Che cosa accomuna in Serata Petit due balletti così diversi come Le jeune homme et la mort e Pink Floyd Ballet? Senza dubbio la firma di Roland Petit, uno dei più originali coreografi del Novecento scomparso nel 2011 a ottantasette anni; di sicuro lomaggio che il Teatro alla Scala rende allartista riproponendo due suoi acclamati lavori. Il primo, un masterpiece del 1946 che sancì nove anni dopo linizio della collaborazione tra Petit e il Piermarini; il secondo, un eccentrico e visionario spettacolo che debuttò alla Scala nel 2009 e segnò lultima apparizione milanese di Petit.
Non bisogna dimenticare poi la presenza dellottimo corpo di ballo, sommata come di consueto a quella di attese étoiles, in questo caso Ivan Vasiliev, che interpreta per la prima volta alla Scala Le jeune homme et la mort e accompagna nel debutto la prima ballerina Nicoletta Manni.
Detto questo però quello che sorprende è come due balletti apparentemente così distanti anche anagraficamente - tra il primo e il secondo ci corrono ben ventisei anni - siano in realtà vicinissimi e uniti dalla indiscussa capacità di Roland Petit di saper ricreare le atmosfere di epoche che furono e sono ancora parte della nostra storia. Assistere a Serata Petit è come ritrovarsi per magia proiettati in un vissuto che coinvolge, fa scoprire alle giovani generazioni o riscoprire a quelle agé cosa siano stati e cosa abbiano significato il secondo dopoguerra e gli altrettanto importanti anni Settanta, impartendo una lezione artistico-culturale che il pubblico recepisce in pieno e a cui risponde con applausi veri e spontanei.
Le jeune homme et la mort nacque dallincontro tra il romanziere e drammaturgo Jean Cocteau, autore del libretto, e il ventiduenne Petit che realizzò la coreografia sulla Passacaglia in do minore di Bach, orchestrata da Ottorino Respighi. Un “mimodrame”, come lo definì Cocteau, che diventò un classico della danza moderna riscuotendo un immediato e meritato successo al Théātre des Champs-Élysées di Parigi anche grazie alle anguste ed oppressive scene di George Wakhévitch, agli ordinari ma al tempo stesso ricercati costumi di Karinska e alle luci soffuse e taglienti di Jean-Michel Désiré.
La trama di questo ‘atto unico è presto detta: nel disordine di una soffitta stracolma di oggetti, sedie, una tavola, panchetti, tele, disegni, un giovane pittore in salopette è abbandonato sul divano e fuma, preda di unangoscia esistenziale che non gli dà pace. Allimprovviso si alza, guarda lorologio, spegne la sigaretta, si muove febbrilmente per la stanza, aspetta qualcuno. Questo qualcuno alla fine arriva, è una Lei con indosso un abito in lycra giallo canarino e un caschetto di capelli neri ‘alla Juliette Gréco. Lui, visibilmente innamorato, la supplica di restare mentre ingaggiano in mezzo agli arredi una lotta incessante dalla quale il giovane esce sconfitto. Lei se ne va e lui si impicca penzolando da una corda appesa ad una trave. Inaspettatamente, dai tetti, arriva una elegante figura femminile in abito da sera bianco, copricapo e lunghi guanti rossi con una maschera sul volto. E la Morte che prima ha danzato con il pittore e ora si appropria della sua anima appoggiando la maschera sul viso delluomo e portandolo con sé attraverso i comignoli di una Parigi notturna e illuminata da insegne pubblicitarie.
Foto di scena: Marco Brescia & Rudy Amisano
Ivan Vasiliev, Primo Ballerino del Boloj e del Balletto Mikhailovsjkij, Principal Dancer dellAmerican Ballet Theatre e special guest della Scala, regge il confronto con nomi culto che hanno interpretato questo ruolo a cominciare da Babilé nel 1946, per proseguire con Nureyev in un film televisivo, con Baryshnikov in alcune scene ne Il sole a mezzanotte di Taylor Hackford, con Bonino, supervisore della coreografia e con lo stesso Bolle, entrando così, di diritto, nel novero dei più apprezzati e apprezzabili “jeune homme”.
Ivan riesce ad esprimere laccidia del personaggio nelle prorompenti variazioni, trasforma la tavola e la sede in occasionali e respingenti partner, mostra una gestualità teatrale ed esistenziale nel modo di atteggiarsi, di manipolare la sigaretta, di cercare dentro se stesso le sfuggenti ragioni dellesistere.
Ancora più disperato diventa quando incontra la ragazza in un duetto damore impossibile per lindifferenza e linsofferenza di Lei, una brava Nicoletta Manni nei panni della sprezzante e disinvolta Ragazza e in quelli della mortifera e altezzosa Signora. Tanto Ivan quanto Nicoletta sulla Passacaglia di Bach, volutamente scelta per sottolineare il contrasto tra la tranquillità e larmonia della musica e la sofferenza e lo strazio della vicenda, non lasciano dubbi su quello che Sartre definiva lo “scacco dellAmore”. Quellinutile tentativo di realizzare lunità tra lio e laltro in cui ognuno vuole essere per lamato loggetto assoluto, il mondo, la totalità infinita. Ma desiderando entrambi la stessa cosa, lunico risultato dellamore è un conflitto aperto, strisciante e inevitabilmente votato al fallimento in cui la Morte è lunico dato certo.
E se Le jeune homme et la mort riflette in pieno il clima esistenzialista del secondo dopoguerra e trova il suo corrispettivo narrativo ne La nausée di Sartre, lo stesso dicasi per la capacità di Petit di ricreare le atmosfere degli anni Settanta in Pink Floyd Ballet. Un “concerto danzato” frutto della sintonia tra una raffinata band rock inglese e un coreografo francese geniale e curioso. Fu Valentine, la figlia diciassettenne di Petit a far scoprire al padre il gruppo britannico e a convincerlo che per danzare non cera di meglio che le loro canzoni. Cosa che accadde nel megaspettacolo allestito al Palais des Sports di Marsiglia il 13 gennaio 1972 con i Pink Floyd che suonavano dal vivo su un palco, mentre su una piattaforma sottostante il Balletto di Marsiglia in calzamaglia bianca dava il proprio contributo. Tutti avvolti da una nube di fumogeno e fagocitati dallilluminazione psichedelica di Arthur Max, stretto collaboratore dei Pink Floyd.
Foto di scena: Marco Brescia & Rudy Amisano
Un tripudio di suoni, voci, luci, video proiezioni, coreografie, che ancora oggi mostra inalterato il suo fascino e trascina lo spettatore in un turbinio di emozioni dettate da un puro rock progressivo, da unadamantina tecnica classica, da un teatro che rivela una camaleontica disponibilità ad accogliere linguaggi espressivi diversi. Balletto concertante, Pink Floyd Ballet è una partitura coreografica astratta che fa da contrappunto a quella musicale - su base registrata - dei magnifici Roger Waters, David Gilmour, Rick Wright, Nick Manson, e alterna moduli espressivi fissi della danse décole tra pas de deux, solo variation, pas de trois, pas de six, ensemble. Un continuo fluire di figurazioni geometriche e lineari, rese però con un sapore tutto moderno, che colpisce per losmosi con la raffinatissima musica dei Pink Floyd, con il light design anni Settanta di Jean-Michel Désiré e la bravura del Corpo di Ballo.
Ecco allora dalla compilation Obscured by Clouds lomonimo brano elettronico ballato dallottimo Christian Fagetti e ripreso dallintero organico, e il metallico When youre in, un intenso duo maschile con Federico Fresi e Christian Fagetti. Da Relics è tratto lestraniante Careful with that Axe, Eugene, di cui Antonioni utilizzò una versione nel celeberrimo Zabrinskie Point, presentato al Piermarini dal sorprendente sestetto formato da Paola Giovenzana, Virna Toppi, Antonina Chapkina, Carlo Di Lanno, Massimo Garon, Fabio Saglibene.
Foto di scena: Marco Brescia & Rudy Amisano
Ma a farla da padrone sono gli album The Dark Side of the Moon e Meddle con pezzi che hanno fatto la storia del rock. Dal primo non poteva mancare laggressivo Money che apre Pink Floyd Ballet, seguito dal leggendario The Great Gig in the Sky diventato uno strepitoso duetto con Emanuela Montanari e Mick Zeni; dal secondo il carezzevole Echoes e il rutilante e ossessivo One of these day riproposto nel finale con i ballerini proiettati su uno schermo gigante e sommersi dagli applausi del pubblico che li costringe a un richiestissimo bis. Stremati, stravolti, sudati eppure felici, i danzatori generosamente non si risparmiano, danno fondo a tutte le loro ultime energie mentre la suggestiva musica dei Pink Floyd risuona e sicuramente Roland Petit, “il grande vecchio” della danza, da lassù sorride soddisfatto.
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