Linverno dello scontento è quello del 2011, quando a partire dal 25 gennaio unondata di proteste contro il governo di Hosni Mubarak, trentennale Presidente della Repubblica Egiziana, sfocia in una vera e propria rivoluzione, fino alle dimissioni dello stesso capo di stato l11 febbraio di quellanno.
Il titolo rievoca il monologo iniziale del Riccardo III shakespeariano, unaltra storia di sconvolgimenti politici e passaggi di potere, seppur di altro tipo: «Ormai linverno del nostro scontento sè fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole di York». Ma la memoria corre anche alla celebre espressione inglese per indicare gli scioperi che investirono la Gran Bretagna nell'inverno 1978-79 e allultimo romanzo di John Steinbeck, The Winter of Our Discontent (1961), un altro atto daccusa – stavolta non contro un governo ma contro unintera società, quella americana contemporanea, viziata dal mito del successo a tutti i costi.
Il regista Ibrahim El Batout, alle spalle un lungo apprendistato come documentarista e video reporter nelle zone di guerra e una carriera cinematografica iniziata nel 2005 con Ithaki, in Winter of Discontent compie un atto di coraggio raccontando a così poca distanza dai fatti quella stagione lacerata di sofferenze, ribellione e anelito alla libertà. Amr, progettista di software politicamente impegnato e Farah, giovane e ambiziosa conduttrice televisiva di talk show a carattere politico, sono protagonisti e spettatori insieme delle accanite giornate di rivolta. Dalle proteste di piazza Tahrir, a poco a poco scopriamo un paesaggio di atroci torture perpetrate dalla polizia ai danni dei dissidenti, attraverso una serie di flashback e flashforward scanditi da didascalie a piè di quadro. In gran parte girato in interni, proprio lavorando per sottrazione – ché della rivolta vera e propria per le strade vediamo ben poco – il film ci consegna tutta langoscia della persecuzione e insieme la necessità della contestazione. Abbondanza di primi e primissimi piani, un uso parsimonioso e ben distribuito della macchina a mano e una fotografia dal taglio televisivo improntata ai toni scuri, caratterizzano laspetto visivo di Winter of Discontent. Del resto proprio i media – dai filmati rivelatori di YouTube alle fallaci trasmissioni televisive egiziane e a Facebook – sono a più riprese chiamati in causa nel corso della narrazione, ora intesi come autentica fonte dinformazione, attraverso il web e i canali internazionali, ora come inganno e ulteriore mezzo di oppressione, anziché despressione.
Brava linterprete femminile del personaggio di Farah, un po inespressivo lattore che dà un volto ad Amr. Mubarak dà le dimissioni, cessano le proteste, iniziano i festeggiamenti della popolazione. Parafrasando Shakespeare potremmo dire che «Ormai linverno del nostro scontento sè fatto estate sfolgorante ai raggi di questo sole del Cairo». Ce lo auguriamo vivamente.
|
|