcezze.
Un momento dello spettacolo © Cristina Gardumi
Intanto
il duetto ripercorre e sintetizza la storia proverbiale delluomo disposto a
vendere lanima al diavolo senza ottenere alla fine lo stato di sazietà
desiderato. La libidine è prossima allangoscia ed entrambi, luomo diabolico e
lo spirito umanizzato, pagano il prezzo della colpa percependo la realtà come
un inferno perenne.
Questo
teatro dattori, di corpo, di musica e di luce trova nellabside, lasciato
visibile, della chiesa sconsacrata del Teatro SantAndrea di Pisa un attivatore
di significato ulteriore, evidenziando la dialettica tra sacro e profano così
viva nel testo. Lo spettacolo è caratterizzato da estremo dinamismo e da un
evidente sforzo fisico; il registro stilistico è originale e le scelte registiche
piacevolmente sopra le righe. Ma allora perché questo finale? Faust muore in
scena, ma non è questo il problema. Il buio conclusivo lascia lo spettatore
interdetto nellattesa che qualcosa ancora succeda… che linsopportabile
registro patetico-naturalistico venga messo tra virgolette e incorniciato dai
fuochi dartificio del prologo iniziale, per esempio. Nulla. Faust/di Michele
rantola nel suo rosso occhio di bue e Mefistofile/Rosellini piange
disperatamente con tanto di vere lacrime di commozione. Rimane la speranza che
a una prova così efficacemente affrontata corrisponda un finale degno dello
sforzo compiuto.
|
|