Gianni e le donne sembra un po il secondo capitolo de Il pranzo di ferragosto (riuscito e pluri-premiato film desordio alla regia di Gianni Di Gregorio). Allindomani di quel ferragosto cè unaltra stanca estate del solito Gianni (interpretato anche in questo caso da Di Gregorio). Lo ritroviamo alle prese con lanziana e viziata madre (la stessa meravigliosa Valeria De Franciscis, che sembra uscita da un film di Fellini) e con lo stesso amico Alfonso, al quale non sa dire di no. Anche Gianni è il solito: garbato, gentile, annoiato, eccessivamente servizievole... tutti se ne approfittano e anche stavolta lo sorprendiamo invischiato in impegni che non vorrebbe: ora i pretestuosi malori della madre, ora le commissioni che la moglie impartisce a lui che “tanto non ha niente da fare”, visto che è già in pensione. Analogamente, nel precedente film, doveva farsi carico suo malgrado delle anziane commensali del suo ferragosto.
Di Gregorio ripropone lo stesso microcosmo tagliato su misura – la sua – che avevamo trovato attorno alla tavola del pranzo di ferragosto. In questo piccolo universo dai capelli bianchi (o tinti!), cè Gianni che cerca di inventarsi un nuovo ruolo sociale; cè lallegra combriccola della madre con le sue compagne di poker che lo comandano a bacchetta e gli prosciugano leredità; lamico Alfonso col pallino dellamante giovane; gli amici del bar; una moglie dispotica e distratta; la vicina di casa giovane e avvenente... e poi ancora lattraente badante della madre; gli amori giovanili e il giovane amore della sua svagata figlia con il quasi-ex fidanzato Michelangelo. Ma lui, Gianni, cosa vuole veramente, cosa sogna? Sarà il finale a svelarlo, in una sequenza onirica che gli renderà finalmente giustizia.
Garbata e malinconica, la commedia di Di Gregorio fa riflettere sullo spinoso tema della condizione degli anziani e il loro rapporto con la famiglia. Ha il pregio di farlo senza pesantezza, sebbene con una certa lentezza.
Le svogliate peregrinazioni del protagonista per una Roma oppressa dalla calura estiva, come già nellopera precedente, ricordano la concezione zavattiniana del pedinamento della realtà e del personaggio: la macchina da presa segue, precede, gira intorno a Gianni accompagnandolo nei suoi gesti quotidiani; dalla spesa alle visite a casa della madre e alle passeggiate col cagnolino che ricordano Umberto D.
La regia trova lo spazio per “perdere tempo” e indugiare su particolari inutili che condensano in pochi fotogrammi lepopea del quotidiano. Allo stesso modo i dialoghi tuttaltro che serrati, esitano, riflettono, aspettano… si prendono il loro tempo.
Per le musiche il regista si affida anche stavolta alla coppia Ratchev & Carratello che già aveva accompagnato il precedente film: il marchio di fabbrica è riconoscibile nelle melodie giocose e nella varietà strumentale, dalla fisarmonica al violino, dagli accenti popolari a quelli più pop.
La seconda prova registica di Di Gregorio convince ma non entusiasma rispetto allopera prima. Quanto a lungo potrà funzionare una formula narrativa dallorizzonte così circoscritto?
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