E una storia di miserie reali e
morali, quella raccontata nei Sei
personaggi in cerca dautore di questa nuova produzione del fiorentino Teatro
della Pergola. Venuti da una Sicilia povera, provinciale e ferina, non immemori
della tragedia greca, i sei personaggi avanzano nella sala, mentre la voce
fuori campo del regista Gabriele Lavia
legge le celebri didascalie del testo. Sembrano sei ectoplasmi capitati nel bel
mezzo di una sofisticata commedia di Dario
Niccodemi, non a caso capocomico della celebre e tumultuosa prima rappresentazione pirandelliana del 1921. Vestiti
a lutto, interrompono la prova svogliata degli attori della compagnia, loro sì,
pallidi ed eleganti nelle stole di volpi, collane di perle e cappelli con piume
(costumi di Andrea Viotti). Ma là sul
palcoscenico tutti parlano un tono o due sopra, tutti si comportano come
fantocci nevrastenici e vacui. «Chi sono loro signori? Cosa vogliono?» chiede
il Direttore. Un personaggio può sempre domandare a un uomo chi è, non il
contrario; un personaggio è sempre qualcuno; un uomo può anche non essere
nessuno.
Il Padre (Gabriele Lavia) racconta
allora il dramma doloroso della sua orribile famigliola
senza Dio. Si agita come una mosca senza capo in un bicchiere; poi urla violento
tutta la miseria della sua carne ancora viva. E infatti là nel retrobottega di
Madama Pace -bistro agli occhi e parrucca come
in un quadro di Otto Dix (Marta Pizzigallo) - che lui riempie il
suo vuoto damore con donnine compiacenti. Fra la specchiera, il paravento, il divanetto
e il tavolino con la busta cilestrina delle cento lire, il patetico vecchio in
preda alle sue voglie incontra anche la Figliastra, che aveva lasciato da
bambina. La invita a togliersi il vestito, la prende sulle ginocchia, per lei
indossa un cappellino di piume. Lincesto è sventato dal grido (muto) della
Madre: velata di nero al modo delle prefiche, canta nenie in siciliano e piange
(Rosy Bonfiglio).
Lavia regista rilegge il
celeberrimo testo di Pirandello sul piano della mera realtà rappresentativa, rinunciando
volutamente a qualunque pretesa di verità. Immobili le anime come statue nel
marmo e le vite negate al mondo dell'arte, i
sei personaggi sono per lui prigionieri del palcoscenico al pari degli attori,
vittime delle convenzioni e dei cliché.
Come attore, Lavia disegna bene un
uomo tormentato e tormentatore che scopre la
bestia e la vuole salvare; la cui mente scompigliata si muove fra cupo livore e
rigurgiti della coscienza. Lucia Lavia
–giovanissima come il suo personaggio (finalmente!)- tiene testa con slancio atletico
e spavaldo al difficile ruolo della Figliastra. Della numerosa compagnia fanno
parte anche Andrea Macaluso, il Figlio
sdegnato e dolente e Michele Demaria,
esagitato e grottesco Direttore. Tagli di luce magenta, giallo acido e petrolio
illuminano i pochi elementi di scena a firma di Alessandro Camera, fra tuoni e marcette in sottofondo (musiche di Giordano Corapi). Due ore e mezzo di spettacolo comprensive di
intervallo. Applausi.
Lucia Lavia (La Figliastra), Gabriele Lavia (Il Padre). Foto di Tommaso Le Pera. La
tournée: 24 ottobre - 2
novembre 2014 Teatro della Pergola, Firenze (prima nazionale) 20 gennaio - 1
febbraio 2015 Teatro Carignano, Torino 3 - 15 febbraio
2015 Teatro Elfo Puccini, Milano 17 - 22 febbraio
2015 Teatro Morlacchi, Perugia 3 - 8 marzo 2015
Teatro della Corte, Genova Le repliche dello
spettacolo sono accompagnate dallesposizione dei ritratti dei protagonisti di Filippo Milani, fotografo, filmaker
e musicista.
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