Alexei German jr è un regista tormentato da un rovello di immani proporzioni che sostiene la maggior parte della sua opera, ossia il destino del suo immenso paese, la Russia, dopo gli anni della dissoluzione dellUnione Sovietica. Dove va lex potenza mondiale? Sta ricostruendo, dopo il tracollo delle vecchie ideologie, una fisionomia e unidentità nuove? Cosa sta facendo delle nuove libertà (sempre che ci siano)?
Il regista si pone decisamente tra coloro che non lo sanno e con amore e modestia sta dalla parte degli uomini, creature sbandate e fragili, in un universo di cui non sanno più leggere i riferimenti. Premiato a Venezia nel 2008 con il leone dargento per il film Bumazhny soldat (Paper soldier), che ambientava lo sbandamento dei suoi personaggi nella celebre stazione spaziale di Baikonur, luogo che ha visto le glorie della potenza tecnologica sovietica, il regista prosegue la sua analisi sullo smarrimento di un corpo sociale che non ha più coesione e dove gli individui non riescono a trovare una personale collocazione.
Una scena del film
La frammentazione è resa attraverso una pluralità di piccole storie che ora si intrecciano, ora si allontanano, in un movimento che riproduce efficacemente londivaga casualità di una società senza direzione. Sullo sfondo di un enorme edificio incompiuto destinato a dare prosperità alla città, ma in realtà immagine fisica della metafora dellintero paese, vagano figure che un tempo avevano avuto una collocazione sociale precisa (lo studioso ora ridotto a fare da guida ai turisti vestito come un domatore, loperaio kirghiso, larchitetto), fanciulle in fiore in cerca di promozioni di vario tipo, bambini abbandonati da genitori fuggiti in cerca di un differente futuro, lavoratori immigrati e senza più lavoro.
Una scena del film
Quel che conta non è evidentemente la casistica ma quellangoscioso senso di vuoto che, nella magnifica e apocalittica fotografia di Evgeniy Privin e Sergey Mikhalchuk, si trasmette allo spettatore e pian piano si insinua nella sua coscienza. Senza giudizi, senza ideologie. Non cè davvero più nulla, e le statue dei dittatori del regime sovietico sono anchesse un monito del superamento della stagione degli entusiasmi distruttivi. Resta solo il silenzio, e una lattiginosa luce allorizzonte, che non pare presaga di nuove aurore.
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Under electric clouds
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La locandina
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