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Com'era fredda la guerra fredda

di Luigi Nepi
  Tinker, Tailor, Soldier, Spy
Data di pubblicazione su web 06/09/2011  

Tomas Alfredson, partendo dall’omonimo libro scritto nel 1974 da John Le Carré (qui anche nelle vesti di produttore), rispolvera una classica spy-story degli anni ’70 (con tanto di cortina di ferro e comunisti cattivi), già oggetto, nel lontano 1979, di una serie televisiva. La storia è quanto di più canonico si possa trovare in film come questo: George Smiley, un vecchio dirigente del servizio segreto britannico salvificamente pensionato dal suo capo dimissionario (un sempre carismatico John Hurt), viene richiamato in servizio dal governo per scoprire chi, tra i suoi ex-colleghi, stia facendo il doppio gioco, fornendo informazioni all’Unione Sovietica. Chiaramente niente è come sembra, anzi, a dire la verità, tutti i membri del direttivo dei servizi segreti britannici appaiono subito cattivi e pronti a sbranarsi l’uno con l’altro (tranne Smiley, ovviamente). Il racconto si sviluppa nel modo fin troppo consueto con tanto di finale risolutore che sembra rimettere a posto le cose, e per fortuna che Alfredson inserisce alcuni salti temporali, che confondono un po’ le cose, altrimenti sarebbe fin troppo semplice ed epidermico individuare la talpa.

 




 

Per Tinker,Tailor, Soldier, Spy valgono le stesse considerazioni che possono essere fatte per Contagion di Steven Soderbergh, come il regista americano fa con i disaster movie, così Alfredson si diverte a decostruire il genere spionistico alla 007, traducendolo nel suo esatto contrario, fin dall’incipit dove una missione (nel caso fallita) precede i titoli di testa. Spariscono quindi le belle donne (tranne l’immancabile ragazza russa in difficoltà), le scene d’azione e i personaggi carismatici, il protagonista è una specie di anziano nerd con enormi occhiali di tartaruga, con l’aplomb e la vitalità fisica di un tipico maggiordomo inglese, gli uffici dei servizi segreti del Regno Unito sono riportati ad una grigia realtà burocratica, così come burocrati sono i responsabili dei vari uffici, pronti ad approfittare di ogni minima occasione pur di fare carriera, molto più fedeli a sé stessi che a Sua Maestà. Alfredson (che ha fatto parte del gruppo comico svedese Killinggänget), tratteggia con grande ironia la vita tutt’altro che avventurosa ed esaltante di questi impiegati che si ritrovano in squallide feste aziendali con i festoni di carta alla pareti, a cantare tutti insieme l’Internazionale, davanti ad un Babbo Natale con la maschera da Lenin, ma i meriti del regista si esauriscono qui e Alfredson finisce per confezionare un film fin troppo corretto (erano anni che non si vedevano i panorami-cartolina delle varie città in cui si sposta l’azione), lasciando agli attori l’onere di risollevarne le sorti.

 




 

La vera forza del film, infatti, è proprio nell’interpretazione straordinariamente pacata che Gary Oldman offre nel ruolo del protagonista, privo praticamente di trucco si invecchia credibilmente di oltre dieci anni, dando vita ad un perfetto antidoto alla fin troppo virile fisicità dell’ultimo 007; tutto ciò lo fa risultare migliore perfino del fresco premio Oscar Colin Firth, che veste i panni di un imbolsito James Bond da dopolavoro, che seduce le mogli dei colleghi alle feste aziendali.

Insomma Tinker,Tailor, Soldier, Spy è un’operazione nostalgia ben riuscita, che ci riporta a quel tempo lontanissimo in cui c’erano i telefoni di bachelite, le macchine da scrivere, si inviavano i crittogrammi ed era chiaro dove stavano i buoni e dove i cattivi, che però, usciti dalla sala, si lascia dimenticare fin troppo facilmente.

Tinker, Tailor, Soldier, Spy
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