drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Imperialismo d’altri tempi?

di Giovanni Fornaro
  Aureliano in Palmira
Data di pubblicazione su web 03/08/2011  

Un Rossini un po’ “händeliano”, al Festival della Valle d’Itria 2011, come se un ponte ideale fosse stato gettato dal direttore artistico Alberto Triola fra l’ultima opera in cartellone lo scorso anno e la prima della nuova edizione. In primis, per il recupero filologico della voce per castrato, all’epoca interpretato dal famoso Velluti, per questa opera d’apertura Aureliano in Palmira di Felice Romani e Gioacchino Rossini: si intende, con la presenza succedanea (per la prima volta in tempi moderni) ed entusiasmante di un contraltista come l’argentino Franco Fagioli, da poco premiato dall’Abbiati proprio per la notevole prestazione nella Rodelinda, regina de’ longobardi di Händel - ecco di nuovo il genio di Halle - a Martina Franca l’anno scorso.

Ulteriore rimando alla recente prassi esecutiva dei melodrammi händeliani si ritrova qui nella messa in scena del giovane regista anglosassone Timothy Nelson il quale, mutuando l’idea da non poche produzioni recenti di opere del compositore tedesco (vedi ad es. Giulio Cesare in Egitto a Glyndebourne, 2005), trasferisce il plot dall’antico medioriente romano alla Siria dei primi del Novecento: tanto, sempre di imperialismo si tratta, non più di Aureliano verso i popoli di Palmira e Persia ma di inglesi e francesi contro gli arabi di re Faysal I. Da qui, l’utilizzo di costumi moderni (curati da Michelle Cantwell): soldati in kilt e con mitra in mano, l’imperatore in giacca e cravatta, ma anche fez e turbanti islameggianti.


Una scena

“La coscienza del potere” è il tema del Festival 2011 e la relativa questione etica Aureliano se la pone solo alla fine dell’opera, quando lascia liberi di amarsi Zenobia, regina di Palmira, e Arsace, principe di Persia, ma non affrancati i loro popoli, ormai sotto il giogo romano. Sebbene l’imperatore mostri, per due atti e quasi tre ore di musica, intenzioni più che seduttive verso la bella regina, l’andamento narrativo non lascia mai dubbi sulla conclusione e questo “appesantisce” il palco, complice anche la staticità nella quale Nelson pone gli elementi del coro, peraltro collocato dal compositore in posizione assolutamente centrale, sia dal punto di vista drammaturgico che, ancor più, musicale.

Bella, davvero, la musica che il giovane Rossini ha imbastito per Aureliano in Palmira: piatto forte della serata, al festival, con la sorpresa iniziale di ritrovarsi tutti ad ascoltare (alcuni anche a canticchiare!) l’ouverture che poi sarà ricollocata nel Barbiere di Siviglia, il Coro Slovacco di Bratislava, ben preparato da Pavol Procházka (una presenza storica a Martina Franca), a deliziare per tutta la durata dello spettacolo, come dicevo.

Siamo nel 1813, Rossini è un giovane ma già notissimo maestro, che presta altissima nota alle voci e al belcanto ma nella sua partitura, oltre a superare le rigide divisioni fra opera buffa e seria - Aureliano si colloca, anche musicalmente, tra le buffe L’Italiana in Algeri e Il Turco in Italia e segue la seria Tancredi - già si prefigurano elementi che saranno propri del nuovo secolo musicale, con Donizetti e Verdi che incombono con nuove soluzioni armoniche e melodiche.


Una scena

In questo non facile coacervo tra vecchio e nuovo, il direttore Giacomo Sagripanti ha saputo dirigere con attenzione l’Orchestra Internazionale d’Italia, dove si sono fatti notare anche alcuni solisti, in particolare Marius Sima al violino e Luca Stocco all’oboe, nonché Daniela Pellegrino al bel fortepiano d’epoca, appartenente a una notevole collezione privata pugliese.

Punto delicato, vista la nota attenzione di Rossini al canto, le voci hanno saputo adempiere con efficacia al loro compito, in particolare i tre protagonisti: il soprano venezuelano Maria Aleida (Zenobia), molto brava dopo alcune incertezze iniziali, il giovane tenore Bogdan Mihai, dal bel timbro chiaro e forte (Aureliano) e il già citato contraltista Franco Fagioli, ormai una sicurezza per questi ruoli “difficili”. Bravi anche gli altri: Asude Karayavuz (Publia), Mert Süngu (Oraspe), Masashi Mori (Licinio), Luca Tittoto (gran sacerdote).

Fra le belle scene di rovine di Palmira (riprodotte pari pari dal sito archeologico e realizzate da Tiziano Santi), oltre ad aggirarsi ironicamente dei (finti) turisti in pantaloncini e macchine fotografiche nel tempo che precedeva l’inizio dello spettacolo, si muoveva una figura fantasmatica, elegante, muta, spesso dolente, forse una possibile chiave interpretativa della vicenda: la bravissima ballerina e didatta Louise Frank, alias Zenobia da vecchia, che sembrava come rivivere in età matura, ma con tutt’altro spirito, le emozioni e i sentimenti che quell’avventura le aveva fornito molti anni prima.

Conclusione d’opera affidata alla veloce aria finale Copra un eterno oblio e, a chiarire l’intento registico, a proiezioni di immagini di contestazioni e manifestazioni in area mediorientale, con tanto di bandiere siriane e striscioni di protesta. Mutatis mutandis.

 

Aureliano in Palmira



cast cast & credits



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013