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Fiction a caso

di Roberto Fedi
  Eroi per caso
Data di pubblicazione su web 11/01/2011  

Nel 1959, approssimandosi il primo centenario dell’Unità, Mario Monicelli girò La grande guerra, capolavoro assoluto della cinematografia del secondo Novecento, Leone  d’Oro a Venezia e nomination per l’Oscar come migliore film straniero. Altri tempi, altri registi, e altri attori: indimenticabili Gassman e Sordi, e poi la Mangano, e poi una serie di grandi interpreti fra cui Romolo Valli, Folco Lulli, Bernard Blier, fino a Tiberio Murgia.

 

Oggi, 2011, approssimandosi (anzi, già ci siamo) il centocinquantenario della solita Unità di Monicelli, Rai Fiction produce, e Alberto Sironi (quello di Montalbano) dirige, Eroi per caso, con Flavio Insinna e Neri Marcorè, e una muta Ambra Angiolini (nel senso che nel film televisivo è muta davvero, per fortuna). Se qualcuno volesse capire, con un’immagine o una serie di immagini, la differenza che passa fra mezzo secolo fa e oggi, almeno cinematograficamente, se la guardi (lunedì 10 gennaio prima parte, martedì 11 gennaio la seconda, Rai Uno prima serata). Ma poi non dica che ve l’avevamo consigliato noi, per piacere.

 

Le due puntate (noi abbiamo visto la prima, e c’è bastato) sono una imbarazzante, per gli autori, replica di alcuni momenti topici del film di Monicelli, più qualche altro recupero casuale di grandi film sullo stesso argomento: ad esempio, è stridente e sciocca la citazione della decimazione (là avvenuta, qui solo tentata perché in prima serata queste cose su Rai Uno non si possono far vedere), tratta da Orizzonti di gloria (Path of Glory) di Stanley Kubrick, 1957, con Kirk Douglas. Oppure sono caricaturali le imitazioni (non si possono che chiamare così) degli ufficiali sciocchi e però arroganti, che arrivano direttamente da Uomini contro di Francesco Rosi, 1970, tratto com’è noto dal romanzo autobiografico Un anno sull’altipiano di Emilio Lussu, con anche la partecipazione di un ‘pacifista’ Gian Maria Volontè.

 

È una specie di harakiri. Perché lo spettatore non troppo lobotomizzato, insomma uno che si ricorda qualcosa, non può fare a meno di operare se non confronti, per lo meno qualche scatto memoriale. E allora è il disastro. Qui la coppia, perché naturalmente di questo trattasi almeno come linea narrativa, non è più quella del romano e pusillanime Sordi e del ‘nordico’ e spaccone Gassman, alla fine amaramente e drammaticamente costretti a fare gli eroi, gente comune di fronte a cose più grandi di loro. Qui siamo alla caricatura: di Flavio Insinna, che ‘fa’  poveretto lui il Sordi, e di Neri Marcorè, che ci dispiace vedere qui in una cosetta che recita al minimo sindacale, che interpreta un cappellano di guerra, ovviamente pacifista e falso lettore (per salvare incredibilmente dei soldati dalla decimazione) di una lettera apostolica del papa: che ne scrisse veramente una, Ad Beatissimi Apostolorum, proprio per impetrare la pace (1 novembre 1914).

L’ambientazione è di maniera,  come in ogni Fiction Rai: quindi improbabile ed edulcorata. Il pieno sole va bene per Montalbano e la sua Sicilia, un po’ meno per le trincee del 1917. I paesi sul fronte sembrano usciti dalla pubblicità del Mulino Bianco. Le divise dei poveracci da due anni in guerra sono nuove come appena uscite non dalla rozza sartoria militare ma da una griffe. La lingua è dialettale e romanesca in Insinna (che sa parlare solo con l’accento de Roma, ce pare), e vagamente toscaneggiante in Marcorè, tanto per dare un’impressione della prima vera guerra nazionale e di popolo (una bella differenza dalla babele di Monicelli, che era un tratto stilistico forte).

 

Tutto è improbabile: il fuggiasco che viene arrestato e condannato alla fucilazione per diserzione, episodio da cui inizia la storia, non viene giustiziato perché il prete per salvargli la vita si rifiuta di confessarlo, ed è spedito con un soldato pseudo-fotografo (mai visto un fotografo più imbranato: ma non è un tratto voluto) e lo stesso prete in trincea. Figuriamoci. Nel 1968 Enzo Forcella e Alberto Monticone curarono un bel libro, Plotone di esecuzione. I processi della prima guerra mondiale (Laterza, seconda ed. 2008), che gli autori avrebbero potuto sfogliare, così almeno per curiosità. E le trincee sono così curate, linde e perfette da pensare che, in fondo, non ci si doveva stare neanche tanto male. Per non parlare dell’episodio della sortita per minare i reticolati, vero e proprio rifacimento di Monicelli, che qui diviene quasi una sceneggiata da cinepanettoni.

 

Ci si chiede: invece di fare fiction a caso come Eroi per caso, non sarebbe meglio che la Rai e lo Stato spendessero quei soldi per qualche iniziativa decente, per esempio nelle scuole? Qui, siamo vicini a qualcosa di molto simile a un reality bellico: che sembra l’unica cosa, il reality (parola già di per sé idiota e detestabile) che la Tv è ormai capace di fare in questa sua deriva ormai senza freni e ogni giorno sempre più insopportabile.




 
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