Shen Wei, alla guida dalle Shen Wei Dance Arts di
New York, ha presentato con successo al Teatro
Valli di Reggio Emilia un trittico che ripercorre dieci anni della sua poetica
proponendo Near the terrace, un
lavoro nato nel 2000 per lAmerican Dance Festival, in prima europea al Valli; Re-(Part III), commissionato nel 2009
dal Lincoln Center Festival e dallAmerican Dance Festival, già visto in Italia
nel 2010; O-11, un solo firmato per lAmerican
Dance Festival nel luglio 2011 e approdato a Reggio Emilia in prima italiana.
Tre creazioni che mettono in luce alcuni capisaldi
del modus operandi di Shen Wei, artista cinese ma newyorkese di adozione che
possiede una speciale forma mentis che gli consente di spaziare tra
linguaggi visivi e culture differenti in nome di un eclettismo coreutico e di
un sincretismo culturale che rendono peculiare la sua danza.
©2011 A. Anceschi
Una danza studiata allOpera di Pechino ma poi
modulata sulla "lezione" della modern e post modern dance americana, che
trasforma il linguaggio del corpo in un idioma performativo contemporaneo che
accoglie le più disparate sollecitazioni cinetiche, visive, acustiche, emotive,
e consente al "dettato" coreografico di scorrere fluido, armonioso, leggero, impalpabile,
coniugando Oriente e Occidente.
In particolare Near
the terrace è un pezzo ispirato ai dipinti femminili dambientazione surreale
e metafisica del pittore belga Delvaux che offre a Shen Wei lo sfondo ideale
per la sua mise en danse. Un accadimento
coreutico che si sviluppa in uno spazio scenico delimitato da unenorme
scalinata, che divide il palcoscenico in due parti e permette alla Shen Wei
Dance Arts di muoversi sui gradini e nellaria più prossima al proscenio,
accompagnati dalla musica di Arvo Pärt e dal silenzio. Un silenzio che,
paradossalmente, dà "voce" al cosiddetto "silence
corporel", ovvero una "musica" fatta di respiri, fruscii, stasi cinetiche,
che riflettono il fluire della partitura coreografica di Shen Wei, illuminata dalle
luci azzurro-verde di David Ferri e dalle atmosfere pittoriche "alla Delvaux" e
teatrali "alla Strehler".
©2011 A. Anceschi
E se la prima sequenza è animata da corpi maschili e
femminili a torso nudo, in morbide gonne e candidi pantaloni fruscianti, che si
adagiano a terra come "in attesa" e "in ascolto", nella seconda e terza si
riappropriano della spazialità con entrate ed uscite orizzontali, salite e
discese sulle gradinata per poi, alla fine, sparire al di là delle scale in una
sorta di orizzonte che inghiotte i danzatori e la danza di Shen Wei.
Una danza da cui traspare la "mano" felice del dancemaker cino-americano e la bravura della Shen Wei
Dance Arts nella resa del gesto rarefatto, semplice eppure lirico al ralenti,
nella padronanza di corpi leggeri, pieni di una grazia tipicamente orientale
nellincedere silenzioso e nello sparire come fossero risucchiati dallacqua.
Una dissolvenza che fa venire in mente, questa volta in termini occidentali, quella
con cui Dante nel Paradiso descrive luscita
di scena di Piccarda Donati che «cantando vanio come per acqua cupa cosa
grave».
E se in Near
the terrace a farla di padrona è la "danza
ineffabile" di Shen Wei, in O-11 è la sua "dance painting" minimalista, elegante, nitida, che fa proprio il
concetto di danza come "visual art of motion" di Nikolais e lo concretizza in
una "danza pittura" accompagnata dalla musica e da videoproiezioni.
Creato per festeggiare i due lustri di attività
nella Shen Wei Dance Arts di Sara Procopio e seconda parte di Limited States, lultima creazione della
Shen Wei Dance Arts, O-11 ricorda Connect Transfer, una coreografia del
2004 incentrata sulle potenzialità espressive della dance painting "shenweiana".
©2011 A. Anceschi
Su musica di Daniele Burke, Wei esplora i limiti del
corpo nello spazio costringendo Sara a dibattersi nella "prigione umana" fino
ad arrivare a duplicare e sgranare i suoi gesti nella videoproiezione, facendo
interagire limmagine virtuale dei lei sullo schermo con quella reale sul
proscenio. Un gioco prospettico che culmina nellaction painting quando lartista si dipinge il corpo con macchie di
colori sugli arti e sul busto a seconda del movimento compiuto sul palcoscenico.
Una "danza pittura" esaltata dalla protagonista e
dalle luci di Shen Wei e Matthew F. Lewandoski II, a cui fa eco la "danza
visionaria" di Re-(Part III), una coreografia
su musica di David Lang nata dallesperienza di viaggio di Shen Wei sulla Via
della Seta in Cina. Un modo per recuperare la Cina ieri e scoprire la Cina di
oggi in un pezzo che fonde la danza contemporanea, di ascendenza "cunninghamiana",
elementi dellOpera Cinese, la visual art, i suoni e le immagini registrate
sulla Via della Seta da Wei e la musica David Lang.
Iperdinamico e disteso, Re-(Part III) è una riflessione sulla Cina attuale alla luce del
suo ingombrante passato, allusivamente rappresentato da una "muraglia"
circolare che i danzatori, accarezzati dalle morbide luci di Jennifer Tipton,
tentano invano di superare.
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