«Se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora è una canzone folk». Con questa frase che torna come un mantra a più riprese nel film, si apre A proposito di Davis, il film di Joel ed Ethan Coen ispirato al libro The Mayor of MacDougal Street, (in Italia edito da BUR Rizzoli con il titolo Manhattan Folk Story), autobiografia del musicista folk Dave Van Ronk, scritta a quattro mani con Elijah Wald. Per i Coen è loccasione di sfruttare quelle atmosfere, il sapore di unepoca e di un luogo (il Greenwich Village nella New York degli anni Sessanta) per costruirvi attorno una storia di finzione ricca di allusioni e citazioni, senza manierismo, come solo loro sanno fare.
Principale fonte dispirazione dunque è innanzitutto la musica folk di quegli anni, non solo quella di Van Ronk, ma anche di Bob Dylan, Tom Lehrer e tanti altri, indispensabile a costruire il “color locale” del film non solo per quanto concerne la suggestiva colonna sonora, ma anche per la texture della fotografia, per la quale Bruno Delbonnel (direttore della fotografia) ha esplicitamente ammesso la diretta ispirazione alla copertina dellalbum di Bob Dylan The Freewheelin. Mentre unaltra copertina, quella di Inside Dave Van Ronk (1963), è la diretta ispirazione per il titolo originale del film e lalbum del protagonista, Llewyn Davis, cui Oscar Isaac regala magistralmente la propria voce e il proprio volto, in uninterpretazione soffusa, come la fotografia del film.
Cialtrone, anaffettivo o forse troppo pigro per impegnarsi in una relazione stabile, professionalmente insofferente ai compromessi, Llewyn vaga in cerca di un posto e di un contratto discografico decente, senza arrivare da nessuna parte. Attorno a lui i personaggi del microcosmo ben descritto dal film: a partire dal proprietario del locale nel quale si esibisce abitualmente, nel cui nome risiede un chiaro omaggio al “nostro” Pappi Corsicato (interpretato da Max Casella). Ancora al loro fianco John Goodman, semplicemente perfetto nel ruolo – scritto apposta per lui – di Roland Turner, musicista e cantante jazz claudicante, drogato e scorbutico e Justin Timberlake, cui non a caso viene affidata la parte di Jim, collega di Davis, ma più versato sul coté mainstream. Nella parte di Jean, affascinante fidanzata e partner canora di Jim, ma incinta di Llewin, cè Carey Mulligan, che dopo la performance in Shame (Steve McQueen, 2011) torna a cantare, con risultati tutto sommato apprezzabili e – quel che più conta – conferma il proprio talento in uninterpretazione parca per numero di apparizioni, ma decisamente efficace. Del resto a fare grande il piccolo universo che di volta in volta i Coen scelgono di raccontare, non sono solo – e nemmeno tanto – protagonisti e comprimari, quanto piuttosto quel campionario umano di personaggi minimi che impercettibilmente costruiscono unatmosfera per addizione, sommando cammei ciascuno a modo suo indimenticabili, come il gatto, proiezione del protagonista o forse mera citazione, di nuovo, della copertina di Inside Dave Van Ronk.
Con una struttura narrativa tutto sommato esile e cronologicamente ristretta (a quanto si capisce i fatti hanno luogo nel giro di pochi giorni), poteva essere di una noia letale, invece è un capolavoro: il film dei Coen va gustato con la calma del suo ritmo, lento come quello di una canzone folk, antica e sempre nuova perché “pizzica” corde universali, senza alzare troppo la voce. È larchitettura narrativa innanzitutto il pilastro fondamentale dellottimo risultato del film, non solo per la vicenda umana cui sispira, ma anche per la struttura circolare in cui inizio e fine del flashback mediante il quale si dipana la trama sono abilmente dissimulati, cosicché anche la narrazione, come una canzone folk, «non è mai stata nuova e non invecchia mai».
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