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Vespetti

di Roberto Fedi
  Eddie Constantine in "Alphaville" (Jean-Luc Godard, 1965)
Data di pubblicazione su web 09/12/2003  
Bruno Vespa pubblica un libro ogni sei mesi. Accidenti! diranno i nostri lettori più distratti (ma ce ne sono? ne dubitiamo). In realtà la cosa è ben poco stupefacente: visti i libri che scrive, del genere 'chiacchiere-a-ruota-libera', potrebbe scriverne uno anche ogni quindici giorni. E forse lo farebbe, se non avesse troppi impegni a Rai Uno.

Fin qui, poco male. C'è chi va a pescare, chi alla partita, chi colleziona francobolli: lui scrive libri. Si tratta di quei libri - permetteteci ogni tanto una definizione da addetti ai lavori - che richiedono, per essere fatti, esattamente il tempo materiale che ci vuole per digitarli sul computer. Ci si mette alla tastiera, e si scrive. Scrittura automatica: se la definizione non fosse troppo nobile.

Ma, ripetiamo, non si avrebbe su questo nulla in contrario, perché ognuno si diverte come vuole, e come può. Il fatto è che poi, i libri, non sono come i quadri dei pittori della domenica, che la famiglia è costretta a vederseli appesi in ogni centimetro libero di parete. I libri mica si possono mettere, a centinaia e tutti uguali, nei ripiani della libreria del salotto. I libri vanno venduti.

Eccoci allora al punto. Come si fa a vendere un libro, soprattutto in Italia dove si legge poco o nulla? Eppure, essendo un investimento, anche questo deve fruttare. E quindi bisogna pubblicizzarlo, come ogni prodotto. E la pubblicità costa un occhio.

C'è però una pubblicità che non costa nulla, anzi che è - direbbero in Tv - 'a gratis'. Si cerca di portare il libro in televisione, in un programma di grande ascolto. È per questo che, in tutti i talk show che inondano lo schermo, è facile vedere signore e signore distintamente seduti e ciarlieri, con un libro in mano. Si intervista l'autore e così si fa vedere il libro, presentato sempre come un capolavoro, un testo essenziale, un 'coso' che se non lo leggete non potere considerarvi gente decente. Secondo noi è - quasi sempre - pubblicità ingannevole, su cui dovrebbe intervenire qualcuno.

Ovviamente, per avere qualche minuto in una di queste trasmissioni c'è chi farebbe a cazzotti. Invece c'è qualcuno che ci arriva come una colomba: e ci sta delle mezz'ore, senza che nessuno osi interromperlo con la fatidica frase "mi scusi, ancora un minutino solo… abbiamo il tempo contato… ci dicono di stringere" e simili imbarazzi da logorrea.

È costui Bruno Vespa, di cui in altre e simili occasioni ci siamo occupati (Vespuzza, Bruno Venier). Che ha scritto un nuovo libro: visto che di solito così si chiamano le pagine stampate e rilegate, con una copertina, un titolo, un autore e un editore. Che non citiamo, perché a noi la pubblicità (ingannevole) non piace. Ma che da vari giorni invade gli schermi, appunto per farsi pubblicità, gratis e a spese della Rai. È stato anche al Processo di Biscardi, tanto per dire, dove non disdiceva affatto.

Ma a noi interessa, qui, l'Azienda pubblica. Di cui Vespa è uno dei dipendenti - non sappiamo con quale contratto. Azienda che pubblicizza il libro di un suo dipendente-giornalista, gratis (se non lo fosse, chiediamo venia: ma vogliamo vedere il contratto). Vespa si è così materializzato da Giletti, il 3 dicembre, a Casa Raiuno, verso le 15. Accolto come se fosse arrivato Omero.

Ha straparlato del suo ultimo libro (vedi sopra). Lo ha consigliato a tutti, e ha suggerito anche di regalarlo. Le signore del pubblico gli hanno fatto domande profonde, a cui il Vespetti (pardon: il Vespa da Giletti) ha pensosamente risposto: del tipo "quali sono le squadre di calcio di destra, di centro e di sinistra?". Ha anche detto una profonda e inaspettata verità, da vero studioso del nostro tempo: e che cioè Berlusconi è amato dai sostenitori e detestato dagli avversari. E che, per questo, si dispiace molto. Siamo rimasti senza parole. Non ci avevamo mai pensato, davvero. I libri servono, c'è poco da fare. E voi, potreste farne a meno?


Casa Raiuno

cast cast & credits
 


Jean Pierre Léaud e Anne Wiazemsky in La chinoise (Jean-Luc Godard, 1967)
 
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