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Boi Neon

di Raffaele Pavoni
  Boi Neon
Data di pubblicazione su web 15/09/2015  

Nel nordest brasiliano una famiglia nomade di mandriani prepara i tori per le vaquejadas, sorta di rodei in cui due uomini a cavallo devono inseguire la bestia e trascinarla a terra afferrandola per la coda. Il sogno recondito del capofamiglia Iremar (Juliano Cazarré) è però quello di lavorare nel settore tessile, e passa il suo tempo libero a progettare capi di vestiario su manichini fatti a mano. Insoddisfatto dell’infelice rapporto con la moglie Gaela (Maeve Jinkings), ballerina frustrata, l’uomo si infatua di Geise (Samya De Lavor), rappresentante di profumi e guardia notturna di un’industria tessile. Nel frattempo la figlia della coppia, Cacà (Aline Santana), affronta i difficili rapporti con i genitori, dai quali non riesce a ottenere attenzione e comprensione.

Presentato nella sezione Orizzonti, Boi Neon è un film che ha diviso la platea, incassando tanti applausi ma anche qualche fischio (e addirittura un insulto al regista presente in sala). Gabriel Mascaro, qui al secondo lungometraggio (il film d’esordio, Ventos de Agosto, ha ottenuto una menzione speciale al Festival di Locarno 2014), propone un cinema crudo, viscerale, esplicito, in cui personaggi e animali emergono in tutta la loro fisicità, confondendosi gli uni con gli altri. Viene messo in risalto il sudore, il fiato delle bestie, lo sterco nel quale cade la piccola Cacà (ironia involontaria), lo sperma di cavallo che Iremar e il suo assistente tentano di rubare a un prezioso purosangue. Si vede il sesso, freddo, in piano sequenza, nel lunghissimo amplesso tra Iremar e la sua giovane amante, visibilmente incinta. A una prima analisi, quello di Mascaro può sembrare un cinema fastidiosamente provocatorio, che dà sfogo a ogni tipo di indecenza pur di essere notato e chiacchierato nel milieu dei festival europei; da qui, probabilmente, il risentimento di alcuni spettatori.


Un'immagine del film
Una scena del film

In realtà il regista riconosce le potenziali derive del suo approccio, e si tiene a debita distanza sia dal voyeurismo pornografico che da un’estetica dell’orrido alla John Waters. Il suo è piuttosto uno sguardo documentario, antropologico, coerente con il suo percorso cinematografico, che proprio dallo studio delle condizioni di vita dei cosiddetti “marginali” ha mosso i primi passi. Boi Neon, afferma il regista, «è uno studio del corpo, della luce e della trasformazione del paesaggio umano»: un paesaggio in cui esseri umani e animali convivono in una sorta di simbiosi. La potenza dell’immagine documentaria, pur corrispondendo a una precisa scelta estetica, non è mai estetizzante, riuscendo contemporaneamente a essere descrittiva e trasfigurante, a rappresentare i personaggi in modo epidermico, carnale, con pochi e sottili movimenti di camera.

Senza dubbio il film sconta forti debiti nei confronti del realismo allegorico di molto Cinéma Nôvo brasiliano, movimento che non a caso ha spesso scelto il Nordeste come set di molti suoi film (si pensi, tra tutti, a Deus e o Diablo na Terra do Sol di Glauber Rocha). Pur non rinnegando tale filiazione, il regista sceglie di discostarsene, da un lato rinunciando a qualsiasi istanza politica, dall’altro attuando un necessario rinnovamento del sistema simbolico con cui la rinnovata realtà locale deve essere rappresentata. Quello di Mascaro è una sorta di iperrealismo rurale, in cui tuttavia la tradizionale retorica della cristallizzazione di antichi valori e tradizioni viene abbandonata per lasciare spazio a una costruzione sociale complessa, ambigua, in cui l’industrializzazione apre una breccia nella monotona routine della famiglia dei vaccari, al punto da trasfigurarne oggetti e rituali.


Una scena del film
Una scena del film

Acquista risalto, in questo senso, il personaggio di Iremar, contemporaneamente grezzo allevatore e aspirante stilista, che usa le foto di donne nude delle riviste pornografiche dell’assistente come modello per progettare i propri capi di vestiario. Si pensi anche alla figura dell’assistente Mário (Josinaldo Alves), vanesio e dalla capigliatura curata, che sostituisce il volgare e sgradevole Zé (Carlos Pessoa). Nella stessa direzione va anche il neon bull del titolo: in un breve frammento del film vediamo un toro color giallo acido (neon, appunto), che entra nell’arena, con tanto di voce di commento: «attenzione, c’è un neon bull!». Si tratta di un’improvvisa visione allucinata che proprio nella sua assurdità quasi dadaista frantuma il realismo documentario per farsi sintesi poetica di quello scontro tra progresso e tradizione che caratterizza le aree contadine del paese. Boi Neon, a conti fatti, è un film libero, ruvido, coraggioso, in cui la realtà rurale brasiliana, ampiamente codificata nell’immaginario visivo nazionale, fornisce gli elementi con cui comporre un quadro in cui l’incontro tra modernità e cultura locale prende le forme di una convivenza tra violenza e piacere, che sembrano fatti della stessa materia.




Boi Neon
cast cast & credits
 

La locandina del film
La locandina del film


Il regista Gabriel Mascaro
Il regista Gabriel Mascaro


 
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