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Hitchcock docet, Soderbergh discit

di Elisa Uffreduzzi
  Effetti collaterali
Data di pubblicazione su web 18/05/2013  

Emily (Rooney Mara) ha finalmente ottenuto la vita nel lusso che ha sempre sognato, quando il marito Martin (Channing Tatum) viene arrestato con l’accusa di “insider trading”: in un attimo sprofonda in una vita modesta e nella depressione più profonda, fino a tentare il suicidio. È allora che conosce il dottor Banks (Jude Law), psichiatra, che le prescrive una terapia a base di psicofarmaci dagli inaspettati e cruenti effetti collaterali. Ed è allora che i ruoli s’invertono e scopriamo che reale protagonista della storia non è Emily, ma proprio il compíto e ambizioso dottor Banks.

Psico-thriller ben congegnato, Effetti collaterali getta trasversalmente una luce sinistra non solo sulla vicenda narrata - un omicidio – ma anche sull’abuso di farmaci, sulla professione psichiatrica e i potentati delle case farmaceutiche, troppo spesso legati più a questioni di mercato che di salute, richiamando la nostra attenzione su questioni oggi più che mai attuali.




Già collaboratore del regista per i precedenti The Informant e Contagion, lo sceneggiatore Scott Z. Burns ha ideato un soggetto simmetrico nella struttura, poiché a una prima parte del film dedicata alla protagonista femminile e che narra l’evento cardine del plot (l’omicidio), ne segue una seconda che, pur inscindibile dalla prima e ad essa “quantitativamente” equivalente, narra un’altra storia: quella di un complotto, vittima e protagonista l’affascinante dottor Banks, che in un attimo perde carriera e vita privata.

La conclusione svela poi a sorpresa un terzo filo narrativo: la relazione omosessuale in cui si palesa il cliché dell’attrazione medico-paziente. Il risultato è un film proteiforme e mutante, che ci sfugge non appena crediamo di averne afferrato il senso, sorprendendoci e rinnovando costantemente la suspense. La duplicità della storia narrata, unitamente al fatto che il film non è stato girato in  sequenza, devono aver costituito un’affascinante sfida interpretativa per gli attori ingaggiati, in particolare per Rooney Mara, che qui interpreta due facce talmente diverse di Emily, da rappresentare di fatto due personaggi distinti. Recente scoperta hollywoodiana (la sua fama è legata ai successi di David Fincher The Social Network, 2010 e Millennium - Uomini che odiano le donne 2011), l’attrice conferma qui la sua bravura, in un ruolo ben lontano dalla “maschera” di Lisbeth Salander (in Millennium). Pur in un’interpretazione molto controllata, “asciutta”  e minimalista, sul suo volto c’è spazio per tutta la gamma delle emozioni. Non lo stesso può dirsi di Catherine Zeta-Jones, francamente poco credibile nel ruolo della dottoressa bisessuale Victoria Siebert: decisamente non è una delle sue migliori performance attoriali. Forse però non è tutta colpa sua: risulta iperbolico se non posticcio aggiungere la relazione omosessuale alla narrazione a questo punto del racconto, proprio mentre interviene già il complotto medico-paziente a spiazzare lo spettatore. Svelare due nuovi ingredienti narrativi a un passo dal finale sfiora l’equilibrismo e il vile denaro sarebbe stato già un movente sufficiente.

Jude Law pecca un po' dal punto di vista dell'immedesimazione, rimanendo più fedele al proprio personaggio divistico che a quello del dottor Banks. A Channing Tatum stanno stretti i panni dell’operatore di Wall Street, letteralmente.




Quanto alla regia, Steven Soderbergh (che ha curato anche fotografia e montaggio) concorre alla coerenza di una trama che solo a posteriori, ad un’attenta analisi, rivela la propria frammentarietà. Il film si apre e chiude con due movimenti di macchina del tutto speculari, che disegnano così una cornice attorno all’intero racconto, conferendogli unitarietà. Se nell’incipit la macchina da presa lentamente stringe dal totale di uno scorcio cittadino in campo lungo (Effetti collaterali è stato girato principalmente tra New York e dintorni) alla finestra di una palazzina in dettaglio, nel finale al contrario arretra da una finestra – quella dell’ospedale psichiatrico in cui è rinchiusa Emily – fino a gettare un’occhiata complessiva sul contesto urbano in cui questa è compresa. Con altrettanta fluidità quel primo movimento di macchina introduce il flashback successivo, che riguarda la narrazione fino all’esecuzione dell’omicidio, circa a un terzo del racconto: dal dettaglio della finestra dell’appartamento inquadrata dall’esterno passiamo, con l’inquadratura a seguire, alla stessa vista dall’interno, quindi seguiamo con la consueta calma tracce di sangue sparso a terra. È l’inizio dell’analessi. In linea con la ricercata fluidità di regia, lo stesso flashback si conclude senza soluzione di continuità, semplicemente trascolorando nella narrazione che segue.

Nel complesso, Soderbergh realizza un ottimo thriller di hitchcockiana memoria (l’omicidio anticipato, i continui colpi di scena, la protagonista femminile algida e affascinante, ecc.).





Effetti collaterali
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