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Tubular Bells

di Michele Manzotti
  La copertina di Tubular Bells
Data di pubblicazione su web 14/12/2011  

Inizia con uno dei temi musicali più eseguiti del secondo Novecento, forse anche perché è stato incluso nella colonna sonora del film L’esorcista. Ma è anche stato il punto di partenza dell’impero di Richard Branson, ovvero il marchio Virgin, come primo numero del suo catalogo discografico. Tubular Bells, lavoro di Mike Oldfield, ha una storia di successo che dura ormai dal 1973 con la riproposta negli anni di altre versioni oscurando di fatto il resto della produzione del musicista inglese che comprende altre suite musicali oltre a brani pop di successo. Eppure la composizione non è stata eseguita spesso dal vivo nella sua versione originale: nel disco era lo stesso Oldfield a suonare tutti gli strumenti sovraincidendo le parti e non era concepita per essere interpretata da un gruppo. Per il lancio dell’album Tubular Bells fu presentata alla Queen Elizabeth Hall di Londra nel 1973 per tornarci a 38 anni di distanza. Nel 2011 è stato infatti il direttore d’orchestra inglese Charles Hazlewood a raccogliere attorno a sé una all stars di musicisti noti nel mondo della musica pop-rock come Adrian Utley (Portishead) e Will Gregory (Goldfrapp) e altri classici tra cui l’organista Graham Fitkin e l’arpista Ruth Wall. Hazlewood ha affrontato Oldfield come un autore che ha fatto conoscere al grande pubblico il minimalismo in musica, ovvero quella tendenza nata nella West Coast americana nata in reazione al linguaggio colto contemporaneo europeo che bollavano come “creep music”, musica sgradevole composta da “creep people”, persone altrettanto sgradevoli.

 


Charles Hazlewood

 

Due dei suoi maggiori esponenti, Steve Reich e Terry Riley, facevano parte del programma per dimostrare come Tubular Bells non nasceva dal niente. Di Riley è stato proposto A Rainbow in Curved Air del 1969 che ispirò il brano di Oldfield. Una composizione che è basata su un unico accordo, quello di La maggiore settima, suddivisa in battute di sette valori che mutano continuamente l’accento al loro interno. La melodia (che non è propriamente tale, quanto una frase musicale) che fluisce lungo tutto il lavoro passando da uno strumento all’altro supportata dai cinque moog ai quali è affidata la funzione di accompagnamento. Diverso è il concetto alla base di Four Organs di Steve Reich: anche qui un accordo (tecnicamente, come ha spiegato Hazlewood, di undicesima sulla dominante del Mi) è protagonista, ma come se si vedesse dall’esterno e secondo prospettive diverse. I quattro organi, accompagnati dalle maracas con la funzione di metronomo (in questo ruolo è stato eccezionale il percussionista Joby Burgess) hanno infatti lentamente scomposto questo accordo con le note che eseguite dapprima contemporaneamente si sono poi allontanate l’una dall’altra. Un procedimento simile si avuto con Harp Phase di Reich affidata alla sola Ruth Wall. Era un brano originariamente concepito per due pianoforti con un disegno di dodici note dapprima eseguito all’unisono per poi affidare a uno dei solisti il compito di accelerare a poco a poco. Al termine, come alla fine di un prisma sonoro, l’unisono viene raggiunto dopo un ampio spettro di suoni. La sorprendente Ruth Wall ha fatto tutto da sola con l’ausilio di un pedale apposito. Alla fine è stata la volta di Tubular Bells. Oldfield non è un compositore colto, piuttosto un musicista rock con un particolare orecchio per le sperimentazioni. Nel lavoro convivono tante anime espresse nei temi raccolti durante la sua gestazione, e che sono state motivo del suo grande successo allora e anche oggi. Tanto che un teatro pieno ha ascoltato in religioso silenzio un programma all’inizio non certo facile (ed eseguito con grande professionalità) per attendere quello che in sostanza è un brano classico nel termine più ampio della parola. Tra il gruppo, oltre allo stesso Hazlewood all’organo, sottolineiamo l’eccellenza di alcuni esecutori come il già citato Utley, Eddie Parker a organo, clavicordo elettrico, flauto, sitar elettrico, Ross Hughes all’organo e al basso, il talentuoso percussionista Joby Burgess e l’arpista Ruth Wall che dopo aver affrontato un difficile brano solista come Harp Phrase, si è seduta al pianoforte a coda per il brano di Oldfield. Una bella festa, senza dubbio, a cui i musicisti per primi erano orgogliosi di partecipare.


 

Tubular Bells



cast cast & credits


 

Terry Riley


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Steve Reich


 
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