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Sinfonia d'autore

di Sara Mamone
  Carnage
Data di pubblicazione su web 01/09/2011  

 

C’è poco da dire sul nuovo film di Roman Polanski, Carnage, co-sceneggiato con Jasmina Reza, autrice della pièce teatrale Le dieu du carnage, grande successo della scena francese e base per questi 70 minuti di puro piacere cinematografico. C’è poco da dire se non che il regista ha colpito ancora: perfetto per ritmo, per direzione degli attori, per nitore di inquadrature, per il dono supremo di rendere con puro linguaggio visivo i combattimenti di un “a porte chiuse” di teatralissima e tradizionalissima unità di luogo. Solo due esterni inquadrano la vicenda che si svolge tutta tra le mura di una casa middle class newyorkese. Ma anche questi esterni non entrano nella vicenda assolvendo anzi alla ancor più classica funzione del prologo e dell’epilogo. Nel prologo due ragazzetti undicenni si spintonano in un parco e uno dei due colpisce l’altro con un bastone. Tutto qui. E tutto potrebbe finire con naturale buonsenso o con un acceso e anch’esso tradizionale rimbalzo di responsabilità tra ragazzi e genitori. Se non fosse che i due contendenti sono dotati di famiglie politicamente corrette, anzi correttissime. E così i genitori del soccombente invitano a casa quelli del “bullo” per un’amichevolissima conciliazione.

 

 

Sappiamo dai tempi di Chi ha paura di Virginia Woolf quali massacri possano compiere due coppie borghesi a cena e quindi non ci sorprendiamo che a poco a poco vengano fuori miserie, rancori, meschinità. Quello che sorprende, e incanta, è il modo in cui la miseria umana vien fuori: lieve, ondosa, a tratti burrascosa per poi placarsi come in un musicalissimo quartetto. Come in un quartetto magistrale infatti eseguono la loro partitura i quattro sublimi interpreti, ora componendo ora scomponendo le formazioni, a creare momentanee alleanze, subito sciolte e diversamente ricomposte, celebranti di una irreparabile distanza sociale (la prima coppia è costituita da un marito dall’apparenza bonaria e conciliante, compiaciuto dei meriti culinari ma ancor più dall’elevato impegno della moglie verso i reietti del Darfur, la seconda upper class con marito avvocato di rango e moglie consulente finanziaria) ma anche di una sostanziale, altrettanto irreparabile diversità di sesso. In certi momenti una rancorosa solidarietà femminile pare mettere in ombra le diversità di opinioni ma poi tutto si rimescola in un infinito caleidoscopio di differenze: forse solo l’alcool, vissuto però più come complicità che come vizio può costituire ad un certo momento un contatto più sincero.

 


 

Come era prevedibile non si aggiusta nulla e alla fine ognuno riconosce in quella appena trascorsa la peggiore giornata della propria vita. I matrimoni sono sull’orlo del disfacimento ma il demiurgo per questa volta più che denunciare osserva, con pacata ironica saggezza: certo molte colpe sociali sono in evidenza e, ben lo sappiamo, nessuno è innocente. E nessun matrimonio è perfetto. Ognuno si arrangia come può, si aggrappa ai suoi feticci (l’elargizione di buoni sentimenti o un cellulare che scandisce il ritmo della vita) e tira avanti. L’epilogo (destinato ad essere ingoiato dall’occultamento dei titoli di coda che nessuno, nemmeno ai festival vede e permette di vedere) riporta i ragazzi alla scena dell’inizio, però riconciliati. E che il “cattivo ragazzo” porti il nome di Polanski ci pare la garbata conferma di un sorridente distacco. Degli interpreti si è già accennato: un godimento continuo, non si può preferire l’uno senza far torto all’altro: Kate Winslet, Jodie Foster, Cristoph Waltz, John C. Reilly non sono entità autonome, sono, si è già detto, le voci di un sublime quartetto. Da premiare in blocco. Correre a vedere il film, appena in sala.



Carnage
cast cast & credits
 






 
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