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Le tre meraviglie del Royal Ballet

di Gabriella Gori
  Polyphonia, Sweet Violets, Carbon Life
Data di pubblicazione su web 26/04/2012  

 

Presentato con successo alla Royal Opera Hause dal Royal Ballet, il trittico Polyphonia di Christopher Wheeldon, Sweet Violets di Liam Scarlett, Carbon Life di Wayne McGregor, è uno spettacolo che colpisce per la formidabile versatilità del corpo di ballo inglese. Un organico secondo a nessuno che passa con estrema disinvoltura dal più nobile e astratto neoclassicismo al fisico e materico postclassicismo, senza dimenticare la teatralità del balletto narrativo odierno. Tre pièces, di cui due en première, di indubbio valore e innegabile riuscita, firmate da tre nomi culto della coreografia britannica, considerati tra i  più interessanti e innovativi degli ultimi anni.

 

Polyphonia su musica di Ligeti, eseguita dall’Orchestra della Royal Opera House diretta da Barry Wordsworth, è un lavoro nato nel 2001 per il New York City Ballet e nel 2003 è entrato nel repertorio del Royal Ballet di cui Wheeldon ha fatto parte dal 1991 al 1993, anno in cui è passato al New York City Ballet. Divenuto Solista nel ’98 e nominato nel 2001 “primo coreografo residente”, l’artista ha deciso di intraprendere la carriera di coreografo collezionando prestigiosi incarichi presso il San Francisco Ballet, il Bolshoi, il Royal Ballet, il Royal Danish Ballet e fondando nel 2007 la Morphoses/The Weeldon Company. Una scelta professionale felice confermata dagli illustri riconoscimenti dell’American Choreography Award e del Dance Magazine Award.

 

Magnifica partitura per studi e variazioni, Polyphonia è la personificazione della danza astratta che richiama altre creazioni di Wheeldon come Continuum e Morphoses, sempre su pagine di Ligeti. Il continuo dialogo con la musica orchestrale e pianistica del compositore ungherese, l’uso geometrico dello spazio, il dosato equilibrio di ensemble, passi a due, a tre, a quattro, l’esprit de finesse dei virtuosismi della danse d’école (piqués, jetés, pirouettes, petits e grands sautés), ricordano senza dubbio Balanchine, il padre del neoclassicismo coreutico, ma subiscono anche il fascino – come ammette lo stesso Wheeldon – di Jerome Robbins e Frederick Ashton. Il primo per il brio e la leggerezza con cui privilegia la coralità dell’accadimento danzato, il secondo per il lirismo e l’elegante fluidità del corpo che danza. Un corpo che nella Polyphonia di Wheeldon  mostra tutta la sua bellezza nei body ‘alla Balanchine’ disegnati da Holly Hynes, accarezzati dalle luci di Mark Stanley e indossati dagli splendidi componenti del Royal Ballet.

 

Agli antipodi per fisicità e matericità del ‘dettato’ coreografico è il coinvolgente Carbon Life di Wayne McGregor. Un’esplosione di energia e vitalità su musica pop di Mark Ronson e Andrew Wyatt, con le voci dal vivo di Boy George, Hero Fisher, Alison Mosshart, Jonathan Pierce, le incursioni del Rapper Black Cobain, gli interventi di Bryan Senti e Jason Silver alla tastiera, di Adam Chetwood e Ronson alla chitarra. 

 

Creazione commissionata a McGregor dal Royal Ballet e presentata in prima assoluta, Carbon Life mira a rendere con la fisicità del linguaggio della danza le caratteristiche del carbonio. Elemento chimico presente  negli esseri animali e vegetali che si trasforma passando dal mondo minerale a quello vivente e viceversa. Una vitale onnipresenza metamorfica che McGregor coglie nel parossismo esasperato dei legati, esaltati dalle luci di Lucy Carter, e nella presenza della band e dei cantati toccando l’apice con Boy George, mitica icona degli anni Ottanta, che canta da vera star “Somebody to love Me”.


Un momento esaltante tra acuti canori, sorprendenti off balance sulle punte e mezze punte e perfino sulle zeppe dello stilista Gareth Pugh, sinusoidali pose plastiche e al tempo stesso distoniche, agoni al limite dell’umano che rimandano a Entity, Erazor, Far e sono esasperati in Carbon Life. Tutti lavori in cui McGregor è padrone assoluto della danza e si diverte a stravolgerla in una sorta di “accordo eretico” con la tradizione accademica superando il postclassicismo di Forsythe e approdando ad una straordinaria espressività cinetica ormai riconoscibile e in grado di destare meraviglia. Una meraviglia che nasce dal modo originale e intelligente con cui il dancemaker rielabora il vocabolario contemporaneo, classico, jazz, hip hop, disco, e fa di lui uno tra gli ‘sperimentatori’ più apprezzati sia con la Wayne McGregor/Random Dance che con il Royal Ballet, di cui è coreografo residente, il Netherlands Dance Theatre, l’Opéra di Parigi, il Balletto di Stoccarda, il New York City Ballet, l’Australian Ballet. Nomi altisonanti a cui si aggiunge il Bolshoi che per il 2013 gli ha chiesto una nuova Sagra della Primavera di Stravinskij.

 

Di tutt’altro genere è Sweet Violets, un balletto en première su musica di Rachmaninoff eseguita dall’Orchestra della Royal Opera Hause diretta da Wordsworth, e firmato dal giovanissimo  Liam Scarlett. Solista del Royal Ballet dal 2008 e talentuoso coreografo, Scarlett ha già nel suo carnet produzioni per la ‘compagnia di bandiera’ inglese come Few Things Are, Vayamos al Diablo, Despite e Asphodel Meadows, premiato dal Critics’ Circle Dance Award.

 

Sweet Violets narra dell’assassinio avvenuto a Londra nel 1907 della prostituta Emily Dimmock, travata morta nel letto con la gola tagliata nell’appartamento al 29 St Paul’s Road di Camden Town. Sospettato dell’omicidio e poi assolto fu l’artista Robert Wood ma la efferatezza dell’aggressione riportò alla mente i delitti di Jack lo Squartatore, avvenuti nel 1888 e rimasti impuniti.
   

All’epoca questi feroci omicidi furono fonte di ispirazione per il pittore Walter Sickert che ritrasse nudi femminili nella serie di dipinti intitolata “The Camden Town Murder” e “Jack the Ripper’s Bedroom” e si vantò di avere avuto nel suo studio Wood e la modella Marie. Inoltre acquistò notorietà frequentando l’Old Bedford Music Hall, che divenne soggetto di altri suoi quadri e disegni. L’ostentato e morboso interesse per questi crimini associò il nome di Sickert a quelli di Jack lo Squartatore e del Principe Eddy, ovvero Albert Victor nipote della Regina Vittoria, anche lui sospettato, ma senza prove, degli assassini dello Squartatore e amico del pittore. Un’amicizia che portò Sickert a favorire la relazione tra Eddy e la commessa e modella Annie Crook e a fare da testimone al matrimonio segreto tra i due insieme a Mary-Jane Kelly, amica di Annie. Un’unione da cui nacque un figlio e che finì per volere della Regina Vittoria che inviò il Primo Ministro Lord Salisbury a rimettere le cose a posto. Lo scandalo fu evitato, Eddy tornò in seno alla famiglia reale, Annie fu dichiarata pazza e rinchiusa, Mary-Jane Kelly selvaggiamente uccisa.

 

Vicende torbide di un’Inghilterra bigotta e puritana che Scarlett riporta alla luce con un linguaggio neoclassico puntando sugli aspetti psicologici e costruendo un “atto unico” che, per quadri, ripercorre l’intricato e sincronico intreccio della vita di questi personaggi. Un intreccio reso ancora più evidente dalla drammaturgia del balletto che tiene presente la lezione di Kenneth MacMillan e si confronta con temi controversi e scabrosi, indagando i lati oscuri della natura umana e della sessualità.

 

Un’indagine che Scarlett porta avanti fin dall’inizio quando nella squallida camera da letto di Camden con un passo a due violento e viscerale raffigura l’omicidio della Dimmock, una brava Leanne Cope, da parte del brutale cliente, Thiago Soares nella parte di Wood. Da lì la vicenda si trasferisce nella casa di Sickert, Jhoan Kobborg, che duetta con la modella Marie, una splendida Tamara Rojo, fino all’elegante e sobria scena del nudo integrale femminile che riecheggia i dipinti di Sickert.  

 

Poi con un sapiente tocco metateatrale Scarlett mette in scena gli spettacoli dell’Old Bedford Music Hall e lascia spazio alla relazione tra il Principe Eddy, il convincente Federico Bonelli, e Annie, la brava Laura Morena, e all’amicizia di quest’ultima con Mary-Jane Kelly, un’intensa Alina Cojocaru, fino all’irruzione del Primo Ministro Salisbury nella casa di Eddy.

 

Sostanzialmente il coreografo segue gli avvenimenti ma rende inquietante tutta la storia ritenendo Wood l’assassino di Emily e facendo aleggiare lo spettro straniante di Jack Lo Squartatore. Un eccelso Steven McRae in calzamaglia nera che appare fra i protagonisti come proiezione della mente e simbolo del male. E se i virtuosismi della danse d’école caratterizzano la sua entrata in scena nel ruolo dell’indomito spirito di Jack, la ferinità dei gesti e dei movimenti lo trasforma nello spietato assassino di Mary-Jane, la struggente e disperata Cojocaru. Un coinvolgente duetto mortale che, a cornice, ricalca quello iniziale di Emily Dimmock e chiude un balletto di gusto decadente, impreziosito dai costumi e le scene di John Macfarlane, dalle luci chiaroscurali di David Finn e dall’impareggiabile presenza del Royal Ballet.

 

 

Polyphonia, Sweet Violets, Carbon Life


Polyphonia
cast cast & credits
 


Sweet Violets
cast cast & credits
 


Carbon Life
cast cast & credits
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




 
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