Impaginato come racconto a
struttura circolare, il dramma di Peter
Shaffer pone a confronto le figure dei musicisti Antonio Salieri e Wolfgang
Amadeus Mozart. Inizia dalla vecchiaia dellitaliano, Maestro di cappella
alla corte asburgica, quando è assalito dai ricordi che prendono corpo e rivive
gli anni tormentati in cui soffrì del paragone impari con il ragazzo prodigio incontrato
nel 1781. Shaffer dichiarò movente del suo dramma il contrasto notato fra
limmaturità degli scritti di Mozart e la sua arte vertiginosa. «A colazione
probabilmente scriveva queste lettere puerili e triviali a suo cugino, alla
sera terminava un capolavoro chiacchierando con la moglie», annotava lautore
(che da giovane fu critico musicale). E da atteggiamenti anomali è connotato il
personaggio, rappresentato come squilibrato appunto da pulsioni e spontaneità
incontrollate. Ma lopera diventata un successo internazionale, anche grazie al
film di Milos Forman (1984), mostra innanzi
tutto un rapporto conflittuale fra due personalità incomparabili. Molto
ambiziosa, trascurando la verità storica attorno al presunto delitto di Salieri
ai danni del rivale (come ipotizzato nellAtto unico omonimo di Puškin del 1830), mirava a
rappresentare passioni umane profonde e universali. La critica anglosassone scorse
analogie addirittura nella coppia biblica di Saul e David.
Con la regia di Alberto Giusta, fedele al copione (pure
con labolizione di vari personaggi, la struttura non crolla), lo spettacolo si
apre nello scantinato in cui vive in miseria e infermo (su una sedia a rotelle)
il decaduto Salieri, che inizia il racconto della sua vita decisa dallincontro
con Mozart. È un Tullio Solenghi
affranto, con voce stanca e arrochita, a rivolgersi al pubblico come ultimo
confidente, per liberarsi dal sospetto pesante di avere avvelenato lartista geniale.
Ma soprattutto, per testimoniare dei sentimenti autentici che guidarono i suoi
comportamenti durante lascesa irresistibile dellantagonista.
Un momento dello spettacolo
© Maritati
Lallegorico Venticello, relatore
delle dicerie sul nuovo musicista, è il personaggio funzionale alle trame del
geloso, infido Salieri. Dallora, la carriera di Mozart vista da Salieri, si
svolge in azione diretta. Sono di suggestione emotiva i momenti in cui Antonio ascolta la prima volta le musiche di Amadeus.
Istanti di meraviglia, in cui il riconoscimento del valore musicale si mescola
allinvidia e al senso di inferiorità. Ecco delinearsi il vero dramma del
compositore Italiano, costretto a riconoscere una supremazia inarrivabile nel
presuntuoso e maleducato «giovane osceno» che, appena comparso a Corte, ha
ottenuto la commissione di unopera. Seguono passaggi in cui la musica si fa
protagonista e la metamorfosi involutiva dellascoltatore e giudice palesa le
sue miserabili, aberranti ragioni. Le occasioni sono scandite dal prodursi di
mirabili partiture, quali la Serenata per
fiati (Op. K 361), Il ratto nel
serraglio, Concerto per flauto e arpa, Le nozze di Figaro, Il flauto magico,
Messa da requiem. La reazione sfocia
nella sfida aperta contro Dio, da cui Salieri crede provengano sia il dono
della musica sia la felicità del destino personale. Ripromettendosi la rovina
di Mozart, egli ingaggia la sua battaglia pateticamente sincera, battaglia
perduta in partenza. Distruggere il giovane genio per sminuire lonnipotenza
divina in lui manifesta, è impegno oneroso ma stimolante per chi non sopporta la
mediocrità.
Linterpretazione di Solenghi presenta
due modalità despressione coerenti col personaggio. Nella prima (allinizio e
alla fine), il vecchio dalla voce franta e roca (debole a volte da non udirsi)
usa un registro artificioso, estraneo allesuberanza
naturale dellattor comico. La seconda (nella vicenda centrale) è disinvolta e smaliziata,
nelle varianti delladulazione, del sarcasmo o dellipocrisia. Nel complesso,
un valoroso inseguimento della condizione tragicomica del suo arduo ruolo. Aldo Ottobrino è un Amadeus dalle note
limpide e decise, tanto per limpeto e la levità del musicista (quando siede al
fortepiano), quanto per limbarazzante improntitudine nei comportamenti
pubblici, sconvenienti e provocatori, da persona immatura, insolente, compiaciuta
dei propri difetti. Eppure, così superiore alle convenzioni artistiche, da
imporre visioni e forme in anticipo sul suo tempo, aprire orizzonti inattesi sul
progresso storico di cui è involontario profeta. Emergono lo sconcerto e
linadeguatezza dei suoi ascoltatori eminenti, mentre risalta la comprensione
di Salieri della qualità suprema di quella musica nuova. Ottobrino offre una
sfaccettata personalità con vezzi da adolescente, incarnazione di un artista «mostruoso»,
segnato da uninfanzia infelice per colpa del padre sfruttatore venale. Sempre
un po euforico (grazie alla bottiglia che gli tiene compagnia), maldestro e
incontrollato, ostenta irriverente irresponsabilità, manifesta gusti opposti
alle mode che nelle partiture troveranno equilibrio e valori sublimi.
Nel finale, fra i protagonisti
sintensifica una relazione quasi parentale, scaturita dalla dipendenza filiale
paradossalmente vissuta da Amadeus che esprime disprezza per il genitore. Ignaro
dellinganno, ritenuto Salieri un benefattore (mentre ha tentato di sedurre
Costanze con la promessa di favori al marito) Mozart si affida allarbitro della
sua carriera. Finché a un punto significativo di scambio e proiezione di ruoli
e bisogni, i due si trovano in ginocchio, affrontati e Amadeus chiama Antonio «papà».
In una scenografia dove una lunga parete laterale dispone varchi a sfondi
praticabili daltri ambienti, agiscono poi i comprimari (in costumi settecenteschi,
dai disegni e colori netti). La Costanze di Arianna Comes è moglie fedele e tollerante (con scarti di tenera sensualità
coniugale e di sofferta reazione alle proposte del Maestro di Cappella). Davide Lorino, Imperatore insensibile
alla grandezza mozartiana, sigla laconico e soddisfatto le decisioni del suo governo
musicale. Iconograficamente convenzionali e credibili, il Barone (Roberto Alinghieri) e il Conte (Andrea Nicolini), figure di un teatrino
da guignol, in cui Venticello (Elisabetta Mazzullo) reca i suoi
pettegolezzi (e si presta al servizio di scena) con movenze da clown. Uno spettacolo
piacevole, dai ritmi raramente allentati; vivificato puntualmente dal
protagonismo (mai eccessivo) della musica, recitato da una Compagnia che sa
coltivare un fervido lavoro dassieme.
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