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Eravamo quattro amici al tavolo

di Lorenzo Galletti
  I giocatori
Data di pubblicazione su web 01/02/2015  
                                 

Els Jugadors di Pau Mirò, tradotto da Enrico Ianniello in napoletano, ha vinto il premio Bucata 2012 come miglior testo in lingua catalana e il premio Ubu 2013 come migliore novità straniera. I giocatori, questo il titolo dello spettacolo italiano diretto dallo stesso Ianniello, è la riprova che per fare del buon teatro non servono grandi mezzi, ma bastano buone idee.

 

Si tratta di un lavoro semplice, costruito in uno spazio scenografico essenziale, con una regia fatta di dettagli piccoli, su una drammaturgia priva di eccessi e ben sostenuta dal dialetto. Eppure non è uno spettacolo povero, tutt’altro. È invece di quelli capaci di trasformare davvero la platea in un’appendice del palcoscenico, di agitare l’aria della sala buia come un’onda. Nella cucina spoglia di un vecchio appartamento si muovono quattro personaggi maledetti, vessati dalle rigidità della vita: un barbiere, un attore, un becchino e un professore di matematica, vittime tutti del vizio, compagni di una partita per cui si danno appuntamento, ma che non ha mai inizio. Il tavolo diventa invece il centro intorno al quale confidarsi, svelare i reciproci segreti, confessare le rispettive paure, le ansie, le speranze. 


Luciano Saltarelli è il barbiere, che rimasto senza lavoro in un paese dove tutti «o muoiono, o perdono i capelli», è costretto a frazionare il versamento della liquidazione nel conto familiare per paura di essere lasciato dalla moglie, che già lo tradisce. L’attore (Tony Laudadio), del tutto privo di talento e incapace di guadagnarsi un posto in teatro, vive di espedienti e ricerca continue quanto fugaci scariche adrenaliniche rubando brandy scadente al supermercato. Enrico Ianniello interpreta con estro il becchino, balbuziente e scosso da continui tic nervosi; egli tenta invano di discostarsi dai compagni pascendosi di un amore illusorio per Irina, una prostituta ucraina che dopo ogni rapporto gli racconta storie di morti e omicidi del suo paese natale. Renato Carpentieri è un professore di matematica sospeso e inquisito dopo l’aggressione a uno studente che lo scherniva per un errore banale compiuto alla lavagna; la sua disperata condizione («il mondo universitario è una fogna – dice –, io sono solo un posto vuoto») lo fa precipitare in uno sconsolato ricordo del padre, che sente di aver deluso e il ricordo del quale cerca invano di allontanare, finendo al contrario per ereditarne paure e allucinazioni.



Un momento dello spettacolo


Sulle note di Dean Martin gli incontri dei giocatori si susseguono tra incomprensioni e scontri sempre più accesi, fino alla decisione combattuta, ma infine condivisa, di tentare il colpo in banca che risolverebbe i problemi di tutti: il barbiere sarebbe finalmente capace di riconquistare la moglie; l’attore potrebbe permettersi l’acquisto di un brandy pregiato; il becchino realizzerebbe il suo sogno di fuggire con Irina in Ucraina; il professore riuscirebbe almeno a pagare le spese del processo e l’indennizzo allo studente. Il colpo viene eseguito e fa ricchi i quattro amici, che festeggiano sedendosi finalmente per una partita a carte, ma mentre cala la luce per l’ultima volta le puntate al tavolo si susseguono con sempre più zeri, e nel buio scivola in sala il sospetto che quei soldi non dureranno a lungo nelle tasche dei giocatori.

 

L’onda che dal palcoscenico attraversa la platea è fatta di risate e divertimento, ma è impastata anche della consapevolezza che quelle che si rappresentano sono esistenze reali, comuni, soprattutto oggi, dove il vizio si affratella alla speranza e la bramosia non è legata al denaro, ma è la ricerca di un guizzo di vita: «Sapete cosa c’è di ancora più estremo? – urla il professore dopo la rapina in preda all’entusiasmo – Andare a puntare tutto in una sola volta: rouge ou noir!».

 

Per fare del buon teatro non serve molto. Basta un vecchio pavimento a quadri, un tavolo, quattro sedie, un frigorifero vuoto, una poltrona, una canzone. Bastano quattro attori preparati e generosi che recitano al ritmo di un metronomo con collaudata intesa. Basta una storia semplice, che racconti la fatica maledetta del vivere quotidiano.




I giocatori
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