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Il funerale di Antigone

di Alice Pieroni
  Antigone, una storia africana
Data di pubblicazione su web 06/03/2014  

 

Sette corpi giacciono sul palcoscenico. Un uomo è seduto con un tamburo in grembo. Lo sciabordio di onde lontane riempie il silenzio. All’improvviso il ritmo delle percussioni risveglia lo spettatore dal torpore. Al suono di colpi ossessivi una luce calda, dal basso, illumina lamiere arrugginite di una bidonville imprecisata. Il girot si tinge il volto di bianco, intona un canto sincopato, il rito ha inizio.

 

L’Antigone di Massimo Luconi è il punto di arrivo di un progetto nato nel 2011. A St. Louis (Senegal) il regista ha lavorato con i giovani alla realizzazione dello spettacolo. Il pubblico è chiamato ad essere parte attiva durante la cerimonia/rappresentazione. Il gap linguistico tra platea e palcoscenico si dissolve grazie alle traduzioni proiettate sul fondale. La musicalità del francese, dal forte accento africano, rende alla perfezione le sfaccettature del testo di Anouilh. Il passaggio sfumato al wolof, la lingua del popolo senegalese, avviene senza fratture, in maniera naturale. Il ritmo rimane costante, fluisce senza che il pubblico percepisca nettamente la differenza di linguaggio.

 
 


Foto di scena di Cristina Bartolozzi

 
 

Il tamburo impartisce il ritmo agli attori. Nessuno lascia la scena, di volta in volta gli interpreti si alzano, assistendo poi in silenzio alle battute degli altri. Solamente una sedia occupa il palcoscenico. Il trono di Creonte, simbolo sbilenco di un potere inesistente, getta la sua ombra sullo sfondo infrangendosi contro la figura in carne e ossa della piccola Antigone. L’eroina tragica, che sceglie di seguire il legame del sangue e della tradizione contro un potere cieco e spietato, racchiude in se la lotta di tutte le donne e dell’Africa intera.  


 


Foto di scena di Cristina Bartolozzi

 

 

La recitazione dei giovani attori è intensa e appassionata. Contrasti ben studiati strutturano l’azione. Antigone veste pantaloni e porta i lunghi capelli sciolti sulle spalle, Ismene indossa un abito e nasconde la chioma nel chador. La figlia di Edipo è una «vera donna», Emone è ancora un ragazzo. Creonte è imponente, Antigone è piccola e fragile. Nel teatro come nella vita, ognuno ha un ruolo ben preciso. Il re è consapevole del proprio odioso compito ma non può far altro che comandare. La ragazza invece decide di opporsi, da sola si proclama regina e stabilisce le proprie leggi. Sceglie consapevolmente la morte, anche se la donna nasce per generare la vita. Dalla platea le voci del coro tentano di far riflettere Creonte. Ma possono solamente informarlo del decesso del figlio e della moglie. Ormai nulla ha più senso, non resta che aspettare la morte. Tutti gli attori si sono colorati il volto di bianco, come il girot, la cerimonia funebre è finita, non ci sono più distinzioni fra celebrante e celebrati.

 

Toccante e incisivo lo spettacolo fa raggiungere agli spettatori la catarsi anelata da Sofocle, con tutti i riferimenti alla contemporaneità inseriti da Anouilh. Mirabile l’impegno e la passione degli attori, efficaci le scelte registiche. L’insieme risulta aggraziato e affiatato. La messinscena è coinvolgente e densa di significati. Da vedere. 



Antigone, una storia africana
cast cast & credits
 



 
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