A copy of my mind
Il film dell'indonesiano Joko Anwar ha le carte in regola per dar vita a una love story alla Wong Kar-wai vecchia maniera: la passione nelle piccole cose, la poesia dei corpi, dei contatti fisici, degli oggetti, dei dettagli. Ma a due terzi del film succede l'imprevisto: la protagonista, inviata in una prigione di lusso a fare la pulizia del viso a una donna incarcerata per corruzione, ruba un DVD in cui scoprirà un filmato compromettente per alcuni esponenti governativi. Improvvisamente scatta la violenza: il datore di lavoro caccia Sari dal negozio malmenandola, mentre Alek è rapito e torturato. La protagonista, da quel momento in poi, ripercorre tutti i luoghi del film, innescando una sorta di d'iterazione di quanto già visto, forse la “copia della mente” cui allude il titolo. Infine, il politico corrotto vince le elezioni e Sari riabbraccia il suo amato.
Una scena del film
Il tutto potrebbe essere archiviato, se non fosse che in un'intervista il regista ha dichiarato: «il film è la mia lettera di amore a Giacarta; soprattutto, però, volevo esporre la situazione politica attuale». L'intentio auctoris, prosegue Anwar, è quella di denunciare come «religione, sperequazione sociale, corruzione e politica siano strettamente connesse alla vita di ognuno, anche e soprattutto di chi proviene da uno stato sociale basso». Purtroppo tale proposito si è dissolto in una troppo ambiziosa riflessione autoreferenziale. Il topos del protagonista non politicizzato portato dalla dinamica degli eventi a confrontarsi con il potere, già di per sé ampiamente abusato, si rivela molto lacunoso a livello narrativo, quasi che i conti debbano tornare a priori: lo scontro fortuito con i “potenti” non porta i protagonisti a una presa di coscienza, né è ben chiara la gravità del crimine commesso.
Una scena del film
Anwar cerca di denunciare una precisa situazione politica e al contempo se ne allontana astraendo i fatti dalle contingenze storiche. L'autore lascia che esse emergano spontaneamente dallo sfondo delle vicende amorose, ma senza che si instauri una connessione tra le due sfere. Volendo descrivere la realtà di Giacarta, Anwar non esprime che la sua confusa ambizione a entrare nello stardom dei registi d'essai, infarcendo il materiale di partenza di rimandi eterogenei e disomogenei. Tutto il film è condizionato da questo fatale errore di prospettiva.
L'invettiva sociale, a conti fatti, è talmente spuntata da trasformarsi nel suo opposto, dando allo spettatore occidentale l'immagine di una Indonesia non ricca ma tutto sommato benestante, in cui si vive in minuscoli appartamenti condivisi con decine di persone ma dove il lavoro non manca, i dipendenti hanno un forte potere contrattuale e chi arrotonda con qualche attività al nero riesce pure ad arricchirsi. Dispiace dover demolire un regista poco noto, ma con i film di denuncia non si scherza, e usare le proteste antigovernative come semplice espediente narrativo rende solo un pessimo servizio a tutti. Le competizioni internazionali si vincono non scimmiottando modelli “colti”, ma con una riflessione politica seria, consapevole e personale, come all'ultima Berlinale ha dimostrato l'ultimo, bellissimo Taxi di Jafar Panahi. Una grande occasione sprecata.
Il regista Joko Anwar
Cast & credits
Titolo
A copy of my mind |
|
Origine
Indonesia, Corea del Sud |
|
Anno
2015 |
|
Durata
116' |
|
Data rappresentazione
10 settembre 2015 |
|
Città rappresentazione
Venezia |
|
Luogo rappresentazione
Sala Pasinetti |
|
Prima rappresentazione
10 settembre 2015 |
|
Evento
72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica |
|
Formato
2.35:1 / Dolby 7.1 |
|
Colore | |
Regia
Joko Anwar |
|
Interpreti
Tara Basro (Sari) Chicco Jerikho (Alek) Paul Agusta (Bandi) Ario Bayu (Sicario) Maera Panigoro (Ms. Mirna) |
|
Produttori
Tia Hasibuan, Uwie Balfas |
|
Produzione
Lo-Fi Flicks, CJ Entertainment |
|
Costumi
Edo Rahmat |
|
Montaggio
Arifin Cuunk |
|
Fotografia
Ical Tanjung, SI |
|
Suono
Khikmawan Santosa |
|
Musiche
Rooftopsound |