Dopo
i fasti de La grande bellezza (2013),
il regista premio Oscar Paolo Sorrentino
torna alla ribalta con un film in lingua inglese ambientato tra la Svizzera e
Venezia, che solo apparentemente segue le orme del precedente.
Youth – La giovinezza si apre con il primo
piano fisso di una ragazza che canta, su una pedana girevole, You Got The Love dei Florence And The
Machine. La musica è il collante di un film appeso a una trama piuttosto esile.
Lanziano
compositore Fred Ballinger – amico in gioventù di Stravinskij – si è ritirato per un periodo in un albergo delle
montagne svizzere, ma sembra non voler riprendere a comporre. Il suo legame con
la moglie malata gli impedisce di dedicarsi alla musica. Le giornate proseguono
stancamente tra i massaggi e le saune del centro benessere della struttura. Gli
unici svaghi sono le lunghe passeggiate con il consuocero coetaneo Mick Boyle,
regista impegnato nella stesura della sceneggiatura del suo addio al cinema, e
il rapporto turbolento con la figlia-assistente Lena, tormentata da problemi di
cuore. Un giovane attore, Jimmy Tree, prepara il suo nuovo personaggio cercando
ispirazione in Fred e negli altri ospiti dellalbergo.
Una scena del film Sorrentino
riprende temi e figure stilistiche che lo hanno reso celebre in tutto il mondo:
la vita che avanza tra la noia e la solitudine, il tempo che passa
inarrestabile, il problema della creazione artistica, il legame con gli
affetti. Stavolta, però, il regista affronta lennesima variazione della sua
poetica con uno spirito completamente diverso. Non immerge gli eventi narrati
nel movimento rapsodico che contraddistingue La grande bellezza. Gli eccessi virtuosistici e ridondanti delle
ultime opere sono frenati da un approccio molto più leggero e lineare.
Questa
nuova pellicola è meno ambiziosa: ciò che nel film premiato con lOscar
risultava grandioso e decadente, in Youth
appare semplice e malinconico. La qualità della scrittura ne trae giovamento, complici
i luoghi dalla matrice letteraria (lalbergo è lo stesso in cui Thomas Mann scrisse La montagna incantata). La sceneggiatura
(firmata dallo stesso Sorrentino) procede con una coerenza inaspettata, tra
battute affilate e uno sviluppo soddisfacente dei personaggi.
Una scena del film Resistono
ancora le deviazioni episodiche tanto care al regista. Le apparizioni di
personaggi pittoreschi sono frequenti, tra cui quella di Maradona (interpretato da un attore-sosia), imbolsito
allinverosimile, con tanto di tatuaggio gigante di Karl Marx, ma capace ancora di incantare con una pallina da tennis.
O la giovanile bellezza della Miss Universo interpretata da Madalina Ghenea. Se i momenti musicali
e performativi nella cornice dello spettacolo kitsch interno alla narrazione appaiono ridondanti, sono soltanto
elementi di contorno di una architettura altrimenti perfettamente equilibrata. Per
la prima volta la regia di Sorrentino si mette al servizio della sceneggiatura
e dei personaggi con talento e intelligenza.
Il
regista napoletano si dimostra un formidabile direttore di attori, aiutato
dalla bravura di interpreti mai così in forma. Michael Caine, soprattutto nei sottotoni, pennella il suo Fred con
una grazia ineguagliabile. Harvey Keitel
non è da meno nella parte di un regista distrutto dalla vita, in uno dei ruoli
più impegnativi della sua carriera. Impagabile la performance di Jane Fonda,
che interpreta unattrice truccatissima e sopra le righe: un ruolo piccolo ma decisivo
nelleconomia del racconto. Anche il reparto dei “giovani” non demerita. Rachel Weisz riesce ad alternare tenerezza
e rabbia interpretando la figlia sottomessa allego smisurato del padre (a lei
è affidato il monologo più lungo e incisivo del film). A Paul Dano spetta invece la sequenza più imprevedibile, con un
travestimento degno del miglior Lubitsch
(Vogliamo vivere!, 1942).
Una scena del film Il
regista costruisce il film con la consueta cura del piano sonoro e visivo,
aiutato da contributi di primordine: dalla musica originale di David Lang alla fotografia di Luca Bigazzi.
Memorabile, per la capacità armonizzare i rumori con le immagini, la scena in
cui Fred dirige mentalmente i suoni della natura, in uno dei numerosi momenti
divertenti del film. Sorrentino elabora una partitura audiovisiva che si
sviluppa con il proseguo della vicenda, fino al crescendo del numero finale che
scioglie lo spettatore in una liberatoria commozione.
Youth possiede la leggerezza
dei grandi film, quelli che sanno spiazzare ed emozionare. Lopera è dedicata
con affetto a Francesco Rosi, ma non
si può non pensare a un omaggio sottinteso ad altri due registi che hanno fatto
la storia del cinema italiano: Mario
Monicelli e Carlo Lizzani.
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