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Una bella storia

di Roberto Fedi
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Data di pubblicazione su web 30/06/2003  
Secondo noi ci vuole un po' di coraggio a mandare in onda in prima serata ben due ore e mezzo di una trasmissione storica. Senza fanciulle in mutande né presentatori esibizionisti, vogliamo dire. Senza giochini e telefonate in diretta. Ma, d'altra parte, che dovrebbe fare una Tv pubblica se non, anche, un servizio pubblico? E, all'interno di questo, anche il riproporre in modo narrativamente spettacolare ma rigoroso alcuni grandi episodi o temi della storia dovrebbe essere, più che una scelta, un dovere.

Il fatto è che alla Rai, e nel suo mondo spesso rovesciato e schizoide, parole come 'servizio' e 'pubblico' sono da tempo uscite dal vocabolario aziendale (siamo pronti a scommettere il nostro televisore che se chiedete a bruciapelo a un uomo-Rai cos'è grammaticalmente 'pubblico', vi dirà che è un sostantivo: invece, guarda un po', può essere anche un aggettivo). Per questo un programma come La grande storia (Rai Tre, venerdì, ore 20.50) provoca in noi un piacere insolito. Il programma è costituito da monografie. Ogni puntata affronta un argomento su importanti temi o personaggi. Da qui anche il titolo: perché la storia di cui ci si occupa è quella che ha abbracciato grandi eventi, spesso anche nell'arco di molti anni, che hanno caratterizzato in qualche modo i destini, gli usi e i costumi, i comportamenti sociali degli uomini. Il che, se possiamo dirlo, rappresenta anche un salutare ripristino di un'idea del racconto storico come grande testo, e non solo come piccola, qualche volta minima o microscopica ricostruzione di episodi parcellizzati - come in uso in questi ultimi tempi, dalle Annales in poi: grande metodologia, ma che (per esempio nella scuola) rischia di far perdere di vista appunto il generale a tutto vantaggio del particolare. Ma andiamo oltre. La puntata del 27 giugno ad esempio, curata da Roberto Olla, era dedicata a Gli ultimi padrini. Quindi, mafia. Il caso ha voluto che proprio due giorni prima, il 25 giugno, sempre su Rai Tre Carlo Lucarelli nel suo programma Blu notte - Misteri italiani (prima serata anche qui) si occupasse anche lui di mafia, e in particolare della 'mattanza' (così il titolo) che provocò la guerra tra corleonesi e palermitani per il controllo di Cosa Nostra, sfociata in azioni sanguinosissime fino alle stragi di Capaci e di via D'Amelio. Lucarelli con più gusto della suspense, come se raccontasse un giallo, e La grande storia con un'ampia ricostruzione storica e voce narrante, hanno spiegato un periodo cruciale di storia italiana. Personalmente preferiamo quest'ultima. Che ha intessuto un grande e tragico romanzo, con un attento gusto del montaggio e senza nessun personalismo e nessun ricorso a sceneggiature un po' troppo teatrali (questo è il limite di Lucarelli, pur bravo), basandosi su filmati talvolta eccezionali ripresi sia dall'Istituto Luce che da altre fonti: in particolare l'americano, e straordinario, History Channel, che è un modello di servizio pubblico, appunto. Roberto Olla e i vari autori del programma (Luigi Bizzarri, Francesco Cirafici, Nicola Caracciolo, Enzo Cicchino, Rosario Montesanti) riescono a tenere alta l'attenzione per due ore e mezzo, senza espedienti retorici che non siano i casi eccezionali che raccontano, i filmati di prim'ordine, la qualità del commento e della trama narrativa. La storia, evidentemente, si può raccontare, al contrario di quello che si fa a scuola. E si può essere al tempo stesso rigorosi e avvincenti, dando una volta tanto credito al cervello dello spettatore. È questo che differenzia le trasmissioni intelligenti da quelle (la maggioranza) deficienti, per usare un attributo che andò di moda qualche tempo fa. Le prime ci fanno sentire adulti: qualcosa di molto diverso da quel bambino di dodici anni e un po' scemo, che - l'abbiamo detto già un'altra volta - era lo spettatore 'medio' della televisione d'un tempo. E che ora non di rado sembra essersi trasformato, mantenendo la stessa età e lo stesso quoziente intellettivo, anche in un modesto voyeur, con qualche turba adolescenziale e una pertinace tendenza al vizio solitario.

La grande storia

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