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Il buio negli occhi

di Assunta Petrosillo
  Ifigenia in Aulide
Data di pubblicazione su web 15/06/2012  
                                 

Nello splendido scenario del teatro di epoca romana – nel Parco Archeologico di Pausylipon – si assiste alla rappresentazione, in prima assoluta, di Ifigenia in Aulide, riscrittura dell’erudito scrittore e storico delle religioni rumeno Mircea Eliade, per la regia di Gianpiero Borgia.

 

Un vero e proprio viaggio simbolico, attraverso i millenni, attende lo spettatore, che raggiunge l’antico teatro percorrendo a piedi per circa un chilometro la grotta di Seiano, scavata nel tufo dai romani per collegare la zona flegrea a quella napoletana. All’uscita del tunnel – come per incanto – irrompono le luci del golfo, il mare azzurro e il teatro a cielo aperto, sotto le stelle. In questa magica cornice, in una sera ventosa di giugno, si stagliano davanti agli spettatori strutture in legno e metallo, e lembi di stoffa svolazzanti.

 

La luce cala e nel buio si sente il suono di una campanella, mentre un inno rituale si innalza nel cielo. Dalla penombra alcune figure bianche avanzano lentamente. La storia a cui si assiste è quella di una giovane principessa, Ifigenia, che con un inganno è condotta da Troia nella città di Aulide. Ma mentre lei crede di dover sposare il valoroso eroe Achille, si prepara il suo sacrificio, richiesto della dea Artemide. Achille, anch’egli all’oscuro di tale trappola mortale, una volta scoperta la verità decide di salvare Ifigenia – pur non avendola mai vista – dal suo triste destino.

 

Il mito greco diviene con Mircea Eliade un dramma moderno, una storia che si consuma tra e dentro gli animi umani. I protagonisti sono figure atemporali, sospese nell’eternità delle loro stesse vite, archetipi veri e onnipossenti, ma con un proprio destino da compiere. Sono anche uomini come noi, che soffrono, amano, piangono, si spaventano e muoiono. Sono vite esemplari, connotate da una grande semplicità di sentimenti. Si tratta di figure dilaniate che non sapranno decidere a quale dimensione del Tempo appartenere, se a quella di Chrònos, il tempo presente, o a quella di Aiòn, il tempo del mito, eterno.

 

Le bianche figure si avvicinano all’arena, le luci si accendono e i corpi assumono precisi profili. Sulla spiaggia di Aulide il vento è furioso e si materializza in un corpo nudo di donna (Ramona Polizzi) che ansima e sbuffa in un totem a forma conica. È la personificazione della furiosa dea Artemide – irata con il re Agamennone – che scalpita, si contorce, e marca il passo della tormenta.

 

Il servo di Clinnestra, Kilix (Daniele Nuccetelli) – di bianco vestito con le catene ai piedi – si stacca dal gruppo e da narratore esterno descrive ciò che sta per accadere. La dea ha chiesto al re Agamennone il sacrificio di «una vergine di grandissima libagione, un olocausto di stirpe nobile»: solo dopo tale sacrificio l’esercito acheo potrà intraprendere il suo viaggio verso Troia.

 
Avvolto in abiti dalla foggia arabeggiante, con anfibi ai piedi, il re Agamennone (Franco Branciaroli), è combattuto, dilaniato. Ed è proprio nei differenti registri vocali, con cambiamenti di toni ed accenti, che il suadente Branciaroli mostra tutta la lacerazione di un padre costretto a sacrificare la sua stessa figlia. Al suo fianco una giovane Ifigenia (Lucia Lavia), che con grande personalità, forte impatto visivo, ammalia prima gli spettatori e poi lo stesso Achille. La giovane attrice riesce gradualmente a mostrare gli stati d’animo di Ifigenia: da giovane sognatrice a donna impaurita, e infine a fiera e convinta vittima sacrificale. Lei sola sarà sprovvista di ironia, perché sarà la sorte ad ironizzare su di lei. Una recitazione convincente, seduttiva, ben evidenziata nel suo “ballo della morte”, nella visione della sua stessa fine. Leggera, sottile, eterea, elegante. Le fa da contraltare l’antieroe Achille (David Coco), che vestito da moderno marine, con tanto di collanine al collo e cartucciera vuota in vita, agita la sua pseudo-spada (una rosa bianca) contro chi vuole sacrificare la giovane principessa. Un figlio “divino” che per concentrarsi invoca il mantra orientale dell’Om, a gambe incrociate. Coco riesce a caricare il personaggio di ironia, senza mai amplificarlo. Diverte anche quando si allude ad una relazione omosex con Patroclo (Nicola Vero), sua degna spalla.  Molto accattivanti anche Ulisse (Christian Di Domenico) e Menelao (Giovanni Guardiano). Meno incisiva risulta Clitennestra (Loredana Solfizi), sottotono e poco sintonizzata con gli altri attori. Ben riuscita la scena del mancato bacio tra Ifigenia e Achille, e quella dello “scarica barile” tra Calcante, Menelao e Agamennone di fronte all’infuriato Achille.

 

La magia dell’antico affascina il pubblico contemporaneo con ironia e drammaticità.




Ifigenia in Aulide
cast cast & credits
 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 


 

 
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