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Atterra ma non decolla

di Elisa Uffreduzzi
  Gli amanti passeggeri
Data di pubblicazione su web 28/03/2013  

Poco dopo il decollo dall’aereoporto di Barajas, il volo 2549 della compagnia Península è costretto ad avviare le procedure per un atterraggio d’emergenza: un carrello in avaria impedisce infatti di proseguire il viaggio per Città del Messico. Tuttavia, la mancanza di una pista d’atterraggio libera obbliga i piloti a girare in tondo per ore a cinquemila metri d’altezza da Toledo, fino all’epilogo. A bordo, oltre ai malcapitati passeggeri, i componenti dello stravagante equipaggio, disposti a tutto pur di distrarli.

Regista mai scontato, Pedro Almodóvar sembra qui aver perso tutto della freschezza degli esordi. Il suo Gli amanti passeggeri è una commedia (poco) brillante, che appiattisce gli spunti narrativi e i profili psicologici dei personaggi sulle tematiche – consuete per il regista – di sesso, omosessualità e affini, cosicché il racconto finisce per girare stancamente su se stesso, come l’aereo del volo Península 2549.

Neanche quella che fin dal trailer viene presentata come la sequenza comica per eccellenza del film riesce nel suo intento: sarà che il trailer stesso ne brucia sul tempo le potenzialità comiche nei confronti del pubblico, fatto sta che l’intento farsesco è tanto palese da sfociare in un flop.

Se è chiaro lo scopo di narrare una non-storia, nella quale le poche ore di viaggio – e i novanta minuti del film – accennino soltanto alle vite che per un breve tratto s’intrecciano su quell’aereo ed è parimenti evidente l’idea caricaturale sottesa a plot e personaggi (il regista stesso ha dichiarato di essersi ispirato alla commedia screwball americana degli anni Trenta e Quaranta), tuttavia ciò non basta a creare una distanza sufficiente tra il film di Almodovar e la commedia scollacciata più becera, cui neanche i due cammei delle star internazionali Penélope Cruz e Antonio Banderas all’inizio del film, bastano a dare lustro.

Dispiace, ci aspettavamo di più da un regista come lui capace del lirismo di Tutto su mia madre, per citare un titolo della sua filmografia nel quale le tematiche della sessualità hanno pure un ruolo preponderante, ma giocato altrimenti e ben più riuscito.

Si segnalano ciò non ostante come punti forti di un film debole la fotografia di José Luis Alcaine – notevole il lavoro sul colore, nelle tonalità pastello che ricordano il cinema americano degli anni Cinquanta – e la ricerca registica percepibile dietro certe inquadrature fortemente angolate, tese a restituire le oscillazioni dell’aereo in volo, ma anche, come dimostra la prima inquadratura del film, lo studio della composizione del quadro. In quel primo frame, infatti, l’aereo ripreso in totale occupa l’intero quadro tagliandolo perfettamente in diagonale: Almodovar, qui alla sua prima esperienza con le riprese in digitale, ha intelligentemente ripensato regia e fotografia in funzione del nuovo mezzo, cercando però, come egli stesso ha dichiarato, di ragionare in termini analogici e calcolando dunque lo scarto che la nuova tecnologia necessariamente comporta.

Il plauso infine va all’interpretazione degli ottimi professionisti che si sono prestati a questo “circo degli eccessi”, su tutti Javier Cámara, nel ruolo di Joserra, uno stuart con il vizio di dire sempre la verità.





Gli amanti passeggeri
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