Il giardino a terrazza sul mare accoglie i clienti dellHotel Metropole che giocano a carte e fanno conversazione. Largomento piccante del pomeriggio riguarda la coppia Di Spelta: la moglie Marta, giovane e avvenente, accorda confidenza (troppa) al suo spasimante Marino DAlbino, fotografo; il marito Calogero ostenta indifferenza e superiorità, di fronte alla situazione chiacchierata: «Io sono un uomo felice perché non mi faccio illusioni mai», dichiara agli astanti. Si annuncia in serata lesibizione del mago e illusionista Otto Marvuglia, la cui fama è decantata dai suoi sostenitori in combutta. Lo spettacolo di prestidigitazione comincia puntuale e già se ne conosce il «numero» di richiamo, quello in cui il mago fornirà loccasione di fuga a Marta e al suo amante Mariano. Con lefficace incantesimo subito dallignaro marito cornuto si sviluppa il dramma per luomo geloso e gretto, presuntuoso illuso della salvaguardia dellonore. Calogero infatti pare convinto che la moglie sparita non si sia allontanata col rivale, ma resti prigioniera in una scatola magica dalla quale potrebbe uscire a patto chegli la riapra dimostrando piena fiducia nella sua fedeltà e innocenza. Il dilemma guida dallora il tormentoso cammino di questo umanissimo, risibile e miserabile eroe rovesciato. Luomo alla prova dei suoi pregiudizi, dei condizionamenti psicologici e culturali, affonda in una situazione senza scampo; rinviando per viltà lapertura del contenitore temendo la verifica delle sue certezze labili, ammette la propria corresponsabilità nel comportamento delladultera. Resta dunque a sua volta prigioniero dellincantesimo in forza della propria cattiva coscienza.
Foto Tommaso Le Pera
Ecco un aspetto appena, fra i tanti diversi e profondi che la commedia di Eduardo poneva al momento della prima rappresentazione a Napoli nel 1949. Oggi il complesso di sentimenti e moniti morali di Eduardo (che «usa il sogno come grimaldello apri-verità», notava Odoardo Bertani) si ripropone nellambito dun cambiamento epocale, nella problematica più nitidamente investita dallanalisi antropologica, fatta vibrare dalla ravvivata memoria. Una memoria soprattutto affettiva che sa trasformarsi per la sensibilità del figlio darte, in partitura spettacolare originale e toccante. Sono i registri interpretativi duna tradizione sempre aggiornata, gli stili conferiti ai personaggi e i moventi (palesi o sottotestuali) dei loro interscambi, a costituire lattualità della cattivante rappresentazione vista al Teatro della Corte di Genova. Nel gusto duna ricostruzione depoca e dambiente, gli oggetti e i loro rapporti figurativi e simbolici, creano corrispettivi non realistici, non veristicamente documentari. Sono rinvii e citazioni allusive, segni di un recupero intelligente di convenzioni teatrali, risalenti ai modelli di Scarpetta. La scenografia dellAtto Primo, dispiega il fondale marino, i tavolini, la minima platea in palcoscenico che si specchia nel pubblico vero in sala. Laggiù, immersa in una luminescenza lunare quasi surreale, si assiste alla navigazione maliziosa degli amanti nella barca-giocattolo in mezzo alle poltrone.
Foto Tommaso Le Pera
La recitazione è conseguente alla moderna interpretazione di ruoli immaginari mostrati nel loro vissuto, in una dimensione metateatrale. Date le molte implicazioni emotive e perfino sentimentali che la commedia presuppone per il regista-interprete, Luca De Filippo inventa, ad esempio, il Tecnico-Servo di scena che saggira nel teatro buio, citando frasi di Eduardo sullamore per quel luogo e per lArte che ci vive dentro. Lattore espone con nitidezza mai didascalica il programma pedagogico e poetico di Marvuglia, demiurgo capace di guidare con sagacia e senza presunzione al «giuoco della vita che ha bisogno dessere sorretto dallillusione, a sua volta alimentata dalla fede». Massimo De Matteo è persuasivo in Calogero Di Spelta, maturo nella tecnica comunicativa e padrone della gamma estesa del suo trasformismo, variante da sprezzo e scetticismo e repressa gelosia, a ripiegata straziata intimità. Giusto, nei passi critici fra paura e disorientamento; delirante, nella pazzia che sceglie il rifiuto della verità più dolorosa, dellumiltà di riconoscere i propri errori e limiti. Quando si sostituisce al conduttore del gioco e si conferma nel proposito di non aprire la scatola, mostra e realizza la presenza dun protagonista unico, sdoppiato in Marvuglia e Calogero: infatti Eduardo ne assumeva i ruoli in alternanza e Giorgio Strehler segnalava il funzionamento di quel «doppio» nella sua creazione del 1985 al Piccolo Teatro e allOdéon-Théâtre de lEurope nel 1987. Alleccellenza dei due attori principali corrisponde la bravura della Compagnia intera. Ciascun attore trova le ragioni singolari di un contributo alla composizione corale, in una prestazione anche numerica ormai rara sulle nostre scene. La moglie del mago, Zaira, sua aiutante di mestiere, è la petulante, pragmatica Carolina Rosi. Lydia Giordano fa una Marta frivola ed infatuata, poi dolente nellamarezza del pentimento. Antonio DAvino scatta il lampo malandrino della seduzione istantanea destinata a spegnersi in delusione. Nei ruoli molteplici, tutti rendono unimmagine probante nella favola che sincarna in storie familiari e personali viventi. Gianni Cannavacciuolo (anche la Madre di Calogero in travesti) e Nicola Di Pinto, sono i compari dellimbonitore; Giovanni Allocca, il Brigadiere dallo zelo velleitario; Giulia Pica, unAmelia vittima dolce e innocente. La Fulciniti, la DAmbrosio e la Annibale, le pettegole frequentatrici dellalbergo.
Per il risalto dellapparato spettacolare (luci, musiche e atmosfere nella funzionalità fantasiosa della scenografia), per lefficacia dei trucchi del prestidigitatore e la finezza equilibrata dellorchestrazione dei caratteri nelle varianti introspettive o despressione diretta delle passioni, questa terza edizione merita di entrare nella pur breve antologia delle rappresentazioni dellaffascinante opera eduardiana.
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