drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

La Tempesta prima della quiete

di Gianluca Stefani
  Amleto(2) - Il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche
Data di pubblicazione su web 18/01/2013  
                        

Mai visto un Amleto così. Ogni rievocazione del grande Bardo e delle sue tragedie, ogni riferimento atto a scomodare Carmelo Bene o Leo De Berardinis, per non dire l’Ambleto di Giovanni Testori, suona pedantesco di fronte a quest’ultima fatica di Filippo Timi, prim’attore, autore e regista (con Stefania De Santis) dell’ennesimo lavoro intitolato al principe di Danimarca. Intitolato soltanto, sia chiaro: perché il titolo è subito surclassato dall’ingombrante sottotitolo, Il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche, quasi un pentimento, un tentativo di rettificare la scelta di mettere in scena l’abusatissimo capolavoro scespiriano. Del resto, per Timi, Amleto è solo un pretesto per parlar d’altro, o per non parlare di nulla: un puro divertissement, dove il grottesco profuso è orgogliosamente disimpegnato (in apparenza, s’intende).

 

In scena, Timi è un Amleto annoiato, che non ha più voglia di interpretare la solita solfa familiare, non ha più voglia di amare Ofelia-Elena Lietti (ai cui baci preferisce quelli dell’aitante paggio Luca Pignagnoli), non ha più voglia di niente. Invano voci fuori campo lo richiamano al suo destino. Quasi un leone in gabbia (lo spettacolo è inquadrato da alte sbarre metalliche), con guanto rosso glitterato e abito nero muliebre (strizzata d’occhio all’universo queer), il principe un po’ bimbo viziato un po’ puttaniere si aggira scodinzolante su un palcoscenico da circo, dispensando carezze e freddure ad astanti e pubblico, in mezzo a ondeggianti palloncini antracite simbolo di una festa luttuosa. Intorno a lui, personaggi direttamente scaturiti dalla sua mente folle. Una Ofelia che più molesta non si può, con quell’aria da amante sognatrice vittima del suo tragico destino, che non smette di recitare la propria parte anche di fronte alla cinica riluttanza dell’amato. Lo zio Claudio, un fantoccio costretto a esaudire le bizzarre richieste di imitazione (Banfi, Boldi, un tossico…) da parte di un Timi uscito di ruolo. La madre-meretrice in spericolata posizione acrobatica sul trono, intenta a sfiammare i propri orifizi consumati dai ripetuti rapporti sessuali. Infine, il fantasma del padre che irrompe in scena ululando per il palco con un telo bianco in testa e le sembianze, nientemeno, di Marilyn Monroe.


Una scena di Amleto(2) di scena al teatro della Pergola
(Copyright Achille Lepera)
 

Timi si diverte a demolire il castello scespiriano, dissacrando tutto e tutti: dall’apprendimento della morte del padre («Mi hanno ammazzato il babbo!» piagnucola il principe riecheggiando il Pinocchio di Comencini) al rapporto odioamoroso con Ofelia, culminante nel parossistico desiderio di sodomizzarla («L’ho chiesto così, per ravvivare il rapporto…»). Perfino il momento tragico della morte della stessa Ofelia è sdrammatizzato, con Amleto che improvvisamente cade morto salvo poi rialzarsi bellamente: «Sono solo inciampato!».

 

Timi giganteggia sul palcoscenico, portando in scena, più che Amleto, sé stesso: improvvisa, scherza con gli altri attori (che un po’ gli danno retta, un po’ fanno di testa propria), gioca con la propria dichiarata bisessualità e con la nota balbuzie (che gli impedirà perfino di scandire il celeberrimo essere-non-essere), ammicca in continuazione al pubblico in sala (che lo ripaga con applausi sinceri). C’è Shakespeare, qui sì, nella riflessione sullo sdoppiamento tra l’attore e il personaggio, che è anche quella tra l’essere e il non essere, tra l’essere e l’apparire. In questo senso si spiegano sia il monologo isolato dell’attrice infelice (l’impagabile Lucia Mascino, esilarante anche nei panni di Gertrude), sia le comparsate di una sedicente Marilyn (una sorprendente Marina Rocco) in testa e in coda allo spettacolo, che appare così come la conosciamo dai media: dumb blonde con la voce squittente di Rosetta Calavetta, che sotto i riflettori soffia baci a stampo mentre nel privato è fragile fragile.  

 

Marina Rocco alias Marilyn Monroe
(Copyright Marina Rocco)
 

L’icona di Marilyn si fa, warholianamente, manifesto dello spettacolo: opera pop che mescola alto e basso, citazioni colte e riferimenti al mondo della pubblicità o al basso mediatico (il pappagallo di Portobello, Dirty Dancing, la scena sulla prua del Titanic), raffinati colpi di fioretto e risate sotto la cintura nella migliore tradizione della commedia: penso alla composizione caravaggesca della scenografia mutata in una discoteca, con tanto di sfera a vetri anni Settanta calata dall’alto e luci psichedeliche; al passaggio da Battisti ai jingles pubblicitari al mozartiano duetto di Papageno e Papagena del Flauto magico (pure riusato in pubblicità: quindi riciclato al cubo); al piangere per Ofelia e poi ascoltare divertiti le barzellette che su di lei racconta Amleto, neanche Timi fosse un Caimano qualsiasi.                               

 

La pop art diventa forma espressiva della follia, follia carnevalesca. In questo senso, lo spettacolo si pone come una sorta di rivoluzione, quasi innescata dal sottotitolo-detonatore, la leggendaria frase che valse la ghigliottina a Maria Antonietta. Ma – sembra dirci Timi – questa, a differenza di quella evocata, è soltanto una rivoluzione momentanea: un carnevale, appunto, una parentesi di rottura in attesa che l’ordine sia ristabilito. Dopo l’oretta e mezza di spettacolo, il pubblico se ne torna a casa, pronto ad abboccare alla prossima promessa di brioche.

 

                                                                                               
Amleto(2)
cast cast & credits
 
                 

Filippo Timi in Amleto(2)
(Copyright Achille Lepera)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Amleto(2) di scena al Teatro della Pergola di Firenze
(Copyright Macilic)
 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013