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La sottile linea celeste

di Francesca Valeriani
  Hereafter
Data di pubblicazione su web 14/01/2011  

Con lo straordinario Hereafter, l’ormai ottantenne Clint Eastwood affronta con coraggio un tema insidioso e metafisico come quello della vita dopo la morte, confermando ancora una volta l’unicità e la profondità del suo sguardo. Questa non è la prima incursione del regista americano nel mondo del paranormale: ben quattordici anni fa, in Mezzanotte nel giardino del Bene e del Male Eastwood aveva dato voce e corpo al personaggio di Minerva, una veggente che praticava i suoi riti esoterici nel cimitero di Savannah, città situata nel Sud degli Stati Uniti, teatro della controversa vicenda giudiziaria raccontata nell’omonimo romanzo di John Berendt. In quel film Eastwood trasformava lo scetticismo del protagonista John Kelso (John Cusack) in affascinato coinvolgimento, esaltando l’atmosfera misteriosa e affabulatoria del soggetto. Qui invece i personaggi sono caratterizzati dall’irresistibile desiderio di comprendere che cosa li aspetta dopo la morte, lasciando così emergere un’autentica dimensione melodrammatica.

A risultare ancor più radicata nella poetica dell’autore è l’ossessiva riflessione sull’ineluttabilità della morte. Dopo trent’anni di cinema dominato dal lutto, con questo nuovo capitolo il regista compie un inaspettato passo in avanti, realizzando un film sul dialogo tra vivi e defunti. Dopo le morti di Debito di sangue (2002), Mystic River (2003), Million Dollar Baby (2004), Flags of Our Fathers (2006), Letters from Iwo Jima (2006), Changeling (2008) e Gran Torino (2008), Eastwood ci accompagna nell’universo segreto dove sono confluiti tutti gli eroi e gli antieroi delle sue opere, vittime più o meno innocenti di un panorama che in origine riguardava principalmente l’America, ma che anno dopo anno sta diventando sempre più universale.

 
 


Bryce Dallas Howard in una scena del film

 

La sceneggiatura di Peter Morgan (L’ultimo re di Scozia, The Queen, Frost/Nixon) prevede lo sviluppo di tre storie parallele, unite da esperienze di morte dirette e indirette, che sono destinate a convergere in un finale criticato per il suo ottimismo. La vicenda prende avvio con Marie Lelay (Cécile De France), giornalista di un’emittente francese in vacanza in Indonesia con l’amante e collega Didier. Colpita dalla violenza dello tsunami (che nel 2004 ha devastato il Sud-est asiatico), la donna rimane per qualche istante in bilico tra la vita e la morte. Una simile esperienza le provoca la visione di un luogo ultraterreno, abitato da figure eteree, che si ripresenta nella sua mente anche dopo il ritorno a Parigi. Ripreso il lavoro, Marie rimane segnata dal tragico evento che finisce per stravolgere la sua esistenza, mettendo in crisi la sua relazione sentimentale e la carriera giornalistica. A San Francisco, l’ex sensitivo George Lonegan (Matt Damon) cerca invano di rifarsi una vita lavorando come operaio e rifiutando le continue e insistenti richieste da parte del fratello di sfruttare economicamente il suo grande dono, acquisito dopo una pericolosa operazione chirurgica al cervello. George, appassionato lettore di Charles Dickens, considera la sua straordinaria dote come una condanna, che gli impedisce di alimentare un qualsiasi rapporto personale, in quanto ogni contatto fisico con un essere umano determina un improvviso e incontrollabile collegamento con il mondo dei morti. A Londra, Jason e Markus (George e Fankie McLaren), inseparabili gemelli preadolescenti, sono costretti a fare i conti con una madre drogata e alcolizzata. Jason, il maggiore dei due, muore in seguito a un tragico incidente, lasciando l’inconsolabile Markus in balia degli assistenti sociali. Il ragazzino non si rassegna all’idea di aver perso il suo unico affetto; tenta di mettersi in contatto con il gemello, incappando in ciarlatani senza scrupoli. Marie indaga in termini scientifici sull’esistenza di un aldilà e supera il trauma vissuto attraverso il processo di scrittura: pubblica un romanzo intitolato Hereafter, e partecipa alla fiera del libro di Londra, dove anche George si reca per visitare la casa-museo dell’amato Dickens. Ognuno di loro, grazie all’incontro con l’altro, riesce a voltare pagina, trovando un equilibrio finora sconosciuto.

 
 


Cécile De France e Matt Damon


 I tre protagonisti provano sulla loro pelle come vivere un’esperienza di morte significhi anche conoscere la solitudine. Emarginati da chi regola la propria esistenza con cinica razionalità (come l’ex compagno e collega di Marie, o il fratello di George), gli eroi di Eastwood sono creature aliene al mondo circostante. Le capacità di George, uniche ma allo stesso tempo gravose, sono il frutto di una conoscenza empirica, perché derivano da un’esperienza passata e da un contatto che avviene attraverso i sensi. A questo proposito appare straordinario e carico di significato il primo incontro tra la giornalista e il sensitivo: Cécile De France e Matt Damon si guardano negli occhi e si tendono la mano. Stabilito il primo contatto, George vive il dramma della donna attraverso un’immagine mentale e comprende di aver trovato un essere umano a lui speculare. Eastwood ripropone allo spettatore le sue più antiche e peculiari riflessioni: il rapporto conflittuale con la religione, lo scontro tra genitori e figli, la prova di carattere a cui il protagonista è sottoposto. Mostra un punto di vista laico, che ha il solo scopo di porre delle domande, senza cedere alla tentazione di fornire delle risposte. Damon e la De France riescono a far emergere i sentimenti più nascosti nell’animo dei rispettivi personaggi, come il disorientamento, la malinconia e l’inadeguatezza, senza trascurare l’importanza che assume la fisicità nel loro incontro.

Pienamente a suo agio con il fidato cast tecnico, composto dal direttore della fotografia Tom Stern, dallo scenografo James J. Murakami e dai montatori Gary Roach e Joel Cox, Eastwood alterna straordinarie sequenze d’azione cariche di suspense (il devastante maremoto e l’attentato alla rete metropolitana di Londra del 2005) con intimi e strazianti dialoghi. Con l’aiuto della computer grafica, il regista realizza immagini di spielberghiana memoria (Steven Spielberg è accreditato come produttore esecutivo), caratterizzate dalla fusione del bianco e nero con l’azzurro: il colore del cielo, dell’oceano indonesiano e degli occhi dei tre protagonisti si fa simbolo di purezza e autenticità. L’aldilà eastwoodiano è separato dal mondo da una sottile linea celeste.

 

Hereafter
cast cast & credits
 






 
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