Sacro Gra fa parte, insieme a The Unknown Known (di Errol Morris), della selezione di documentari coraggiosamente inclusi nel concorso della 70ª Mostra Internazionale dArte Cinematografica di Venezia. Nato da unidea del paesaggista-urbanista Nicolò Bassetti, a sua volta ispiratosi al saggio di Renato Nicolini Una macchina celibe, il film mostra le storie di vita che si sviluppano lungo il GRA, il Grande Raccordo Anulare di Roma: un “non-luogo” privo di identità, che funge da pretesto per lasciare spazio alle parole e ai gesti di personaggi caratterizzati, al contrario, da una forte identità e da uno stretto rapporto con il proprio passato, come evidenzia lo stesso regista, Gianfranco Rosi.
Nei pressi del raccordo, giovani donne lavorano come ragazze-immagine; languillaro Cesare pesca; il nobile piemontese Paolo conversa con la figlia Amelia, che studia sempre; il barelliere Roberto percorre il tratto dautostrada di notte, in ambulanza; Francesco cerca di salvare le sue palme dai parassiti; il principe Filippo e la moglie Xsenia affittano il loro castello per gli scatti del fotoromanzo in cui recita Gaetano; alcuni transessuali si truccano e si prostituiscono. Di ciascuno di questi profili Rosi lascia emergere il fascino naturale, attraverso una regia discreta, che coglie lo straordinario nei gesti semplici del quotidiano. Sono piccoli accorgimenti come langolazione di ripresa - dallalto e decentrata - della finestra dalla quale scorgiamo Paolo e Amelia, che mettono in risalto la poesia del reale, evitando retorica ed eccessi di lirismo. Rosi, alle spalle una solida carriera di documentarista di realtà lontane da quella Italiana (lIndia e il Messico ad esempio), stavolta sceglie di riprendere un luogo decentrato nel cuore dellItalia, ai margini della Capitale. Dopo venti giorni di ricerche sul campo condotte da Bassani e due anni di gestazione in cui Rosi ha gir(ovag)ato intorno al raccordo, nasce Sacro Gra, il cui titolo allude alla naturale sacralità che affiora dalle vite che lo abitano. Landirivieni tra una storia e laltra sembra recuperare la tecnica narrativa dellentrelacement, caratteristica del romanzo cavalleresco: una formula che oggi come allora avvince il lettore/spettatore in un buon documentario, forte dei suoi incantevoli fili narrativi e ricco dironia.
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