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Lo Schiaccianoci di Nacho Duato

di Gabriella Gori
  Lo Schiaccianoci
Data di pubblicazione su web 19/01/2015  

 

La magia e l’incanto delle festività natalizie non possono mancare al Teatro alla Scala che saluta il debutto de Lo Schiaccianoci e del suo coreografo Nacho Duato, invitato per la prima volta a mostrare il suo talento di artista e autore.  

 

E il valenciano Duato non delude, anzi dà prova di essere un artista nello stile con cui confeziona il suo prodotto coreutico e un autore nel modo di affrancarsi da tutta una tradizione che fa capo al “balanchismo”. Intendendo per “balanchismo” i topoi e gli stilemi afferenti a George Balanchine e comunemente designati con il termine neoclassicismo.

 

Non a caso Nacho definisce il suo Schiaccianoci “neoclassico” ma anche “classico” in quanto se il riferimento al neoclassicismo di “Mister B” e al suo Schiaccianoci del 1954 è indubbio, il  balletto “duatiano” è anche un classico nel rispetto contenutistico e idiomatico del genere ascritto a Marius Petipa che con Ivanov creò nel 1892 Lo Schiaccianoci su musica di Čajkovskij. Un genere che Duato investe di un’ondata di essenzialità e modernità firmando una versione leggera, luminosa che si fa apprezzare anche per le licenze a carattere narrativo, coreografico e scenografico.

 

Alla sua terza prova come rifacitore di titoli del repertorio dopo Romeo e Giulietta nel 2011, La Bella Addormentata nel 2012 e ora Schiaccianoci nel 2013, tutti coreografati in qualità di direttore del Balletto del Teatro Mikhailovskij di San Pietroburgo, Nacho Duato non è un coreografo di formazione accademica. Anzi l’imprinting moderno e contemporaneo orienta il suo curriculum di danzatore e autore.

 

Un momento dello spettacolo. Foto di Marco
Brescia e Rudy Amisano.

 

Formatosi alla Rambert School di Londra, al Mudra di Béjart e all’Alvin Ailey di New York, Duato approda al professionismo nel 1980 con il  Cullberg Ballet di Mats Ek e nel 1981 entra nel Nederlands Dans Theatr di Jiří Kylián. Qui nel 1988 diventa coreografo stabile e coreografo ospite di molte compagnie europee fino alla nomina a direttore della Compañía Nacional de Danza dal 1990 al 2010. Nel 2011 spicca il volo con la direzione del Mikhailovskij e nell’agosto 2014 con quella dello Staatsballet dell’Opera di Berlino, arricchendo nel frattempo il suo palmares con premi e riconoscimenti fra cui il Benois de la Danse del 2000 per Multiplicity. Forms of Silence and Emptiness.

 

Il dancemaker, forte di un notevole bagaglio esperienziale, arriva senza timori reverenziali alla Scala e si confronta con la versione dello Schiaccianoci di Nureyev del 1969, in assoluto la più rappresentata al Piermarini dal corpo di ballo scaligero.

Duato, decisamente controcorrente, si muove nel rispetto della tradizione ideando uno Schiaccianoci  che – come lui stesso precisa – non presenta significative novità ma opera dei tagli nella partitura musicale di Čajkovskij e fa morire il Re dei Topi nel primo atto per aprire il secondo con la Danza spagnola.

 

In questo prendendo le distanze da decise riletture come quella di John Cranko del 1966, dove la protagonista è un’adolescente innamorata di un soldato, di John Neumeier del 1971 trasportata nel mondo della danse d’école, o più di recente di Jean-Christophe Maillot. La prima ambientata nel mondo del circo e la seconda rivista come specchio della vita di una compagnia.

 

In sostanza il coreografo spagnolo mantiene la struttura ma ne modernizza i contenuti con modifiche che costituiscono la cifra di questo nuovo Schiaccianoci che si ispira al racconto Der Nussknacker und der Mausekönig di Hoffmann, a cui attinse anche Petipa nella traduzione di Alexandre Dumas padre.


In primis salta agli occhi l’impostazione allocutiva e quindi metateatrale con la quale si apre il balletto e il finale a cornice con la rassicurante presenza dell’enorme albero di Natale. Duato infatti all’inizio utilizza la voce di Michele Nani per far parlare Drosselmeyer, un personaggio controverso che nel balletto “duatiano” recupera la funzione espositiva del Prologo con la narrazione dell’antefatto e la presentazione dei personaggi - in questo caso dei burattini della storica Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli - e si rivolge al pubblico a sipario chiuso.

 

Una volta espletata la funzione assegnata al Prologo, la scena si apre in un elegante salone delle feste d’inizio Novecento, per l’esattezza il fatidico 1918 che vide la fine della Prima Guerra mondiale e il primo anno della Rivoluzione d’Ottobre che cambiò gli equilibri europei e portò al diffondersi dell’ideologia comunista. Ma in questa sala arredata in stile Art Nouveau con le ariose scenografie e i raffinati costumi di Jérôme Kaplan, illuminati dal caldo riverbero delle luci di Brad Fields, la storia vera e tragica non ha parte. Tutto è come sospeso in un’atmosfera onirica e fiabesca per raccontare l’eterno passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Clara, innamorata del suo Principe Schiaccianoci.

 

Un passaggio segnato nel primo atto dalla battaglia tra il Bene e il Male che Duato   trasforma in una guerra tra il cattivo Re dei Topi a capo di ratti-aviatori, con tanto di zanne e artigli, e il Principe Schiaccianoci con il suo drappello di coraggiosi soldati, emblema del Bene vittorioso.

 

E se tutto scorre secondo copione con la consegna dei doni natalizi sotto l’albero da parte dello zio Drosselmeyer alla discola Clara e al fratello Fritz, fra cui oltre allo Schiaccianoci, Colombina, Pierrot e il Moro, è alla fine del primo atto e nel secondo che Duato coglie il destro per operare visibili “virate”, in sintonia con l’allestimento di Kaplan, e optare per oggetti simbolici reali o virtuali.

 

Un momento dello spettacolo. Foto di Marco
Brescia e Rudy Amisano.

 

Così il celeberrimo Valzer dei Fiocchi di neve diventa il Valzer delle mille luci accompagnato dal Coro di voci bianche dell’Accademia del Teatro alla Scala diretto da Bruno Casoni, un enorme ventaglio rosso sovrasta la Danza Spagnola, un lungo e strisciante serpente introduce la Danza Araba, un imponente scheletro d’ombrello delimita lo spazio della la Danza Cinese, due grossi timoni e quattro marinai danno il via alla Danza Russa. Un grandissimo plumcake ci dice che siamo nel Regno dei Dolci, mentre una rosea esplosione floreale connota il Valzer dei Fori e uno smisurato cuore rosso fuoco giganteggia sul pas de deux del secondo atto.

 

Scelte consapevoli che riducono la ridondanza dello Schiaccianoci facendolo diventare un balletto agile, leggibile, intriso di modernità e velocità.

 

Una vis che si riflette anche nel linguaggio classicamente moderno e contemporaneo e in quella morbidezza con la quale Duato plasma le scene corali nel salone delle feste, tratteggia le danze di carattere, contraddistingue il velato neoclassicismo dei Valzer e  forgia l’accademismo dei pas de deux dei protagonisti. Assecondando in pieno la musica di Čajkovskij sentitamente eseguita dall’Orchestra del Teatro alla Scala, diretta con maestria da Vladimir Fedoseyev.

 

E una menzione speciale spetta ai primi ballerini Nicoletta Mani – premio Danza&Danza e giornaledelladanza.com 2014 – e Claudio Coviello per l’interpretazione e la sicurezza tecnica mostrata nei ruoli di Clara e del Principe. Nicoletta stupisce per la leggerezza ed eleganza, non disgiunta da una consapevole presenza scenica, Claudio per il piglio deciso e il controllo nell’affrontare ardui virtuosismi, uniti a un invidiabile ballon. Accanto a loro l’intero corpo di ballo scaligero si conferma un ottimo organico e basti citare Virna Toppi, una deliziosa Colombina, il Re dei Topi Emanuele Cazzato con il suo seguito di sorci, il quartetto dei Marinai della danza russa, Angelo Greco, Mattia Semperboni, Matteo Gavazzi, Timofej Andrijashenko, il gruppo dei Solisti Valzer o i singoli interpreti delle danze di carattere. Tutti salutati dagli applausi calorosi del numeroso e partecipe pubblico.

 

                    

Lo Schiaccianoci
cast cast & credits
 


Un momento dello spettacolo. Foto di Marco
Brescia e Rudy Amisano.


 
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