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De Palma

di Raffaele Pavoni
  De Palma
Data di pubblicazione su web 09/09/2015  

Cosa può nascere da oltre dieci anni di incontri tra Noah Baumbach, regista che ultimamente ha tenuto alta la bandiera della commedia americana indipendente, l’amico Jake Paltrow, regista di tre lungometraggi oltreché attore nel suo Greenberg, e Brian De Palma, monumento vivente appena insignito del Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker Award 2015?

Niente più dello stretto necessario, per fortuna. Niente interventi autoriali, niente metacinema, niente dettagli o movimenti di macchina, niente making of o dietro le quinte. De Palma è quello che lo spettatore si aspetta: una videointervista al leggendario cineasta statunitense interpolata da frammenti tratti dai suoi film. Forte di una filmografia che copre ormai sei decenni, Brian De Palma è una miniera di racconti, riflessioni, battute, sketches. Ne deriva uno sguardo consuntivo sul suo cinema che è al contempo sguardo del suo cinema.


Una scena del film
Foto di scena dei tre registi sul set del film

Secondo De Palma «su ogni set c’è sempre uno scontro di ego e il compito del regista è quello di mantenere tutto in armonia» sfruttando queste tensioni in maniera creativa. Tutta la sua carriera è attraversata dal contrasto tra gli interessi dei registi, dei produttori, degli attori, degli sceneggiatori, delle aziende concorrenti, dei giornalisti e dei plagiatori. Spirito tormentato e sperimentatore, sempre in lotta per imporre la propria idea di cinema, De Palma, dopo il disastro economico e professionale di Mission to Mars (2000), abbandona gli States per cercare la propria dimensione produttiva in Europa, accettando di girare a budget ridotto pur di godere di libertà creativa. Di lì a poco Woody Allen seguirà la stessa strada.

Al di là del dato biografico, il film è un ottimo saggio sul cinema americano degli ultimi sessant’anni e conferma che l’analisi di tale cinema non può limitarsi a una “monoteistica” politica degli autori (si pensi all’entusiasmo aprioristico che qualsiasi prodotto a firma De Palma suscita tuttora nella redazione dei «Cahiers»), bensì deve tener conto, nel contesto hollywoodiano più che altrove, del cast, del contesto produttivo, della distribuzione e della ricezione. «Questo funzionava sul pubblico», «questo non funzionava»: tali formule, ricorrenti nei ricordi di De Palma, sintetizzano lo scopo ultimo del fare film. Niente a che vedere con la figura del metteur en scène come “scrittore di cinema” teorizzata da Godard, a cui pure egli dichiara di dovere molto.

Il punto forte della pellicola sono gli aneddoti del regista, a tratti esilaranti: si pensi al Sean Connery ex-James Bond di The Untouchables infuriato perché durante una sparatoria gli era finita della polvere negli occhi, o all’antipatia – sfociata in uno scontro fisico – di Sean Penn per Michael J. Fox sul set di Vittime di guerra. Una carriera lunga e travagliata, che dagli anni “ribelli” di Greetings e Hi, Mom! ci porta al nuovo De Palma, capace di capolavori come Redacted o The Black Dahlia, per arrivare all’ultima fase in cui, stanco e vecchio, si gode il suo buen retiro nel Vecchio Continente, rimpiangendo un po’ lo snervante ma stimolante braccio di ferro con lo studio system, il brivido della “prima”, le difficoltà col vecchio e indisciplinato Orson Welles sul set di Get to know your rabbit, la lotta per reintegrare lo sceneggiatore David Koepp al fianco di Robert Towne nello staff di Mission: Impossible.


Una scena di Scarface
Una scena di Scarface (1983)

La conclusione è amara: «ogni regista dà il suo meglio nei suoi trenta, quaranta e cinquant’anni», ripete due volte alludendo ad Alfred Hitchcock e, forse, a se stesso. Si pensi al flop del recente Passion (2012). L’anziano regista sembra cedere così, come mai gli era accaduto in passato, alle critiche di molta stampa, arrendendosi alla retorica critica che lo considera al termine di un’inesorabile parabola discendente.

Dietro l’aspetto coriaceo e monolitico del personaggio si nasconde un uomo fragile: se il padre putativo Hitchcock affermò ironicamente «leggo sempre le critiche dei giornali, quando faccio la fila in banca», De Palma ammette di essere stato ferito dalla sala vuota alla prima newyorkese di Blow Out o dal fiasco di Get To Know Your Rabbit e del Falò delle vanità. Concentrandosi sul De Palma cinematografico il film svela, a poco a poco, quella personalità che egli stesso tende a comprimere ma che emerge proprio in contrapposizione al rigore storico-biografico a cui Baumbach e Paltrow ostinatamente tendono.




De Palma
cast cast & credits
 



 
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