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Un'altra danza sull'impossibilità di morire nella Sicilia di Emma Dante

di Francesco Tomei
  Le sorelle Macaluso
Data di pubblicazione su web 24/03/2015  

Irrompe, dilagando sulla scena, il terreno polimorfo, ricco di contraddizioni, dove affonda le sue radici un’antica e numerosa famiglia matriarcale sicula come tante altre, afflitta da vecchie ferite ancora sanguinanti di tragici lutti e alle prese con i problemi quotidiani più spicci. Emma Dante torna a tracciare una sottile linea fra la vita e la morte, rossa come il rouge aux lèvres del quale ogni donna, sciogliendosi i capelli come scudo, si arma sfidando vis-à-vis le difficoltà della vita. Quest’ultima è una delle tanti immagini poetiche, ma allo stesso tempo concrete, alle quali ricorre la regista, in un testo ricchissimo di sfumature tragicomiche e realistiche, per esprimere tutta la forza e l’orgoglio della donna siciliana.  

Dallo spazio vuoto, nell’oscurità, fra le luci suggestive di Cristian Zucaro, parte un assolo di danza femminile, seguito da uno strano plotone di sette donne vestite di nero che avanza, che a poco a poco diventa un corteo funebre, con una croce come vessillo. Si rompono i ranghi, infuria una lotta “pupara” con spade e scudi, che divengono l’unico elemento scenografico di uno spettacolo tutto incentrato sulla potenza del corpo degli attori in movimento.

Un momento dello spettacolo. Foto di Carmine Maringola.
Un momento dello spettacolo
© Carmine Maringola

Sette sorelle (Serena Barone, Elena Borgogni, Italia Carroccio, Marcella Colaianni, Alessandra Fazzino, Daniela Macaluso, Leonarda Saffi) vivono in una simbiosi profonda, tanto che i ricordi e il vissuto che le lega indissolubilmente è l’incantesimo che suggella l’impossibilità di morire. Il tema portante del nuovo lavoro di Emma Dante, Premio Ubu 2014 come “miglior spettacolo” e “miglior regia”, è il potere arcano, quasi soprannaturale, della memoria di una famiglia che vive in una strana comunione fra vivi e morti.

Sette donne tanto diverse quanto unite da un forte legame di sangue: tra le altre, spiccano la maggiore, aspirante ballerina, che sacrifica la sua vita per badare alle sorelle; la sempliciotta con problemi psichici, clown cui sono messe in bocca alcune fra le verità più scomode; la giovane madre con il figlio calciatore scomparso prematuramente (Davide Celona); la sorellina morta accidentalmente in una gara estiva d’apnea con le altre sorelle; la più forte caratterialmente, sacrificata e messa in un istituto per permettere alla famiglia di andare avanti, astiosa verso il padre vedovo (Sandro Maria Campagna) che l’ha abbandonata, poiché impossibilitato e incapace di fare anche da madre a tutte le figlie.

Le sorelle Macaluso presto si sbarazzano degli abiti scuri, dal taglio quasi maschile, per sfoggiare tutto il calore della loro sicilianità in sgargianti vestiti a fiori, divisa dell’esuberante femminilità delle donne del sud. Progressivamente i personaggi si spogliano, si mettono a nudo facendosi portatori, con poesia, di un messaggio: non necessariamente nelle famiglie i rapporti sono idilliaci, non sempre ci si ama fra genitori e figli, fra fratelli, ma è la memoria del vissuto il collante che tiene insieme alcune delle antiche e numerose famiglie del sud. Il coro scanzonato delle donne che intonano Lu pisci spada di Modugno, che torna più volte nello spettacolo, sembra essere un inno alla loro memoria, condivisa a tratti con gioia, amarezza, malinconia e dolore.

Un momento dello spettacolo. Foto di Carmine Maringola.
Un momento dello spettacolo
© Carmine Maringola

In una lingua d’invenzione, fra il dialetto siciliano, il pugliese e alcuni tratti d’italiano, sostenuto da un ampio uso del gesto a sostegno delle parole, Emma Dante, con poco, è capace di evocare poeticamente tutto il calore e la forza dell’immaginario più immediato della bellezza della terra siciliana: evoca i suoi odori, rumori, suoni, ritmi e colori.

Le sorelle Macaluso è uno spettacolo sull’importanza della memoria, dei ricordi dell’infanzia di una famiglia dove il rapporto fra figure maschili e femminili è tratteggiato con contorni ambigui. Appaiono, in questa lunga veglia funebre fatta di ricordi, primi fra tutti il padre, la madre (Stephanie Taillandier) e il giovane calciatore scomparso. Il pubblico non comprende distintamente chi sia vivo o morto o a quale funerale stiamo assistendo: soltanto alla fine siamo capaci di individuare colei che, nel trapasso, sta raggiungendo gli altri componenti della famiglia che sono morti.

Il corpo nudo che danza (la forza espressiva ricorda il movimento delle coreografie di Pina Bausch) è l’ultimo forte segno di uno spettacolo che non aggiunge ulteriori elementi alla collaudata poetica di Emma Dante, ma che è capace di raccontare, senza sconfinare nel melodramma, con ironia, carnalità e poesia, una memoria di tenerezza, affetto, risate, rivalità, attriti, dolori, addii, di una famiglia come tante altre, con tutte le sue contraddizioni.



Le sorelle Macaluso
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