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Gran Gala "Grand pas Classique", con Étoiles, Primi Ballerini e Solisti del Ballet de l’Opéra National de Paris

di Elisa Uffreduzzi
  Gran Gala "Grand pas Classique"
Data di pubblicazione su web 10/07/2012  
Vedere un’antologia coreografica scelta come il Grand Pas Classique, interpretata dai ballerini dell’Opéra di Parigi, è un raro privilegio specie se si assiste al felice connubio tra una selezione dei più celebri pezzi del repertorio classico e la perfezione estetica ed esecutiva della scuola francese.  Disquisire quindi sulla consistenza di un carnet tanto paludato e sulla bravura dei singoli interpreti o sulla presenza di eventuali incrinature, parrebbe cosa oziosa e superflua.  Eppure, anche a così alti livelli artistici e anzi proprio in virtù di questo, è lecito e doveroso saggiare con cura le componenti di una serata tanto prestigiosa e di indubbia riuscita.

Il Gala, composto di dodici pezzi scelti, ha sapientemente alternato a brani più inflazionati, tratti da balletti tardo-romantici e classici come La Sylphide, Giselle, Il lago dei cigni, Coppélia, Romeo e Giulietta, Don Chisciotte e La morte del cigno, coreografie più recenti e intrise di un gusto indubbiamente più moderno, quali Arlesienne, Adagietto, Arepo ed Études.


Muriel Zusperreguy e Joshua Hoffalt
Muriel Zusperreguy e Josua Hoffalt

 

La serata si è aperta sulle note composte da Herman Severin von Lovenskjold, coreografate da August Bournonville e qui danzate da Marine Ganio, nel ruolo della Sylphide, al fianco di Simone Valastro, interprete di James. Il Pas de Deux eseguito in questa occasione si caratterizza per un calibrato equilibrio tra pantomima e coreografia vera e propria. Briosa, ricca di piccoli e grandi salti, nella versione danese del balletto qui riproposta, quest’ultima si differenza nettamente dalla versione francese di Filippo Taglioni e si adatta certo molto più facilmente al gusto del pubblico moderno. I due splendidi ballerini dell’Opéra interpretano magistralmente i personaggi scaturiti dalla fantasia di Charles Nodier e se la variazione maschile tradisce qualche trascurabile imprecisione nella chiusura dei tour en l’air, quella femminile risulta senz’altro pulita e lieve come da manuale. I costumi scelti sono quelli depositati dalla tradizione col classico tutù bianco dalle ali posticce per l’interprete femminile e il kilt scozzese per James, allineandosi così alle attese del pubblico.

Nel successivo estratto ballettistico, la bellezza diafana di Muriel Zusperreguy si confà alle movenze romanticamente atteggiate della versione di Giselle rivisitata da Marius Petipa (1884). Accanto a lei, Josua Hoffalt è Albrecht, nel Pas de deux estrapolato dal secondo atto: un brano coreograficamente più rarefatto, bello in senso classico e più spostato sulla staticità delle arabesques sostenute fino al fuori peso, che sul dinamismo dei salti.  

Segue il Pas de deux finale da Coppélia, qui eseguito nella versione di Mikhail Baryshnikov, vivace e brillante nell’interpretazione di Mathilde Froustey, la cui verve esecutiva è entusiasmante. Ne è degno partner François Alu, un magnifico Franz, che si distingue indubbiamente per l’armoniosa sicurezza dei movimenti e l’elevazione dei salti, che più avanti nel corso del Gala diverrà dirompente. Insieme costituiscono la coppia più convincente tra quelle proposte dalla serata.

 

Myriam Ould Braham e Florian Magnenet
Myriam Ould Braham e Florian Magnenet


Chiude la prima parte dello spettacolo Arlésienne: una scelta particolarmente azzeccata, quella di stemperare il manierismo del repertorio romantico nella partitura coreografica neoclassica di Roland Petit (1971). Delphine Moussin, Étoile uscente de l’Opéra de Paris, è Vivette accanto ad Alessio Carbone (Frédéri). Le atmosfere provenzali evocate dalla musica di Georges Bizet e richiamate visivamente dai costumi, costituiscono l’humus che consentì a Petit di coltivare una coreografia che gioca con il concetto tradizionale di passo a due per creare qualcosa di affatto nuovo e antico insieme. Il dramma psicologico-sentimentale dei due amanti protagonisti viene tradotto in danza attraverso il vocabolario coreutico accademico, rivisitato in chiave moderna mediante l’impiego di flex, off-balance, pantomima, contrazioni dell’addome e aderenza alla musica fino al limite del Mickey Mousing cinematografico. L’esperienza scenica di Delphine Moussin, nella sua fisicità incredibilmente espressiva, le consente di dare enfasi al singolo gesto, facendone così l’interprete ideale di parti più drammaticamente connotate, come anche – nella seconda parte della serata – La morte del cigno, magnifico capolavoro d’interpretazione drammatica, oltre e prima che coreografico. L’assolo di Fokine sulle note di Camille Saint-Saëns, nel disegno di questa elegante serata di gala, rappresenta un’ideale integrazione al Lago dei cigni, del quale i due estratti in programma fanno una sorta di leitmotiv che conferisce unità e coerenza alla selezione coreografica nel suo insieme. Il Pas de deux del Cigno Nero (dal III atto de Il lago dei cigni), insieme a quello del Cigno Bianco, dal II atto, sono i due brani “disegnati” da Marius Petipa e Lev Ivanov sulle melodie di Pëtr Il'ič Čajkovskij, qui eseguiti da Myriam Ould Braham, recentemente nominata “Étoile” del Ballet de l'Opéra. Né è difficile comprenderne le ragioni, considerando l’esecuzione di indubbia abilità tecnica di cui ha dato prova nel corso della serata ravennate, trasmettendo una sicurezza che non ha lasciato spazio a incertezze, sebbene sia lecito rilevare che non vi è sufficiente scarto tra l’interpretazione del cigno nero e quella del cigno bianco: due ruoli dal temperamento opposto, nel contesto narrativo dal quale derivano. Al suo fianco Florian Magnenet, premier danseur, è Siegfried, l’elegante partner qui “sacrificato” da un’orchestrazione coreografica nettamente sbilanciata sul ruolo femminile. Nella variazione maschile che accompagna il Pas de deux del cigno nero, lo spostamento durante l’esecuzione dei giri alla seconda lo penalizza rispetto alla più “pulita” Ould Braham, tuttavia fanno da contraltare a questa pur trascurabile imprecisione l’armonia di movimento e la maestria con le quali sostiene e accompagna la ballerina nel Pas de deux del Cigno Bianco in particolare, costituendo così il perfetto completamento dell’impeccabile esecuzione femminile.

Fa il paio con il brano estratto da Giselle, per l’estetica del movimento di stampo romantico, il Pas de deux cosiddetto “del balcone”, tratto dal I atto del Romeo e Giulietta, qui rappresentato nella versione di Rudolf Nureyev (1978-80), che più ampio spazio lascia alla parte maschile – si pensi ad esempio all’ampio manège – risultando dunque più equilibrata nella distribuzione dei ruoli. Per una tale gestualità, altrettanto eterea e rarefatta che quella di Giselle, non a caso gli interpreti designati sono gli stessi Muriel Zusperreguy e Josua Hoffalt. Per chi ha memoria di interpretazioni più mature e drammatiche, la Giulietta vista in questa occasione risulterà forse eccessivamente gaia e civettuola, il che tuttavia non necessariamente costituisce una nota di demerito.

 

Mathilde Froustey e François Alu
Mathilde Froustey e François Alu

 

Nonostante una vistosa “sbavatura”, Mathilde Froustey ha un’espressività pregevole che ben si adatta alle parti brillanti come la già menzionata Swanilda in Coppélia e come quella di Kitri nel Don Chisciotte coreografato da Marius Petipa, del quale vediamo qui rappresentato il celebre Grand pas de deux, ricco di virtuosismi sia nel ruolo femminile che in quello di Basilio, per l’occasione impersonato da François Alu. Questi strappa un’ovazione al pubblico entusiasta, ammaliato dalla sequela di salti nei quali vanta ancora una volta un’elevazione e una nitidezza dei movimenti raramente viste in questa misura.

Anche la seconda parte della serata si è dipanata secondo la felice alternanza di brani più inflazionati e dal gusto romantico e manierato, a coreografie più innovative e meno note come Adagietto  del contemporaneo Oscar Araiz, che si distingue nettamente all’interno del programma fin dai costumi: le aderenti tute azzurre originali. Prese inconsuete, simmetrie ed erotismo latente completano il quadro inserendo questo gioiello tra i capolavori della coreutica novecentesca, affidato per questa serata all’intensa danza di Marine Ganio e Simone Valastro.

Non poteva mancare tra i maestri del novecento Maurice Béjart, qui declinato nella variazione di Mephisto tratta da Arepo (anagramma di Opéra), trascinante assolo sfortunatamente dimenticato del coreografo francese. Sulla musica dal sapore gitano composta da Hugues Le Bars, Alessio Carbone è il sulfureo primo ballerino che ammalia il pubblico in una sorta di flamenco rivisitato, fatto di un continuo oscillare tra movenze più flessuose e scatti, scanditi dal marcato ritmo in sottofondo. La coreografia alterna a una base di matrice accademica, passi più liberi da quei canoni, semmai “schiavi” – per così dire – del ritmo percussivo concepito da Le Bars. È Carbone senz’altro la “punta di diamante” di questa serata: con le sue interpretazioni ricche di pathos, in entrambe le coreografie da lui danzate dimostra di essere un buon interprete drammatico oltreché un ottimo ballerino.

Chiude la serata Études, brano corale coreografato dal danese Harald Lander, che vede coinvolti tutti i danzatori interpreti della serata in una serie di virtuosismi che ne esaltano la perizia tecnica e l’armonia esecutiva. L’ensembe finale è così il trionfale spettacolo per gli occhi che il pubblico (si) aspettava, dove il balletto accademico si fa rigoroso più che mai per far mostra di sé e il virtuosismo raggiunge l’apice dell’autocompiacimento. Sulle melodie cariche di enfasi di Carl Czerny, avvicendandosi in proscenio, ciascuno esegue la parte che più gli si addice ed è ancora una volta François Alu a suscitare lo stupore del pubblico, con i suoi strabilianti salti.

In conclusione, la serata di Gala ravennate ha visto svolgersi sul palco del moderno Palazzo Mauro De André un mélange di balletti equilibrato nella scelta dei pezzi: ne risulta un raffinato spettacolo che è riuscito a sfumare la tradizione nella modernità, impedendole così di risultare stucchevole.

 

 

Gran Gala "Grand pas Classique"
cast cast & credits
 


Alessio Carbone e
Delphine Moussin
 
                                  

Alessio Carbone danza Arepo



 
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