Menzogna occulta e verità indagata, nel ménage matrimoniale, costituiscono i temi della commedia di Eric-Emmanuel Schmitt, nel presupposto che amare voglia dire preferire, non conoscere. «Pretendere di conoscere laltro e la coppia – precisa lautore – porta a uccidere lamore». Tornano a casa due coniugi, dopo che il marito è stato dimesso dallospedale dovera ricoverato per un incidente, una caduta dalla scala interna della propria abitazione. Il trauma ha indotto unamnesia per la quale la vittima ha perso coscienza e della propria identità e del rapporto con la moglie. Questa appare ben disponibile ad assisterlo e a riadattarlo alla realtà, mediante rievocazioni del passato comune, ricche di sottolineature sul carattere e sul comportamento di lui.
Così la donna gli rammenta le sue affermazioni e sentenze, tipiche del suo rassicurante regime maschile di regole e valori. Anche il lato sessuale del rapporto riaffiora nei reiterati tentativi delluomo allapproccio, cui corrisponde levasiva risposta di lei, un po strana e immotivata nella rappresentazione rattenuta del desiderio e dellistinto di entrambi. È più conseguente lo schema dialogico, spesso duello verbale anche crudele, ma che lascia distanti – quasi non fisicamente coinvolti – i corpi degli ex amanti. Loscillazione fra verità cruda e spoglia e allusioni a scoppio ritardato segna i primi corti e rapidi quadri della pièce. La struttura verbale prevede suspense, da giallo psicologico, pronta a caricarsi in crescendo. Del resto lui, alter ego dellautore perché si chiama Eric-Emmanuel (Gilles, nel testo) è narratore di polizieschi e adora gli intrighi. In realtà, si scopre abbastanza presto e facilmente lintento allarmante e i mezzi per raggiungerlo: si tratta di un dramma degli equivoci, o duna commedia amara e grinçante, alla Anouilh.
Un momento dello spettacolo: Paolo Valerio ed Elena Giusti
A un certo punto, il testo-chiave appare proprio quello che dà il titolo alla commedia: Piccoli crimini coniugali è il volume proposto dallautore in lettura pedagogica alla moglie. Si susseguono aforismi e riflessioni sui paradossi della vita matrimoniale, connotati da pessimismo ostentato, se lo statuto di coppia si ritrova nella definizione di «associazione di assassini». Così, lelemento più misterioso connesso allamnesia e alla ricostruzione dei ruoli, si disperde lungo lavanzare del gioco perverso (ma scoperto) della finzione. Così, il recupero di episodi della storia passata (il primo incontro a una festa e il viaggio di nozze) è intercalato da rilievi ed ammissioni corrispondenti a una consuetudine conflittuale reciproca. Quando lui indaga sulle circostanze dellincidente, lei confessa dessere stata aggredita e di averlo colpito alla testa per difesa. Dallora, sono più i colpi di parole che i colpi di scena, in quanto al prevedibile dipanarsi dei «piccoli crimini», spontanei e superficiali, seguono le conseguenze più esiziali, poiché interiorizzate.
Man mano, si confermano altri disagi sopiti. Quello che di insolito, se non di originale, sembra soggiungere il drammaturgo, è la necessità di concentrarsi sullamore, che malgrado le apparenze, sarebbe segreto alimento e guida della vicenda sentimentale. Vicenda esemplare, poiché appunto nella dialettica amorosa (lautore ne ha dimestichezza, avendo adattato Les liaisons dangereuses per la televisione) risiedono i presupposti per una lotta uomo-donna che il Novecento ha sfruttato fino allesaurimento. Verso il finale non si precipita, ma si va degradando in variazioni, fra rimpianti e sensazioni da recuperare e/o rinvigorire; fra annunci di partenze (lei si cambia dabito per uscire a cena e prepara le valigie per fuggire) e ritorni e soste, per ulteriori verifiche dellimmancabile ambivalenza dellinganno. Perfino una dichiarazione scritta, esposta dalluomo su un cartellone, recita «Ti amo allora muoio» e insiste sulle opposizioni insanabili della più seducente avventura umana. I peccati veniali della coppia possono persistere a oltranza, diventare macroscopiche concause del suo auto-disgregarsi.
Lo spazio scenico è un soggiorno pregiato, coperto di cornici prive del dipinto alle pareti, frutto del dilettantismo pittorico casalingo dellartista. Gli attori rendono i personaggi dellabile artificio componendoli in caratteri equilibrati e un po scontati, quasi eludendo la componente emotiva. Gli esegeti francesi, infatti, collocavano lautore nella zona della «Permanence de la composition dramatique» (Michel Azama, Anthologie des auteurs dramatiques de langue française 1950-2000, Paris, 2003), in ragione soprattutto delle prime prove del Visitatore e di Variazioni enigmatiche. Paolo Valerio è il redivivo antieroe, poco zelante nella riabilitazione. Nellimpasse e negli inciampi delloblio, senza particolari soprassalti drammatici, recupera un ruolo nella condivisione dun compromesso, fino a confessare di non avere mai dimenticato, con monotonia e rassegnazione, compresi i poco impulsivi assalti del desiderio maschile appena dichiarato.
Elena Giusti offre alla moglie un ritratto convincente per fragilità interiore e irresolutezza e profondità di scelte, con una voce che non sempre sadegua alle discontinuità del suo personaggio tormentato e incostante. Sarà anche colpa delluso del microfono, strumento disinvoltamente adottato per la più comoda emissione, che nello spazio così intimo e acusticamente funzionale del Teatro Duse di Genova, altera i rapporti espressivi (di intensità e intimità) fra gli interpreti e fra loro e lo spettatore. Alessandro Maggi assicura una direzione cauta e persino timida della recitazione, fidando forse troppo nella dinamica intrinseca al testo e nella sua virtù di provocazione paradossale, risolvibile per naturale allentamento dei contrasti. La musica è pianoforte, sax e tromba che, con le luci, cadenza e separa le sequenze, brevi e frequenti, al ritmo soft jazz, lungo latto unico della durata esatta di unora.
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