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Serata triste

di Roberto Fedi
  Luisa Corna
Data di pubblicazione su web 25/10/2002  
È un giovedì che potrebbe aver passato chiunque, in Italia. Si decide di stare in casa. Si accende il televisore poco dopo le otto e mezzo e, anche per fare un esperimento, si rimane su Rai Uno. Ok, su altri canali c'è forse di meglio. Ma una volta tanto decidiamo di passare una seratina su Rai Uno, anche per vedere se hanno ragione Saccà e Baldassarre quando dicono che la Rai va forte.

Per pura pietas evitiamo di parlare di Max e Tux, disgraziato fin dal titolo. Chiunque l'abbia pensato, prodotto, scritto, diretto e interpretato, in qualsiasi Tv anche di provincia, sarebbe licenziato in tronco con richiesta di danni. Ma qui siamo alla Rai, e questi due infelici infelicemente continuano fino all'ultimo secondo di registrazione. Segue, dopo qualche antologia di scenette di vecchie trasmissioni (Supervarietà: una minestrina riscaldata di roba messa lì a caso, tanto per far passare dieci minuti), un programma intitolato Sì sì è proprio lui. È un varietà, come suol dirsi, ed è condotto da Luisa Corna con la regia di Pier Francesco Pingitore. Decidiamo di dargli un'occhiata.

Si tratta - accidenti che novità - di una specie di campionato degli imitatori. Intervallati da ospiti sul palco e fra il pubblico (ovviamente sempre "grandi": stasera il menù offre Pizzul, Galeazzi, Montesano, Emilio Fede, un paio di belloni e bellone, e Giampiero Mughini - tutti sembrano la loro imitazione). Le fanciulle di contorno, regolarmente discintissime (Pingitore è una garanzia), qui si chiamano "champagnine", e basta la parola. I testi sono inesistenti, del tipo "sei bellissima" / "sei fantastica", ma si ha l'impressione che sia la cosa che conta meno, con tutte quelle donne, donnine, donnone, fra le quali - direttamente dal "Bagaglino", ad aumentare lo squallore - arriva anche Pamela Prati, imbarazzante nella sua evidente inutilità ma ovviamente scollatissima. Gli imitatori sono, ovviamente, deprimenti (ma si può fare una trasmissione su questo?), ma il pubblico inquadrato, come d'obbligo nelle trasmissioni di Pingitore, ride a crepapelle: è gente che, evidentemente, si contenta di poco, o ride per contratto.

Viene fatto di pensare che una trasmissione così, visto l'argomento, sia anch'essa una imitazione: di un varietà, di una serata di animazione in un Club Mediterranée di terza categoria, di un cabaret di qualche Tv locale con il macellaio che fa le imitazioni di Mike Bongiorno, la giornalaia che presenta, il figlio della postina che canta, due o tre ragazze pon-pon, e i parenti in sala che applaudono fino a spellarsi. Dove, fingendo una lettera di un'ammiratrice, si dicono battute come questa: "sono una ragazza molto aperta, l'ho data a tutto il paese" (risate da far venire giù il teatro). I "grandi" ospiti (o sono le loro imitazioni?) non alzano il livello generale, ma tutti ridono lo stesso. Per dirne una, ecco Montesano che imita Totò e poi se stesso. Poi Emilio Fede. Poi un po' di Bagaglino. Mamma mia. Ne esce l'immagine di una Rai di provincia, anzi di paese, anzi di strapaese - se l'espressione non fosse di per sé nobile. Meglio: di periferia degradata. Specchio di un'Italia imbarbarita e sommersa, che apprezza le patacche più che gli originali, che si nutre di pessima televisione, che è affascinata dal riflesso di "celebrità" degne di Sanremo (le imitazioni non sono che questo, la riproduzione involgarita di "celebrità" deprimenti), di modesti attori, di "ggente" da rotocalco, e a cui basta la vista in tivvù di un bel paio di cosce e di qualche decolleté esagerato per star bene una serata, mentre la moglie un po' sfatta rigoverna in cucina. A noi invece no, e non ne possiamo più. E così facciamo cessare l'esperimento. Andiamo al cinema.

Luisa Corna è una bella donna, e su questo non ci piove. È anche andata a Sanremo, ci pare. Ha partecipato alle trasmissioni dei Mondiali di calcio, sciagurate. Rilascia interviste un giorno sì e uno no, senza particolari motivi per ricordarle. Eccetto la penultima, un vero scoop, nella quale ha confessato che sono otto mesi che non fa all'amore. Una disgrazia nazionale, non c'è dubbio. Nell'ultima, ha poi drammaticamente aggiornato l'informazione, come si fa con le guerre e le carestie: sono ormai nove mesi. Il motivo è il troppo lavoro. Così, aspettando con ansia l'annunzio al mondo dell'atteso evento ("l'ho fatto ieri sera!"), ci sentiamo in dovere di elevare una richiesta, anzi una supplica, ai dirigenti Rai. Visto il dramma della poveretta, e viste le trasmissioni che fa, fatela lavorare meno. Sarà di sicuro un bene per lo spettatore, per lei, e per il partner. Non sprechiamo, per piacere, quel ben di Dio.



Sì sì è proprio lui

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