drammaturgia.it
Home | Cinema | Teatro | Opera e concerti | Danza | Mostre | Varia | Televisioni | Libri | Riviste
Punto sul vivo | Segnal@zioni | Saggi | Profili-interviste | Link | Contatti
cerca in vai

Il linguaggio universale della violenza

di Francesca Valeriani
  In un mondo migliore
Data di pubblicazione su web 20/12/2010  

Acclamato da pubblico e critica, In un mondo migliore è un film sul sapore amaro della vendetta, come ci informa il titolo originale (Hævnen) scelto dalla regista danese, Susanne Bier. Reduce dal successo riscontrato alla quinta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma, e appena scelto per rappresentare la Danimarca ai prossimi Academy Awards, l’ultimo lavoro della Bier non si discosta dalle scelte formali ed estetiche messe in scena nelle sue precedenti pellicole.

Nonostante la parentesi hollywoodiana di Noi due sconosciuti (Things We Lost in The Fire, 2007), interpretato dai divi Benicio Del Toro e Halle Berry, la Bier mostra ancora i segni tangibili dell’adesione al movimento cinematografico Dogma 95 concepito e fondato dal suo connazionale Lars von Trier. Le numerose zoomate, i dettagli degli occhi e della bocca degli attori, la macchina a mano che segue costantemente i personaggi nello spazio sono solo alcuni esempi di scelte linguistiche adottate già nel ‘lontano’ 2000, anno di realizzazione di Open Hearts, definito dalla stessa Bier un vero e proprio “Dogma-film”. A distanza di ben dieci anni, e raggiunta la fama internazionale grazie a Dopo il matrimonio (2006), la regista rimane ancora legata alle dieci regole promulgate dal Manifesto danese.

 


 


 

In un mondo migliore racconta le drammatiche vicissitudini di due ragazzini, Christian (William Jøhnk Nielsen) ed Elias (Markus Rygaard). Il primo, orfano di madre, lascia Londra per trasferirsi insieme al padre in una cittadina danese situata nell’affascinante regione dell’Oresund. Fin dal primo giorno di scuola, l’introverso Christian instaura una profonda amicizia con il coetaneo Elias, emarginato dai compagni e in lotta con la madre, colpevole di essersi allontanata dal marito, Anton (affascinante e carismatico Mikael Persbrandt), in seguito a un tradimento che la donna non riesce a perdonagli. Nonostante la frequente assenza di Anton, impegnato per lunghi periodi come medico senza frontiere in un campo profughi del Sudan, Elias trova costantemente conforto nella pacatezza e nella dolcezza del padre, prodigo di insegnamenti morali che si traducono di fatto in vere e proprie azioni altruistiche e filantropiche. Dopo esser stato difeso da Christian con inimmaginabile furia dalle continue aggressioni da parte di un bullo, Elias tocca con mano la filosofia di vita del suo compagno: rimanere inerti di fronte alla violenza significa cedere alla vigliaccheria; al contrario, reagire con altrettanta ferocia consente di prevaricare e controllare il prossimo. Per paura di perdere una preziosa amicizia, Elias finisce per cedere ai pericolosi progetti vendicativi di Christian, rischiando perfino la vita.

 


 


 

 

In un primo momento il tentativo di trattare certi argomenti, che spesso rischiano di rendere un’opera retorica o patetica, può apparire coraggioso e meritevole. Tuttavia, la Bier viene penalizzata dalla scelta del soggetto e dal metodo con cui decide di sviluppare la vicenda: il suo sguardo non accompagna né i ragazzini, né gli adulti, e lo spettatore, nonostante la drammaticità degli eventi, non riesce a immedesimarsi fino in fondo nei tormenti interiori dei personaggi. Il finale conciliatore si pone come totale negazione delle premesse introdotte dal film. La vendetta e la violenza che occupano tre quarti della pellicola lasciano frettolosamente il posto a un epilogo allo stesso tempo inverosimile e convenzionale. Il melodramma si compie a metà: la regista e il suo fidato sceneggiatore (Anders Thomas Jensen) inviano al pubblico un ingenuo messaggio di speranza, rischiando così la contraddizione. Lo sforzo di creare un parallelismo tra due mondi così distanti, non solo a livello geografico, come la ricca Danimarca e il povero Sudan risulta l’aspetto più interessante e riuscito del film: la Bier ci ricorda che la violenza è, nostro malgrado, il comun denominatore di tutti i continenti.

 

In un mondo migliore
cast cast & credits
 


La locandina originale



 
Firenze University Press
tel. (+39) 055 2757700 - fax (+39) 055 2757712
Via Cittadella 7 - 50144 Firenze

web:  http://www.fupress.com
email:info@fupress.com
© Firenze University Press 2013