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Donne e motori

di Roberto Fedi
  Sergio Castellitto e Cristina Moglia
Data di pubblicazione su web 17/01/2003  
Sarà perché le macchine anni Trenta sono bellissime, sarà perché la musica è accurata e ben scelta - e anche bella - , sarà perché Sergio Castellitto è bravo e lo preferiamo così, un po' solitario e un po' gaglioffo, piuttosto che nel saio di padre Pio, sarà perché la fotografia è suggestiva e degna di un film americano (e americani, un po' Midwest, sono anche i panorami padani usati qui); sarà perché i 'quadri' scenici sono ben scelti e non di rado bellissimi, fra un tramonto mozzafiato e il mare, la campagna e le strade dove sfrecciano i bolidi rossi d'antan, e sarà perché i costumi e gli interni sono di livello eccellente e gli attori bravi quasi come in una fiction Usa; insomma, sarà perché la qualità in questi film Tv italiani è così rara e quindi non credevamo ai nostri occhi, ma Ferrari è un testo cinematografico non male.

Sergio Castellitto-Enzo Ferrari
Naturalmente non esageriamo. Il film in due lunghe puntate di Carlo Carlei ripercorre, con una serie di flashbacks troppo facili e didascalici (mai sarà abbastanza maledetto chi li ha inventati), la vita e le opere di Enzo Ferrari, il "personaggio" (come dice la pubblicità di Canale5: anche loro non conoscono la differenza fra il 'personaggio' e la 'persona', proprio in senso semantico) simbolo dell'automobilismo italiano. Così giustamente famoso che, si ricorderà, oltre alla laurea honoris causa in Ingegneria, a dir poco strameritata, qualcuno a suo tempo lo propose anche alla carica di Senatore a vita, senza successo. Al suo posto avemmo, tanto per fare un nome, Giulio Andreotti, che forse - tiriamo a indovinare - non ha neanche la patente. Così va il mondo.

La struttura del film è banale. Si immagina che un giorno, nell'ufficio di Ferrari ormai vecchio, si presenti un giornalista. Misterioso, naturalmente: che non sappiamo bene chi sia, e che forse (la prima puntata lascia le cose in sospeso) è solo frutto della sua immaginazione, forse la sua coscienza, o forse no (si accettano scommesse). Che lentamente gli fa ripercorrere i fatti della sua vita, dalle prime corse viste da bambino, alle sfide col fratello in carretto (ah, il ricordo di Quarto potere e di Rosebud!), alle corse sulle stradine sterrate della Romagna, fino al 'sogno' che prende vita come una sfida, anch'esso, nella generale perplessità ma seguendo la volontà di ferro di un uomo qualche volta troppo fiducioso, qualche altra un po' allucinato, capace di vedere solo macchine rosse e cavallini sfreccianti sugli anelli d'asfalto.

Usiamo un tono per noi inconsueto (un po' retorico, insomma), per dare l'idea della tonalità in cui qualche volta è scritto il film, con qualche esaltazione da giornale sportivo di periferia (il 'sogno', la 'leggenda', e via così). E la sceneggiatura, senza approfittarsene ma comunque senza neanche ritrarsi, ci va qualche volta un po' pesante e soprattutto quando dalla macchina meravigliosa scende l'uomo. Qui, francamente, il motore s'inceppa.

Il film infatti punta tutto sulle vicende, sportive ma sempre di più personali, dell'uomo Ferrari. Con toni - ci dispiace dirlo: è un film niente male, ripetiamo - da soap opera tipo Incantesimo: le donne, la moglie trascurata e i loro dialoghi ("voglio mio marito!", esclama Laura quando capisce che Enzo l'abbandona, un po' per le macchine e molto per la sua ragazza, la madre del suo secondo figlio), le scenette dell'innamorato che per un mese porta fiori alla ragazza che non può diventare sua moglie, e mercanzia varia. Il che non significa che il film modifichi la realtà, probabilmente: solo che non sono queste soluzioni a 'fare' il personaggio, a renderlo umano e a tutto tondo (visto che è a questo soprattutto che il film aspira), a farlo venir fuori come un ritratto in piedi.

L'accuratezza delle quali scene è assoluta, e quasi eccessiva. La ricostruzione degli ambienti è perfetta; gli interni, l'abbiamo detto, sono spesso meravigliosi. Anche troppo: mai si è visto un ospedale militare, nella scena della morte del fratello durante la Grande Guerra, così pulito, lindo, perfetto; mai si sono visti moribondi per ferite di guerra con la barba fatta e pettinati; mai si sono visti vestiti (anche dei meccanici) così eleganti e da sartoria. Il tutto dà un'impressione, se ci è concesso dirlo, di eleganza esagerata, come se si volesse confezionare un prodotto 'alto', raffinato, lucido e senza un granello di polvere, per non dispiacere a nessuno: né alla famiglia, né agli appassionati (le macchine, lo ripetiamo, sono così belle da lasciare senza fiato), né al pubblico 'medio' internazionale che è ormai abituato a vedere, negli uomini famosi, solo le storie private, e non ha nessun interesse, anzi si annoia, se quegli uomini sono inseriti nel loro tempo.

Così il Castellitto-Ferrari si muove, bene, in un ambiente asettico, straordinariamente ben fotografato e dai colori soft, che potrebbe essere in Italia, in Francia, nel Connecticut o nelle campagne inglesi. E non basta il ricorso, per altro moderato, all'accento romagnolo per ambientarlo storicamente, né le pettinature delle signore, né le macchine, che da vere protagoniste qualche volta sembrano lì solo per giustificare il film.

Castellitto è bravo, e naturalmente è sempre in scena (anche questo è un limite: neanche Ulisse nell'Odissea può permettersi di non abbandonare mai il palcoscenico del racconto). Ha il merito, non piccolo, di non aver creato un santino, ma di aver cercato un difficile equilibrio, con una recitazione un po' tormentata e senza cadere nella volgarità da mattatore, per non far apparire Ferrari troppo simpatico. Sicuramente non lo era. Anche per questo ci dispiace che non l'abbiano fatto Senatore.


Ferrari

cast cast & credits
 

sergio castellitto




castellito-enzo ferrari con la nipotina


Sergio Castellitto
(Enzo Ferrari)















Ferrari F2003-GA

L'ultimo modello della scuderia
Ferrari la F2003 - GA
[foto da www.ferrari.com]



 
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