Virgilio Sieni non fa mistero della sua passione per gli autori classici che, ogni volta, diventano loccasione per esplorare con il linguaggio del corpo i processi della mente e mettere in scena pensieri poetici e filosofici. E il caso del De Anima, “un lavoro che guarda allorigine delle cose” e prende spunto dallomonimo testo di Aristotele, che scrisse un famoso trattato sullanima.
Ora, a distanza di secoli, questopera significativa ispira lomonimo lavoro di Sieni presentato in prima nazionale a giugno 2012 alla Biennale Danza di Venezia e ora riproposto a CanGo, i Cantieri Goldonetta Firenze. Un atteso debutto cittadino che arriva in concomitanza con la nomina di Sieni a nuovo direttore della Biennale per il triennio 2013-2015. Un colpo da maestro per il “geniaccio” della danza toscana che ha lonore di essere il primo artista italiano ad ottenere questo prestigioso incarico dopo Carolyn Carlson, Karole Armitage, Frederic Flamand, Ismael Ivo, e vedersi riconosciuto il valore della sua filosofia performativa. Un modo personalissimo di concepire la messinscena e di considerare la danza contemporanea un medium espressivo fuori dagli schemi, pensato per guardare al corpo – come dice Virgilio – “quale misura e nutrimento poetico delluomo”.
Un momento dello spettacolo
Principi di una poetica che hanno spinto Sieni ad affrontare con una certa dose di temerarietà il De Anima di Aristotele. Il trattato in cui “il maestro de li filosofi” dà una precisa definizione dellanima come forma “incorporata”, cioè “calata” nella materia, e sostanza che informa e vivifica un determinato corpo. Corpo che ha “vita in potenza” ma solo lanima gli consente di trasformarsi in “vita in atto” per esprimere le proprie capacità grazie alle diverse funzioni “vegetativa”, “sensitiva”, “intellettiva” dellanima e alla teoria della conoscenza. Una conoscenza che per il filosofo greco parte dalla sensibilità e arriva ad individuare oltre ai cinque sensi, un senso comune che presiede alla coscienza della sensazione e percepisce le determinazioni “sensibili comuni” come il movimento, la quiete, la figura, la grandezza, il numero e lunità.
Un ragionamento complesso e un cimento non da poco per il coreografo fiorentino che, maître à penser della danza contemporanea italiana, non teme di misurarsi con un trattato del genere cercando di rendere visivamente e fisicamente lincorporeità dellanima, “incorporata” nei sei interpreti del De Anima, e il suo sensibile palesarsi nella percezione dei “sensibili comuni”.
Un momento dello spettacolo
Il movimento, la quiete, il numero, la figura, la grandezza, lunità, diventano così elementi di una ‘discorso cinetico in cui la danza perde i suoi peculiari caratteri per diventare espressività corporea e sottolineare aristotelicamente la stretta connessione anima-corpo in uno spettacolo atipico, arricchito dal delicato cromatismo ispirato agli affreschi del Tiepolo. Una scenografia minimalista tutta giocata sul rosa pallido e su uno spazio ovattato animato dalla impalpabile presenza di Arlecchini tratti dalliconografia di Picasso, dallapparizione di acrobati, di saltimbanchi, di figure enigmatiche in nero e con i volti nascosti, che si muovono accompagnati da silenzi, da fruscii, da rumori, dalla musica di Bach fino alla scelta straniante di quella dei mitici Rolling Stones.
Nel De Anima, di cui Sieni firma regia, coreografia scene e costumi, è palese la volontà di dare corpo allanima nei duetti, terzetti, sestetti, interpretati dai bravi Ramona Caia, Giulia Mureddu, Jari Boldrini, Nicola Cisternino, Andrea Rampazzo, Davide Valrosso, e si coglie lintenzione di rendere i “sensibili comuni” con articolate sequenze fatte di slanci, ‘voli, accelerazioni, cadute, sobbalzi, rilassamenti. Non sfugge neppure lintento di suggerire la presenza di corpi dotati di “vita in potenza” con il respiro grave e con quello lieve lazione dellanima che infonde in loro la “vita in atto” e si “incorpora” nei protagonisti. Tutti spinti dalla continua ricerca del reciproco contatto fisico per sentire lanima che non può essere disgiunta dal corpo e a cui Sieni dà sostanza scenica anche nella legnosità di figure alla Balthus.
La pièce seniana, apprezzabile nellarduo tentativo di rendere manifesta lanima (in greco psyché) come “latto finale (enteléchia) primo di un corpo che ha vita in potenza”, rischia tuttavia la concettosità ma nulla toglie alla vis creativa dellartista fiorentino che propone sempre lavori originali, curati nellallestimento, nella resa interpretativa e nei costumi.
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