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Una vita semplice

di Elisa Uffreduzzi
  Tao jie (A Simple Life)
Data di pubblicazione su web 07/09/2011  

La “vita semplice” celebrata dal titolo è quella di Chung Chun-Tao (Deanie Yip), Ah Tao per gli amici: un’intera esistenza al servizio della famiglia Leung, che ha fedelmente accudito per quattro generazioni. Dopo sessant’anni di onesto lavoro, la donna subisce un primo infarto: un chiaro segno del fatto che è arrivato il momento di andare in pensione. Sarà Roger (Andy Lau), l’uomo di cui si è occupata sin da quando era in fasce, ad accompagnarla nel delicato percorso di congedo dalla vita, non solo lavorativa.

Tratto da una storia vera, quella del rapporto “filiale” tra il produttore Roger Lee – presente anche al Festival insieme ai tre interpreti principali e alla regista Ann Hui – e  la sua donna di servizio, il film è un’emozionante tranche de vie che scorre sullo sfondo della Hong Kong di oggi. Senza l’ansia di sorprendere il pubblico ad ogni costo, Tao jie appassiona per la verità delle immagini e dei sentimenti che mette in campo: lascia all’inquadratura il tempo e lo spazio necessari a rivelarci i semplici gesti quotidiani di Ah Tao, presa dalle faccende domestiche; ma anche quelli di Roger, intento a ricambiare le amorevoli cure della sua “madrina” - così la definisce - nel momento del bisogno.




L’attenzione alla realtà più minuta e ai sentimenti più intimi, l’amore filiale, i temi della vecchiaia e della malattia affrontati con insolito tatto conferiscono lo spessore di un film d’autore a una pellicola che vanta un cast stellare (molti attori di richiamo del cinema di Hong Kong recitano in piccoli cammei; oltre a Deanie Yip, Andy Lau e Hailu Qin, quest’ultima nel ruolo del supervisore della casa di cura per anziani). Gli attori incantano per la segreta maestria con cui interpretano i loro ruoli rifuggendo da manierismi e ridondanze, supportati da una sceneggiatura colloquiale e lirica. Aumenta il grado di verità sullo schermo anche la commistione di attori professionisti e non (si pensi agli anziani dell’ospizio che interpretano se stessi).




Ann Hui rischia con un film narrativo che trascende in parte questa definizione: segue passo dopo passo ogni singolo gesto di Ah Tao, si sofferma sui volti dei protagonisti che si esprimono con una naturalezza e una misura autentiche, muovendosi all’interno di un racconto poco classico. Manca infatti la costruzione canonica della storia. La malattia, la vecchiaia e la morte vengono mostrate con la naturalezza e la verità di un’esistenza qualunque. Biografismo e mise en abîme s’intrecciano grazie alla messa in scena della vicenda personale del vero produttore: Ann Hui si conferma una della autrici più interessanti del cinema di Hong Kong, capace di affrontare i temi più svariati, dall’impegno politico-sociale (si pensi alla “trilogia vietnamita”) alla trasposizione di romanzi e a felici racconti di misura più intima, come questo.



Tao jie (A Simple Life)
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