11 minut (11 minutes)
Il “vecchio” Jerzy Skolimowski (settantasette anni) irrompe alla 72ª Mostra del Cinema di Venezia con il film più “giovane” del concorso: 11 minuti. Maestro di una sua particolare “nouvelle vague”, da oltre cinquant'anni disegna un cinema personale che attraversa, rilegge e oltrepassa i generi, come il precedente e bellissimo Essential Killing, un film “di”, o forse “su”, o meglio “oltre” la guerra in Afghanistan, potente e profetico, anch'esso passato in concorso cinque anni fa a Venezia.
Una scena del film
Ma quante cose possono succedere in 11 minuti? Quante vite possono inconsapevolmente incrociarsi e collidere all'interno di un'unica piazza? Sette, otto, nove o più trame compongono questo mosaico di umanità varia, così apparentemente distante ma fisicamente fin troppo vicina. Un'attrice, appena sposata con un uomo gelosissimo, deve fare un provino con un produttore che vuole solo portarla a letto. Un pedofilo venditore di hot dog prima di chiudere il suo chiosco serve un gruppo di suore golose. Una punk con l'immancabile cane non sa dove andare perché ha appena bruciato la casa dell'ex. Il personale di un'autoambulanza deve soccorrere una partoriente e si trova a fronteggiare un pazzo nel degrado di una palazzina popolare. Un motociclista cocainomane finisce preda delle sue allucinazioni. Un manutentore delle strutture di un albergo e la sua ragazza valutano se accogliere un attore porno nella loro prossima escursione in montagna. Un ragazzo in paranoia decide di fare una rapina. Un pittore viene disturbato da una troupe cinematografica. Un autobus di linea pieno di passeggeri vorrebbe proseguire tranquillo la sua corsa… Molteplici vite incastrate in un perfetto congegno a orologeria, tutte dentro un'incredibile e tragica “arancia meccanica” che dura, per ognuna di esse, solo 11 minuti.
Grandissimo omaggio al cinema di Brian De Palma, 11 minut si apre come Redacted, mostrandoci solo riprese da dispositivi “privati” (cellulari, webcam, videocamere di sorveglianza), e si chiude come Femme fatale, da cui riprende le imprevedibili traiettorie del destino; due estremi che servono a contenere un concentrato di idee e cinema in puro stile Skolimowski. I tanti personaggi si sfiorano con le loro storie e ogni passaggio tra queste storie finisce per riposizionare le lancette dell'orologio in un minuto diverso dal precedente. Il tempo perde così la sua categorica dimensione logica, come mostra l'indugiare della macchina da presa su una goccia d'acqua che irrazionalmente risale il muro fino a rientrare da dove era uscita. La rete che collega e imprigiona queste vite, invece che dipanarsi, si infittisce in un montaggio sempre più serrato che prelude all'esplosivo finale, sullo sfondo di una Varsavia mai vista, irriconoscibile, tra quartieri popolari, ville di lusso, moderni svincoli stradali e grattacieli “americani”, in cui ogni rumore, ogni suono ha un suo preciso significato.
Una scena del film
Nelle tante ragnatele lanciate dal regista quella sonora ha un'importanza basilare nell'armonizzare i tempi e gli spazi narrativi. Grazie alla perfezione dei raccordi sonori tutto assume un suo senso: il passaggio di un aereo, la sirena dell'ambulanza oppure anche il semplice squillare dei cellulari suggeriscono allo spettatore il ritorno di quel particolare momento nelle varie trame, mentre la loro maggiore o minore intensità permette di ricostruire una geografia dei luoghi e dei set. Luoghi ai quali viene dato anche un alone di mistero per un punto nero che i personaggi (e solo loro) intravedono nel cielo: cos'è questo punto nero? Una macchia celeste? Un cattivo presagio? Oppure una piccola imperfezione nel destino delle loro vite? Come il pixel mancante nel monitor della polizia o il microscopico rettangolo nero che il fumo finale genera nello schermo, dove l'esponenziale moltiplicarsi di finestre video trasforma tutto in nebbia elettronica, perché il “rumore” di troppe immagini porta alla cancellazione dell'immagine stessa.
In tutto questo Skolimowski si concede anche un'unica, piccola ma esplicita deviazione poetica, quando improvvisamente abbandona un suo personaggio per seguire il volo di un'enorme bolla di sapone, le sue evoluzioni, il suo “respiro”, la sua esplosione. Un volo che pare racchiudere tutto il senso del film: leggero, ipnotico e imprevedibile gioco di dinamiche chimiche destinato a esplodere. Sì, ma quando? E poi, in fondo, non è così anche la vita?
11 minut (11 minutes)
La locandina del film
Cast & credits
Titolo
11 minut (11 minutes) |
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Origine
Polonia, Irlanda |
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Anno
2015 |
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Durata
81' |
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Data trasmissione
9 settembre 2015 |
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Città rappresentazione
Venezia |
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Luogo rappresentazione
Sala grande |
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Prima rappresentazione
9 settembre 2015 |
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Evento
72. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica |
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Colore | |
Autori
Jerzy Skolimowski |
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Soggetto
Jerzy Skolimowski |
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Regia
Jerzy Skolimowski |
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Interpreti
Richard Dormer (Film Director) Paulina Chapko (Wife) Wojciech Mecwaldowski (Husband) Andrzej Chyra (Hot Dog Vendor) Dawid Ogrodnik (Courler) Agata Buzek (Female Climber) Piotr Glowacki (Male Climber ) Anna Maria Buczek (Doctor) Jan Nowicki (Palnter) Lukasz Sikora (Boy) Ifi Ude (Girl with a Dog) Mateusz Kosciukiewicz (Her Ex-Boyfriend) Grazyna Blecka-Kolska (Woman in Labor) Janusz Chabior (Dying Man) |
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Produttori
Jerzy Skolimowski, Eva Piaskowska |
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Produzione
Skopia Film, Element Pictures |
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Scenografia
Joanna Kaczynska, Wojciech Zogala |
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Costumi
Kalina Lach |
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Sceneggiatura
Jerzy Skolimowski |
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Montaggio
Agnieszka Glinska |
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Fotografia
Mikolaj Lebkowski |
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Suono
Radoslaw Ochnio |
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Musiche
Pawel Mykietyn |