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Fratelli d’Italia

di Gianluca Stefani
  Il sogno dei Mille
Data di pubblicazione su web 23/10/2011  

Che nessuno tocchi l’Unità d’Italia. Gli allergici al patriottismo storcano pure il naso: il correttissimo omaggio che Maurizio Scaparro confeziona per i centocinquant’anni tricolori è quello di un bravo cerimoniere che, a ragione e con sapienza scenica, non ha nessuna intenzione di rovinare la festa. Massimo rispetto per un maestro come Scaparro, che ha messo la faccia e il cuore in un originale progetto di grande ambizione, Il teatro italiano nel mondo, di cui questo spettacolo è un capitolo.

 

Il sogno dei mille racconta come fu fatta l’Italia, e di che sangue e di che sogni grondò l’epopea garibaldina, attraverso un testimone d’eccezione: Alexandre Dumas père. A bordo della goletta Emma, armato di penna e di ideali, l’autore dei Tre Moschettieri seguì, è noto, l’avventurosa risalita delle camicie rosse dalla Sicilia a Napoli, appuntando fatti e facce di guerra in un reportage zeppo di giudizi acuti (Les Garibaldiens). A Napoli lo scrittore francese fondò il quotidiano bilingue L’Indipendente e fu nominato, dall’amico Garibaldi, sovrintendente degli scavi di Pompei e direttore delle biblioteche.

 


Giuseppe Pambieri (Alexandre Dumas père)
 

Nello spettacolo di Scaparro, Dumas non è in mare a scrivere il suo diario, ma a Napoli, nel chiuso del proprio studiolo di Palazzo Chiatamone, in comoda vestaglia. È la notte di san Gennaro: il futuro Eroe dei due mondi è appena sbarcato nella città partenopea, il Regno delle due Sicilie è imploso e i napoletani fanno festa con canti e balli. All’improvviso, danzando sulle note del “valzer di Garibaldi”, irrompe nella camera-studio un curioso personaggio in cerca d’autore, il guizzante scugnizzo Angelino. È un povero cristo ingiustamente incarcerato, anzi no, è un soldato borbonico disertore che ha colpito a morte un commilitone che torturava un garibaldino. L’antefatto presenta qualche crepa, ma è il futuro che conta. Dopo aver sollevato al cielo come un feticcio un’impolverata camicia rossa, l’Autore troverà al simpatico personaggio un posto nel suo romanzo proprio nel finale (a sorpresa).

 

La suggestiva messinscena è tutta giocata sulla parola. Stemperato dalle note dal vivo della coppia di musicisti in scena (gli ottimi Cristina Vetrone e Michele Maione) è il serrato dialogo tra Dumas (Giuseppe Pambieri) e Angelino (Vincenzo Nemolato) a tenere banco. Un confronto a due che funziona sui contrasti: l’autorevole romanziere dall’inappuntabile italiano (con sterzate in francese) e il napoletano del popolo dalla lingua lesta e il cuore grande; la prosa liricheggiante dei brani tratti dai Garibaldiens (adattati da Roberto Cavosi) e il vivace racconto di guerra, in prima persona, dell’ex soldato borbonico. Faranno tesoro l’uno dell’altro: il primo attingendo energia dal basso per rinsanguare il suo romanzo; il secondo inquadrando i propri aneliti di libertà nel sogno di una libertà collettiva.

 


Vincenzo Nemolato (Angelino) e Giuseppe Pambieri (Dumas)
 

Tanti e succosi i temi affrontati nello spettacolo: il rapporto arcaico tra la rivoluzione e il potere; le storie inghiottite nella Storia; la mitopoiesi dell’eroe (“Garibaldi è immortale!” proclama Angelino); le contraddizioni intestine all’Italia balbettante di ieri e di oggi, sospesa tra l’aspirazione all’unità geofisica e i particolarismi culturali sintetizzati (semplificati?) dai dialetti. Topica quanto efficace l’idea di identificare l’anima del bel Paese con Napoli, e l’italiano tipo con il napoletanissimo Angelino: poetico e guascone, superstizioso e romantico, millantatore impenitente ma in fondo sincero. Non mancano neppure i riferimenti sarcastici all’attualità (vietato girare coi fucili scarichi a Napoli!), compresa quella di più triste emergenza («Pompei non interessa a nessuno, solo a me», sentenzia un rassegnato Dumas).

 


Vincenzo Nemolato e Giuseppe Pambieri
in un momento dello spettacolo

 

La regia opta per un efficace teatro teatrale: una messinscena con oggetti di stampo “naturalistico” disposti in ordinato sapiente disordine; gags affidate, il che non stupisce, alla irresistibile comicità della maschera napoletana (Scaparro aveva già lavorato – come è noto – su Pulcinella); atmosfera d’ambiente affidata alla musica.

 

Proprio le note musicali chiudono lo spettacolo. Un apprezzato fuori programma, un vero e proprio colpo d’ala della regia: dico il “valzer di Garibaldi” (bissato) e i pezzi risorgimentali nobilitati dalla voce rupestre della Vetrone. Inni nell’inno: quello garbato, personalissimo, di Maurizio Scaparro all’Italia. Liberi, poi, di non metterci la mano sul petto.

 

Il sogno dei Mille
cast cast & credits
 
 
Il Sogno dei Mille, spettacolo inaugurale della stagione di prosa 2011/2012 del Teatro della Pergola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Vincenzo Nemolato e Giuseppe Pambieri in un momento dello spettacolo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 



I due musicisti in scena Cristina Vetrone e Michele Maione


 

 
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