Come far fallire per eccesso di intenzioni unidea bellissima ma, forse, più furba che sincera. E lottimo risultato di Spiros Stathoulopoulos, enfant prodige del cinema greco e che, oggi poco più che trentenne, inanella premi e menzioni da almeno un quindicennio. Storia semplice ed alta quella inventata dal giovane cineasta che colloca una storia damore irresistibile tra un monaco ed una suora giovanissimi imprigionati in due diversi eremi posti sulla cima di due diverse meteore. Come ognun sa le meteore greche (oltre ad essere state definitivamente turistizzate dal loro ingresso nel patrimonio culturale dellUnesco) sono nellimmaginario collettivo luoghi della più assoluta separazione dal mondo e quindi, di per sé, luoghi di spiritualità assoluta. Poste su rocce praticamente inaccessibili possono essere raggiunte solo a prezzo di enormi fatiche e pazienza nel salire lento e interminabile delle loro migliaia di piccoli gradini scolpiti nella roccia oppure insaccati in grandi ceste che vengono sollevate con carrucole poste in cima alle costruzioni in vetta. In vetta ci sono, appunto, piccole suggestive comunità di monaci (o di monache) dediti alla preghiera e alla pratica liturgica.
Vicinissime in linea daria ma praticamente irraggiungibili se non nelle circostanze eccezionali di unuscita nel mondo, non fermano però lamore dei due giovani che si cercano attraverso segnali luminosi captati da rilucenti specchietti e si uniscono in rapidi e più concreti amplessi nelle occasioni in cui riescono ad uscire dallisolamento: tra bucolici paesaggi il loro amore trova la strada dellappagamento fisico. Accompagnato, è ovvio, dal senso del peccato, dalla ripulsa e poi dallinevitabile, presentandosi loccasione, ricaduta. Tutto è giocato con tempi ieratici nellinsistita lentezza dei gesti, nellevocatrice allusività degli sguardi, nellabile gioco cromatico. Teodoro e Urania sono i protagonisti della storia o sono lincarnazione della fantasia di uno spettatore (o di un poeta?) di fronte ad unicona che li rappresenta? E come disorientare meglio lo spettatore aggiungendo significati ai già molti insiti nella storia? Alternando alla fisicità già abbastanza disincarnata degli attori i loro doppi animati, dando vita e movimenti alle loro rappresentazioni iconiche e, quando il peccato diventa seriale, spalancare davanti ai loro ed ai nostri occhi lanimazione di un inferno popolare, con le lingue di fuoco e i diavoli che si animano uscendo da uningenua pittura devozionale.
La suggestione non manca ma è come frenata da una troppo accorta predisposizione, da un montaggio alternato di verità e animazione troppo costruito, da una “presunzione” di fondo che mescola non solo le forme cinematografiche ma oscilla senza una vera disciplina tra poesia, antropologia, finta semplicità e vera ambizione.
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