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La materialità dell'anima

di Gabriella Gori
  De Anima
Data di pubblicazione su web 21/01/2013  

 

Virgilio Sieni non fa mistero della sua passione per gli autori classici che, ogni volta, diventano l’occasione per esplorare con il linguaggio del corpo i processi della mente e mettere in scena pensieri poetici e filosofici. E’ il caso del De Anima, “un lavoro che guarda all’origine delle cose” e prende spunto dall’omonimo testo di Aristotele, che scrisse un famoso trattato sull’anima.

Ora, a distanza di secoli, quest’opera significativa ispira l’omonimo lavoro di Sieni presentato in prima nazionale a giugno 2012 alla Biennale Danza di Venezia e ora riproposto a CanGo, i Cantieri Goldonetta Firenze. Un atteso debutto cittadino che arriva in concomitanza con la nomina di Sieni a nuovo direttore della Biennale per il triennio 2013-2015. Un colpo da maestro per il “geniaccio” della danza toscana che ha l’onore di essere il primo artista italiano ad ottenere questo prestigioso incarico dopo Carolyn Carlson, Karole Armitage, Frederic Flamand, Ismael Ivo, e vedersi  riconosciuto il valore della sua filosofia performativa. Un modo personalissimo di concepire la messinscena e di considerare la danza contemporanea un medium espressivo fuori dagli schemi, pensato per guardare al corpo – come dice Virgilio – “quale misura e nutrimento poetico dell’uomo”.


Un momento dello spettacolo
Un momento dello spettacolo

Principi di una poetica che hanno spinto Sieni ad affrontare con una certa dose di temerarietà il De Anima di Aristotele. Il trattato in cui “il maestro de li filosofi” dà una precisa definizione dell’anima come forma “incorporata”, cioè “calata” nella materia, e sostanza che informa e vivifica un determinato corpo. Corpo che ha “vita in potenza” ma solo l’anima gli consente di trasformarsi in “vita in atto” per esprimere le proprie capacità grazie alle diverse funzioni “vegetativa”, “sensitiva”, “intellettiva” dell’anima e alla teoria della conoscenza. Una conoscenza che per il filosofo greco parte dalla sensibilità e arriva ad individuare oltre ai cinque sensi, un senso comune che presiede alla coscienza della sensazione e percepisce le determinazioni “sensibili comuni” come il movimento, la quiete, la figura, la grandezza, il numero e l’unità.

Un ragionamento complesso e un cimento non da poco per il coreografo fiorentino che, maître à penser della danza contemporanea italiana, non teme di misurarsi con un trattato del genere cercando di rendere visivamente e fisicamente l’incorporeità dell’anima, “incorporata” nei sei interpreti del De Anima, e il suo sensibile palesarsi nella percezione dei “sensibili comuni”.


Un momento del balletto di Sieni
Un momento dello spettacolo

 

Il movimento, la quiete, il numero, la figura, la grandezza, l’unità, diventano così elementi di una ‘discorso’ cinetico in cui la danza perde i suoi peculiari caratteri per diventare espressività corporea e sottolineare aristotelicamente la stretta connessione anima-corpo in uno spettacolo atipico, arricchito dal delicato cromatismo ispirato agli affreschi del Tiepolo. Una scenografia minimalista tutta giocata sul rosa pallido e su uno spazio ovattato animato dalla impalpabile presenza di   Arlecchini tratti dall’iconografia di Picasso, dall’apparizione di acrobati, di saltimbanchi, di figure enigmatiche in nero e con i volti nascosti, che si muovono accompagnati da silenzi, da fruscii, da rumori, dalla musica di Bach fino alla scelta straniante di quella dei mitici Rolling Stones.

Nel De Anima, di cui Sieni firma regia, coreografia scene e costumi, è palese la volontà di dare corpo all’anima nei duetti, terzetti, sestetti, interpretati dai bravi Ramona Caia, Giulia Mureddu, Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Andrea Rampazzo, Davide Valrosso, e si coglie l’intenzione di rendere i “sensibili comuni” con articolate sequenze fatte di slanci, ‘voli’, accelerazioni, cadute, sobbalzi, rilassamenti. Non sfugge neppure l’intento di suggerire la presenza di corpi dotati di “vita in potenza” con il respiro grave e con quello lieve l’azione dell’anima che infonde in loro la “vita in atto” e si “incorpora” nei protagonisti. Tutti spinti dalla continua ricerca del reciproco contatto fisico per sentire l’anima che non può essere disgiunta dal corpo e a cui Sieni dà sostanza scenica anche nella legnosità di figure alla Balthus.

La pièce seniana, apprezzabile nell’arduo tentativo di rendere manifesta l’anima (in greco psyché) come “l’atto finale (enteléchia) primo di un corpo che ha vita in potenza”, rischia tuttavia la concettosità ma nulla toglie alla vis creativa dell’artista fiorentino che propone sempre lavori originali, curati nell’allestimento, nella resa interpretativa e nei costumi.

 

De Anima
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