Lallestimento del Teatro Stabile di Bolzano – visto in tournée al Teatro Duse di Genova – volutamente e abilmente spoglio nella scenografia di Laura Benzi, appena limitativa dello spazio ammobiliato con pochi oggetti indispensabili, è ormai tipico delle mise en espace. Ma la regia di Fausto Paravidino è per la propria commedia il naturale prolungamento espressivo di un testo equilibrato e penetrante, ben strutturato e simpaticamente leggero ed essenziale. Lautore intervistato spiega: «Exit è la storia di quattro persone, A, B, C e D che sono dei non-personaggi, dei contenitori per attori. È una storia damore, naturalmente». EXIT è indicato anche come segnale duscita allinterno di una stanza che funziona da soggiorno per la coppia A e B, un uomo e una donna che cominciano la loro vicenda lungo un dialogo disagiato e scostante, segno di difficoltà reciproche evidenti. Qualcosa che non funziona è subito mostrato e confidato al pubblico, reso interlocutore silenzioso con linfrazione della quarta parete. E così ci si accorge che tutto è reso in convenzione cosciente, seppure la narrazione aspiri alla semplicità di un naturalismo contemporaneo. Losservazione del reale che il drammaturgo riscrive spesso in sottotono, quasi pudico, è ancora capace di alimentare analogie e ricordi, riconoscibili nella vita quotidiana di ciascuno. Riesce a suscitare, con unironia un po acida un po scherzosa, nessi stridenti con i sentimenti alti, se non sublimi. Un impasto, anche linguistico, di segni del normale e unico dramma del cercarsi, del riconoscersi e del disperdersi, che trova una radice nella storia minima personale e domestica e un ramo in quella con la S maiuscola, poiché le variabili dellesistenza comportano tale sdoppiamento (o scissione) impegnativo.
Nicola Pannelli e Angelica Leo in un momento dello spettacolo.
Foto di Mario D'Angelo.
Tre tempi segnano lo spettacolo, definiti in sequenza «Affari interni», «Affari esteri» e «In Europa». Il cambio dambito avviene a vista, con trapasso di luci e ingresso daccessori, in uno spazio unico che, nel terzo tempo è bipartito fra la dimora della coppia prima e quella della giovane protagonista intervenuta successivamente. Lesordio è davvero un riassunto stilizzato degli inciampi, dei malesseri, delle ipocrisie e degli scatti di due persone in crisi di relazione. Nicola Pannelli è un professore universitario scosso da ansie di rapporto (per i riflessi della politica, o per la mancanza di figli, o la progressiva disarmonia sessuale). Sara Bertelà rende con sottile tenerezza ed energia fisica i balzi dumore, gli adeguamenti, la suscettibilità e la fragilità che, nella coppia, la investono in maniera fin troppo esemplare. Di quel rapporto, i due interpreti riescono a trasmettere limiti e malintesi, complicità intime e difese di facciata con gesti e intonazioni anche minimi, circondati da significativi silenzi. Alla scelta condivisa di lasciarsi, ricalcata abilmente sugli stereotipi del caso (del resto, sempre in convenzione, fra pubblica confessione e patto di dialogo diretto) segue lavventura duplice del «rifarsi una nuova vita». La donna sattiene ai consigli di un Manuale che, negli incontri pilotati, le procura un insolito, autentico amico. Il tipo è un musicista scanzonato, un Davide Lorino di gioviale, convincente schiettezza; sensibile e corretto, introvabile reperto di normalità deducazione e sincerità. Il giovanotto non stona, accanto alla signora disponibile che un po brilla tenta di sedurlo, per ritrovare fiducia nel proprio sex-appeal smarrito. Lo stesso giovane appare ancor più positivo, ma non eroico, accanto alla studentessa che ha offerto lamore al transfuga marito. La giovane donna è interpretata da una graziosa e genuina Angelica Leo, già decisamente matura e coraggiosa per assumersi la maternità, frutto del rapporto libero e disinteressato col professore. È soprattutto nel finale che viene scoprendosi lo schema permutativo che regola gli incontri e le evoluzioni dei personaggi. Un meccanismo che ricorda quello più rigoroso e «scientifico» (o patafisico) impiegato in En passant da Raymond Queneau. Quello dosservanza oulipiana, questo più vagamente probabilistico e sensibile alla tradizione del dramma o del vaudeville, anche cucinato allamericana. La chiusa lascia sospensione negli sviluppi futuri della vita di tutti e quattro, sulla base positiva dellannuncio (forse) di una (nuova) responsabilità, per una vita che nasce. Una bella, confortante prova collettiva della compagnia che mostra mezzi espressivi sicuri ed efficaci, dialoga per unora e mezzo di divertimento con un pubblico coinvolto, generoso di applausi.
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