Un
monumentale giardino inselvatichito di una villa signorile della Louisiana
daltri tempi è il “diorama” di Elio De
Capitani. Per una personale ricostruzione, con velleità iperrealistiche,
del salotto borghese a cielo aperto di Tennessee
Williams, dovè ambientata Improvvisamente
lestate scorsa, opera teatrale del 1958 dal deciso sapore autobiografico.
La
storia, per i suoi tempi scabrosa, riverbera le vicende familiari dellautore,
la cui sorella, Rose, fu fatta lobotomizzare per volontà della madre, per poi
finire rinchiusa in una clinica psichiatrica fino alla morte. La trama si
sviluppa intorno alla misteriosa morte di Sebastian, giovane poeta figlio della
danarosa Mrs. Violet Vernable (Cristina
Crippa), avvenuta «improvvisamente lestate scorsa», durante un viaggio
avventuroso delleccentrico intellettuale in compagnia della cugina Catherine (Elena Russo Arman). La giovane,
testimone della tragedia, non ricorda nulla ed è scivolata in un permanente
stato confusionale che sconvolge la madre (Corinna
Augustoni) e il fratello (Enzo
Curcurù), entrambi in ristrettezze economiche e dipendenti dalla danarosa e
anziana donna.
Mrs.
Violet, che incarna la vecchia società americana perbenista, ipocrita e
sessuofoba, è spinta a fare rinchiudere la nipote Catherine in una clinica
psichiatrica, temendo che possa, in preda alla follia, rivelare la celata
omosessualità del figlio defunto. Il sipario si apre in un lussureggiante
giardino. Lanziana signora, mentre saccinge a consumare il rituale del daiquiri ghiacciato delle cinque in
punto, propone al giovane dottor Cukrowicz (Cristian Giammarini) di sottoporre la ragazza a una lobotomia, in
cambio di un ingente finanziamento a favore dellospedale dove egli lavora. Lavveduto
dottore, prima dassecondare la volontà di Mrs. Violet, intende conoscere e
visitare la giovane Catherine per far luce sulla vicenda.
un momento dello spettacolo
© Lara Peviani
Il regista, fedele a una poetica dellamplificazione, già impiegata nella prima
regia di un testo di Williams, Un tram
che si chiama desiderio, con Mariangela
Melato (prodotto dal Teatro Stabile di Genova nel 1994), adotta la stessa
linea scegliendo una teatralità da kolossal, con elementi scenografici imponenti
realizzati da Carlo Sala: una foltissima
vegetazione sarrampica e quasi straripa in tutto il palcoscenico del Teatro
della Pergola, che diventa una giungla avvolta in una sinistra nebbia, piena di
rumori di misteriosi animali selvatici. Latmosfera ricreata è indubbiamente
suggestiva: sapientemente curati da Nando
Frigerio sono limpiego delle luci e il gioco di contrasti fra le ombre,
loscurità del giardino e il candido biancore degli eleganti costumi di Ferdinando Bruni. Ottima la scelta di
partire dalla traduzione di Masolino
DAmico, scorrevole e ritmata, della celeberrima versione cinematografica
di Joseph Mankiewicz (1959) con Catherine Hepburn e Liz Taylor, adattata per lo schermo da Georg Vidal, con la collaborazione dello
stesso Williams, sebbene edulcorata di ogni riferimento allomofobia, una delle
tematiche centrali dello spettacolo.
Lo spettacolo, tuttavia, manca di ritmo scenico e di una brillantezza che
poteva essere apportata facilmente, date le caratteristiche del testo e della
traduzione. Sebbene le situazioni paradossali che si moltiplicano sulla scena
offrano ripetute e ghiotte occasioni, sono pochi i risvolti comici o il ricorso
al registro grottesco. Lentissimo è il monologo finale di Catherine, la “scena
della confessione”, nella quale il dottor Cukrowicz, in presenza di tutta la
sconcertata famiglia, fa sì che la giovane traumatizzata riacquisti la memoria
e racconti i fatti del tragico accaduto in preda a una violenta crisi. In
questo caso, come a tratti lungo tutto lo spettacolo, risulta ridondante luso
della musica a commento e sottolineatura dei momenti di vero pathos, già evidenziato, fra laltro, da
alcune pose plastiche assunte, in particolare, dallattrice Elena Russo
DArman.
Cristian Giammarini e Elena Russo D'Arman
© Lara Peviani
Appesantisce ulteriormente il testo una ricerca estrema del livello
dastrazione, attraverso limpiego, forse eccessivo, di effetti sonori: ad
esempio la ripetuta emissione dei suoni registrati di strani uccelli esotici
che escono improvvisamente dalle bocche delle attrici.
Questo monumentale allestimento di Improvvisamente lestate scorsa è
caratterizzato da una recitazione degli attori o drammatica, a tinte forti,
caricata e scopertamente mirata a far commuovere lo spettatore, o
eccessivamente misurata. Leffetto è da cinema mélo. Lo spettacolo sembra non aspirare alla tragedia, ma neanche
al dramma borghese, sebbene il teatro di Williams ne offra loccasione,
affrontando tematiche scottanti come lomofobia, lipocrisia e il perbenismo
della vetusta società americana.
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