Nel teatro di Eduardo De Filippo – il San Ferdinando – il giovane regista partenopeo Davide Iodice ha raccontato la “nostra” storia, leredità di una generazione senza futuro. Si tratta di uno spettacolo frutto del laboratorio che il regista ha condotto nei mesi scorsi dal titolo Figli, e che vede confrontarsi gli attori e i ballerini della compagnia con i loro genitori.
Il teatro di Iodice denuncia la verità, dolorosa, cruda, spietata. In una sala buia, illuminata da un solo faro – a sipario già aperto – con gli attori già in scena, avanza di spalle, da una porta collocata al centro della scena, un uomo in maschera con in mano una rosa rossa. Una nenia accompagna lincedere di questuomo che resterà in scena fino alla fine, al fianco dei personaggi, come una sorta di grillo parlante, silente.
Un'unica stanza affollata di sedie, mobili, lampade e tappeti si trasforma ogni volta nei luoghi della memoria, della vita vissuta. La drammaturgia procede per immagini, senza un filo rosso che possa legare le cinque storie. La chiave di lettura non è la semplice autobiografia cronachistica, come afferma lo stesso Iodice, ma unautobiografia sentimentale che affiora attraverso una lente soggettiva multipla. Una sorta di viaggio “emotivo” dei genitori nella vita dei propri figli, in unepoca in cui la comunicazione tra le generazioni appare impossibile o del tutto inesistente.
Le storie che mano a mano si disegnano appartengono al passato italiano: dal padre operaio in tuta blu che ha lottato per i suoi diritti e per quel bicchiere di latte a fine giornata per disintossicarsi dai veleni respirati, alla madre sessantottina in maglia rossa e scarpette da ginnastica delle lotte femministe. Al racconto di una madre sopravvissuta al fascismo e alla guerra in un «bel paese di merda», nel quale un simbolico anonimo prelato nasconde tutto, con accuratezza, sotto il tappeto dellomertà. Alla strage di Piazza Fontana del 12 settembre del 1969, della quale si leggono i nomi di tutte le vittime in un momento di forte tensione emotiva. I tappeti saltano in aria, i ricordi irrompono nel presente con veemenza. La donna-marionetta taglia i fili e un terrorista cade tra le bombe. Tre parche, sottoforma di tre anziane donne dal vestito funereo, tagliano i fili della vita e abbandono luomo al proprio destino. Leredità di questi figli non assomiglia per nulla a quella del piccolo Lord Fauntleroy del romanzo di Frances Hodgson Burnett.
La scena si chiude con i versi di Pianto antico recitati da una commossa madre avvolta nel tricolore italiano. Lesperimento ci pare ben riuscito nonostante il forte contrasto tra lingenuità attoriale dei genitori e la pratica consolidata dei giovani artisti della compagnia.
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