Conclusasi lo
scorso 5 luglio, la XXVIII edizione di «Il
cinema ritrovato» di
Bologna ha evidenziato una volta di più
la volontà del
direttore Peter Von Bagh e del presidente della Cineteca Nazionale Gianluca
Farinelli: fare della manifestazione della manifestazione unoccasione
di dialogo oltre che con gli addetti ai lavori (restauratori, studiosi,
giornalisti e studenti), anche con il grande pubblico. Per tale motivo lofferta
è stata
capace di attrarre tutte le tipologie di spettatori, puntando sul lato glamour
di alcune scelte (lomaggio a James
Dean) e, come per contrasto, proponendo pellicole inedite capaci di
riempire gli occhi e il cuore. Senza ombra di
dubbio la rassegna più interessante
è stata
quella dedicata ai film pacifisti girati intorno al 1914, inclusa nella sezione
Cento anni fa. Intorno al 1914. In concomitanza con lanniversario
dei 100 anni dallassassinio, per
mano di Gavrilo Princip, dellArciduca
Francesco Ferdinado dAustria
(28 giugno 1914), il Festival ha proposto rare pellicole pacifiste girate
proprio in quegli anni, come il danese Ned med vaabnene! (Giù
le armi,
1914), diretto da Holger-Madsen (se sceneggiatura di Carl Theodor
Dreyer) e il belga Maudite soit la guerre (Maledetta
sia la guerra, 1914) di Alfred Machin. Sempre nella medesima
rassegna sono state presentate anche pellicole successive alla metà
degli anni 10, ma aventi come
oggetto la Prima Guerra Mondiale. È
il caso degli straordinari Les croix de bois (Le
croci di legno, 1931) di Raymond
Bernard, del quale è difficile
dimenticare le realistiche sequenze di battaglia, e The Man I killed (Luomo
che ho ucciso, 1932) di Ernst Lubitsch.
Cabiria
Rimanendo nellambito
del cinema del 1914, sono da segnalare almeno altre due proiezioni: quella del
serial francese Fantômas
di Luis Feuillade (1913-1914), che ha riscontrato
grande interesse, e levento Cabiria (1914).
Il film di Giovanni Pastrone è
stato presentato - nella copia restaurata dal Museo del
Cinema di Torino - al Teatro Comunale di Bologna, con laccompagnamento
dellorchestra del teatro diretta da Timothy
Brock. Sicuramente una delle proiezioni più
affascinanti di questa edizione. Il cinema in guerra
contro Hitler ha raccolto invece una serie di opere
di diversa provenienza (Stati Uniti, Inghilterra, Francia e U.R.S.S.). Da
segnalare il curioso documentario del giornalista americano Cornelius
Vanderbilt Jr. (con il contributo di Mike Mindin), dal titolo Hitlers
reign of terror. Presentato una prima volta nel 1933,
senza essere preso in considerazione dallopinione
pubblica, Vanderbilt lo rieditò nel
1939 (versione mostrata al Festival) a mo
di rivincita personale verso chi aveva giudicato il suo
documentario poco credibile in anni in cui il Nazismo non era ancora percepito
come una minaccia.
Good Bye My Lady La Nouvelle Vague
polacca e il cinemascope ha presentato alcuni dei film più
interessanti della rassegna bolognese. La Seconda Guerra
Mondiale è al
centro dei film Pierwsky dzień
wolności
(Il tramonto degli eroi, 1964) di Aleksander Ford,
crudo resoconto dei soprusi dei soldati polacchi in Germania alla fine della
guerra, e Paseẑerka
(La passeggera, 1963), opera incompiuta di Andrzej
Munk, incentrata sul rapporto tra la prigioniera ebrea Marta e la guardia
Lisa nel campo di sterminio di Auschwitz. Completamente diverso rispetto alle
due opere precedenti è il
film di Wojciech Has, Rękopis
znaleziony w Saragossie (Il manoscritto di Saragozza,
1964). Pellicola surrealista, molto amata da Luis Bunũel,
Il manoscritto di Saragozza racconta le peripezie di un nobile nella
Spagna del Settecento e la sua struttura a scatole cinesi conduce protagonista
e spettatore in una realtà alterata
che assume sempre più le
forme di un incubo. Curata da Shiveda
Singh Dungarpur della Film Foudation, la rassegna Anni cinquanta,
letà
delloro:
classici indiani da salvare ha riscontrato
enorme successo. Il titolo più rappresentativo
è stato
sicuramente Awara (1951) di Raj Kapoor. Liberamente ispirato alla
figura del vagabondo di Chaplin, il fascino del film risiede nella
capacità del
regista coniugare linsegnamento
neorealista di Vittorio De Sica (da Sciuscià
a Miracolo a Milano) a un virtuosismo stilistico
degno di Orson Welles. La presentazione
dei film di William Wellman (William Wellman, tra muto e sonoro) è
stata seguita con interesse, in modo particolare da
studiosi e critici cinematografici. I film proposti hanno cercato di tracciare
un percorso lineare, dagli esordi fino agli anni della maturità.
Tra le pellicole presentate vanno sicuramente citati il muto Beggars of life
(1928), on the road con protagonista Luise Brooks, la Lulù
di Georg Willem Pabst (Il vaso di Pandora,
1929) e uno dei primi film sonori del regista, Other mens
woman (1931). Altro titolo degno di nota è
stato Wild boys of the road (1933), pellicola
dedicata alla Grande Depressione, vista attraverso le vicissitudini di alcuni
ragazzi. Opere della maturità possono
invece considerarsi la scoppiettante commedia Nothing sacred (Nulla
sul serio, 1937), su sceneggiatura di Ben Hecht e con protagonista Carole
Lombard, la cui sfortuna (rimase vittima di unincidente
aereo) fu pari al suo talento, e A star is born (È
nata una stella,
1937), dal quale George Cukor trasse in suo famoso remake negli
anni 50. È
forse però nel
genere western che Wellman ha raggiunto gli apici della sua carriera
artistica. I titoli presentati sono stati tre: The ox-box incident (Alba
tragica, 1943), un western degno di John Ford, Yellow Sky (Cielo
giallo, 1948) e Westward the woman (Donne verso lignoto,
1951), insolito western al femminile tratto da un soggetto di Frank
Capra. Il film scelto per concludere la rassegna è
stato invece Good-bye my Lady (Addio, Lady,
1956). Non si tratta dellultimo film del
regista - ne girerà ancora
due -, bensì quello
a cui era più affezionato.
Ambientato nellAmerica profonda,
sulle rive del Mississipi, il film di Wellman racconta lamicizia
tra un ragazzo e un cane di razza basenji (a cui darà
il nome Lady), ed è
un delicato racconto di formazione che strappa una lacrima
anche allo spettatore più composto. Certamente più
contenuto lentusiasmo che ha
contraddistinto lomaggio rivolto al
cinema di Riccardo Freda (Riccardo Freda, un maestro del cinema
popolare). La rassegna ha voluto mettere in evidenza limportanza
del regista nella storia del cinema italiano e la sua “egida”
sugli sviluppi del cinema horror italiano e dello
sceneggiato televisivo. Per quanto concerne il genere horror si possono
identificare come capostipiti film quali I vampiri (1956) e Lorribile
segreto del dottor Hichcock (1962); mentre I miserabili (1948)
- presentato al cinema in due episodi, Caccia al ladro e Tempesta su
Parigi - è il
punto di riferimento per i serial televisivi trasmessi dallemittente
RAI dallinizio del 1954.
Tra gli film di Freda presentati non si può
non citare il bellissimo Beatrice Cenci (1956).
Contraddistinto da un uso del colore eccezionale, basterebbe solo la sequenza
iniziale del film - la protagonista che corre in un bosco durante una notte
piovosa - per fare del film un classico (non a caso è
una delle opere più
amate da Bertrand Tavernier).
My darling Clementine Ma, come tutte le
manifestazioni, anche la XXVIII edizione di Il cinema ritrovato ha avuto
un vero protagonista: James Dean. Morto troppo giovane per dimostrare il
proprio potenziale, vedere Dean sul grande schermo è
stata quasi una scoperta del suo straordinario talento. Più
che in Rebel without a cause (Gioventù
bruciata,
1955) di Nicholas Ray e in The Giant (Il gigante, 1956) di
George Stevens, è nellinterpretazione
di Cal Track nel capolavoro di Elia Kazan East of Eden (La
valle dellEden,
1955) che si può davvero
apprezzare lo stile rivoluzionario dellattore. Concludiamo il nostro
exurcus passando in rassegna i film convogliati nellampia
sezione Ritrovati e restaurati. Citiamo solo alcune delle opere
proposte: Das cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del dottor
Caligari, 1920) di Robert Wiene, il bellissimo The Temptress (La
tentatrice, 1926) di Fred Niblo, con una accattivante Greta Garbo
nel ruolo della seduttrice, La paura (1954) di Roberto Rossellini e
Matrimonio allitaliana
(1964) di Vittorio De Sica. Il pubblico serale di
Piazza Maggiore è stato
invece incantato da Le jour se lève
(Alba tragica, 1939), diretto da Marcele Carné,
sceneggiato da Jacques Prévert
e interpretato dal magnetico Jean Gabin, The Merry widow (La
vedova allegra, 1920) di Eric Von Stroheim, limperfetto
ma fascinoso noir di Orson Welles, The Lady from Shangai (La
signora di Shangai, 1946), con una conturbante Rita Hayworth e Salvatore
Giuliano (1961) di Francesco Rosi, presentato per loccasione
dal regista Giuseppe Tornatore. Straordinari i restauri del capolavoro
di John Ford My darling Clementine (Sfida infernale, 1946)
- che rivive di nuovo splendore -, del musical diretto da Fred
Zinneman Oklahoma!, e quello, a cura della Cineteca di Bologna, di Per
un pugno di dollari (1964) di Sergio Leone.
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