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Cose sbagliate

di Roberto Fedi
  I. Pivetti
Data di pubblicazione su web 14/10/2002  
Si dice che Bill Clinton, una volta terminato il suo periodo di presidenza, abbia iniziato a fare conferenze, lautamente pagate com'è giusto. Più modestamente Irene Pivetti, già presidente della Camera per la Lega, da quando è declinata la sua stella conduce su La7 una trasmissione di quelle dedicate alla 'gggente' e ai suoi problemi: Fa' la cosa giusta. Lei, chissà se l'ha fatta.

Uno la guarda e rimane, subito, un po' sconcertato per il look della signora: capelli cortissimi a spazzola e un po' grigi sulle tempie, e - almeno nella trasmissione che stiamo vedendo (11 ottobre) - abbigliamento quasi sadomaso. Il sorriso però è sempre quello: agghiacciante. La trasmissione, che ha l'inevitabile presenza della 'gggente' in studio, si differenzia dalle altre consimili per il fatto che ospita persone che parlano, bene o male, di sé e dei propri problemi, con il pubblico che interviene, e il presentatore o presentatrice che media, introduce, fa domande eccetera. Qualcuno dirà che non c'è proprio niente di diverso rispetto ad altre venti trasmissionacce simili: infatti non c'è. Ma qui c'è una ex presidente della Camera. E questa è l'unica differenza (a quando Pier Ferdinando Casini che prende il posto di Cucuzza?).

Gli ospiti, che rappresentano ovviamente la 'gggente', qui vengono per parlare di questioni che implicano una scelta di vita, più o meno. Accidenti che novità. Per esempio ecco un ragazzotto di Afragola che viene lì a dire che, avendo vinto una borsa di studio universitaria per andare in Inghilterra, si sta chiedendo se fa o no la cosa giusta. Il tutto condito da qualche inevitabile scorcio di sociologismo da dopocena (la disoccupazione del mezzogiorno, la nostalgia, il desiderio di realizzarsi e altre banalità). Inevitabile il richiamo-piagnisteo al destino dei 'ragazzi del sud' di doversi cercare il lavoro fuori casa (nota bene: il poveretto ha avuto una borsa di studio, non un biglietto per lavorare in miniera in Belgio). Può mancare una mamma? non manca. Intervengono persone che aggiungono alle banalità altre banalità, mentre la Pivetti sorride (agghiacciante) e introduce altri ospiti e soprattutto altre 'storie'.

Ora, uno si domanda per qualche misteriosa ragione che non sia l'esibizionismo un giovanotto dotato apparentemente di capacità di intendere e di volere vada in Tv a farsi dire da sconosciuti, da nessuno dei quali nessuno si farebbe consigliare neanche un ristorante, cose importanti sul suo destino professionale. Sorridendo (agghiacciante) la Pivetti introduce come ospite un tale che ha avuto una storia di quelle da raccontare in Tv: è stato per quasi un anno all'estero per fare un master. Accidenti che storia. Rara, soprattutto. La Pivetti (agghiacciante) chiede cose del tipo: ma come ti tenevi in contatto con la tua fidanzata? Pensoso e compreso di sé, il tale risponde fra l'interesse generale che lo faceva soprattutto per telefono. Càspita. Oppure: quando sei tornato a casa ti trattavano un po' come un americano? (il tale era stato a San Diego). Lo spettatore rimane sbalordito.

La Pivetti (agghiacciante) si fa dare del tu dai ragazzotti, e dal pubblico. Democratica. A sua volta dà del tu, perché qui siamo fra amici e soprattutto si parla e si danno consigli come farebbe un parente, la migliore amica, o una sconosciuta incontrata in treno. La trasmissione è così una di quelle che surrogano, in Tv, le assenze: della madre, della nonna, della zia, della sorella maggiore, della fidanzata, della migliore amica, e anche (purtroppo: spesso erano i consigli migliori) della sconosciuta incontrata nello scompartimento tra Roma e Firenze.

All'inizio, la Pivetti (cfr. sopra) avverte che lei ospita solo storie vere, dunque chi telefona per proporre fantasie sconsiderate e stravaganti risparmi pure il tempo e i soldi. È un peccato. Le storie più belle, lo sanno tutti, anche negli scompartimenti dei treni erano quelle visibilmente inventate, improbabili, strepitosamente cervellotiche. Qui invece sono vere, o sembrano tali: quindi sono, ahimè, stupide.
E quindi: di fronte all'ex presidente della Camera - pardon: a Irene - un esibizionista di Afragola finge di non sapere se vuole andare o no in Inghilterra a studiare? La reazione più naturale sarebbe: e chi se ne frega. Non per noi. Consapevoli della portata del dissidio interiore, invitiamo perciò il MIUR (il Ministero dell'Università) a dargli una mano e a sollevarlo dalla drammatica incertezza. Gli tolga seduta stante la borsa di studio.



Fa' la cosa giusta

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