Tranche de vie o tranche de mort, che è lo stesso
di Elisa Uffreduzzi
Data di pubblicazione su web 15/11/2012
«Vorrei non morire mai», confida Chayo (Margarita Saldaña) alla madre in una delle ultime conversazioni che hanno. Di ritorno al paese natale Xochimilco proprio per assistere l'anziana donna nei suoi ultimi giorni di vita, Chayo si trova a dover affrontare il dolore della perdita irreversibile. Ecco allora che con uno slittamento di senso quelle parole assumono il significato di una preghiera a Dio implicitamente riferita alla madre più che a se stessa. Intriso di uno spiritualismo ancestrale, che si mescola con la forte religiosità cristiana di entrambe le donne, il film è una breve tranche de vie – o meglio tranche de mort – che si svolge con lentezza rituale, la stessa dei gesti senza tempo che scandiscono tutt'oggi la vita a Xochimilco. Il regista Enrique Rivero infatti, in questo locus amoenus, individua le caratteristiche di quella che doveva essere la Città del Messico pre-colombiana. Rivero ha dichiarato di aver tratto ispirazione per il plot dalle vicende di vita a lui confidate da una donna singolare – Chayo – da lui incontrata durante le riprese del precedente Parque Vía, il suo lungometraggio di debutto.
Dialoghi ridotti ai minimi termini, uno stile di regia che aderisce al reale rinunciando a ogni orpello e ricorrendo al formato di ripresa in HD (che gli conferisce una fotografia molto nitida già in sede di realizzazione) il film di Rivero consta di una bellezza “naturale”, che risiede cioè nella Natura in primo luogo. Non soltanto perché sia Chayo che la madre, attraverso le loro doti di veggenti – che si tramandano di generazione in generazione, perdendosi nell'origine di un più diretto rapporto primordiale tra Uomo e Natura – sono in particolare sintonia con quest'ultima, ma anche perché il paesaggio è il vero protagonista del film, sin dalle prime inquadrature, sull'acqua del fiume che riporta Chayo dalla città alla dimora natale. Vedi i numerosi quadri in cui la barca esce dal quadro lasciandoci ad osservare l'acqua, o ancora la vegetazione mossa dal vento, fuori fuoco eppure “viva”, dietro il volto in primissimo piano di Chayo, che funziona da quinta.
A Xochimilco l'aspettano ruoli altrettanto naturali – quello di madre e moglie – cui però si troverà costretta a rinunciare, sacrificando i propri desideri a una sintonia più grande: il rapporto viscerale (il suo cordone ombelicale è stato seppellito per strada) che la lega alla Natura con la maiuscola, al Creato. La partenza di Chayo, che nel finale torna in città, è il paradossale sintomo del suo ridarsi al Creato, rinnegando se stessa. E quel Mai morire che torna nel titolo, si dà nella misura in cui si accetta la morte come parte del più ampio disegno di una vita universale.
Mai morire
Cast & credits
Titolo
Mai morire |
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Origine
Italia |
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Anno
2012 |
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Durata
84 min. |
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Evento
Festival Internazionale del Film di Roma 2012 |
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Colore | |
Soggetto
Enrique Rivero |
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Regia
Enrique Rivero |
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Interpreti
Margarita Saldaña Amalia Salas Juan Chirinos |
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Produttori
Alejandro Blazquez de Nicolas, Mafer Galindo Chico, Paola Herrera, Gerardo Moran, Enrique Rivero |
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Produzione
Una Comunión, Zamora Films, Celuloide Films |
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Scenografia
Christopher Lagunes |
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Sceneggiatura
Enrique Rivero |
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Fotografia
Gerardo Barroso, Arnau Valls Colomer |
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Musiche
Alejandro de Icaza |