La scacchiera dell'oblìo
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Contemporaneità e passato, grottesco e farsesco, ilarità e malinconia si combinano e si scindono sulla scena. Lavia ‘tradisce' il classico con arte e raffinatezza. In un spazio atemporale, minimalista, arredato con pochi oggetti porta in scena – al teatro della Pergola di Firenze − Il malato immaginario scritto da Mòliere nel 1673. È la storia di Argante, un uomo ipocondriaco convinto di essere malato e alla ricerca del ‘clistere' giusto per non morire. Gli interrogativi che si pone Lavia sono due ovvero ‹‹Chi è il malato immaginario? È il malato soggetto e immaginario predicato nominale o è malato predicato nominale e l'immaginario soggetto? È l'immaginario dell'uomo che è malato o è un uomo malato nella sua immaginazione? Noi abbiamo scelto la strada dell'immaginario malato. E l'immaginario di quest'uomo è sottoposto a un potere assoluto che è il potere dei dottori››. Una rilettura moderna, attuale, che tra le righe restituisce la tragicità di chi è vittima di un potere dominante.
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Gabriele Lavia (Argante)
In scena la solitudine di chi deve combattere solo contro il dolore, l'angoscia, la paura, la follia, il potere, la morte. E Lavia lo fa, con un andamento serrato ed equilibrato. La scena evoca Beckett de Il nastro di Krapp e Malone muore. Come dirà lo stesso Lavia ‹‹Malone e Argante sono due uomini soli circondati da fantasmi, mostri››. Argante entra in scena con una vestaglia di velluto marrone, in una stanza dalle pareti nere metafora dell'ossessione e della morte. L'ambiente è scarno, pochi oggetti in scena, su un pavimento a scacchi. Il malato immaginario si siede alla scrivania bianca − posta nella penombra nell'angolo destro del proscenio − per ascoltare da un registratore la sua stessa voce che gli ricorda tutti gli appuntamenti farmacologici da espletare. Visto dall'alto sembra muoversi su una scacchiera dell'oblio, dove la pedina è sia preda che predatore.
L'immobilità, la staticità della scena dilatano i tempi interni fino a renderli interminabili, sconfinati. All'angolo sinistro un letto anch'esso bianco dal sapore ospedaliero e nascosta – in fondo alla scena − dietro una tela di iuta, la salle de bains, dove si compie ripetutamente il ‘viaggio' del corpo malato.
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Una stanza unica circondata da enormi specchi − simbolo dell'ossessione e della deformazione della realtà − che gradualmente si anima di personaggi grotteschi, i dottori dai lunghi ed esili arti con guanti gialli, dai corpi panciuti, irriverenti. Questi incombono sulla scena come insetti ‘carnivori', dall'incedere scattante e nevrotico, dalle voci isteriche in preda a spasmi che si stagliano sul corpo ‘malato' di un uomo ridotto a larva. Tra tutti si distingue Michele Demaria nel ruolo di Tommaso Diarreus. In questa stanza Argante si cura, ama, conversa, si dispera. Progressivamente emergono i personaggi, da una parte la serva Antonietta (Barbara Begala), portatrice sana di buonsenso, Beraldo (Gianni De Lellis) il fratello di Argante, un uomo calvo in marsina verde che come il saggio grillo di Pinocchio rammenta al fratello che la sua non è una malattia e che deve convincersi che i dottori non lo salveranno perché la sua è immaginazione. Dall'altra la seconda moglie di Argante, Belinda (Giulia Galiani), una dark lady in guępière che s'insinua tra le lenzuola come una mantide che non aspetta altro che la morte del marito per arricchirsi. Una donna meschina, che nella gestualità ricorda
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Gabriele Lavia (Argante) e Giulia Galiani (Belinda,moglie di Argante)
Molti i momenti di metateatralità e di grande incisività l'invettiva che Lavia-Argante pronuncia nei confronti di Mòliere definendolo un maleducato, arrogante che osa mettere in scena una storia come questa, e immaginando di essere lui un medico e Mòliere un paziente grida: ‹‹Sputa sangue! Crepa signor Mòliere!››.
Quando Argante si chiede se nella vita basta il ‘vestito'giusto per diventare medici, Lavia lancia una nota polemica contro il potere ‘attuale' dominante. Lavia-Argante è incapace di emettere suoni come la campanella che scuote ripetutamente − invano− tra le mani. È muto, e nel silenzio ormai assordante crollano le pareti, mentre gli attori restano immobili, imbrigliati nel silenzio e avvolti nell'incubo.
Il malato immaginario
Cast & credits
Titolo
Il malato immaginario |
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Anno
2010 |
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Durata
3 ore |
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Data rappresentazione
21 novembre 2010 |
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Città rappresentazione
Firenze |
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Luogo rappresentazione
Teatro La Pergola |
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Prima rappresentazione
16 novembre 2010 |
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Titolo originale
Le Malade imaginaire |
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Autori testo d'origine
Mòliere |
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Traduzione
Chiara De Marchi |
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Regia
Gabriele Lavia |
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Interpreti
Gabriele Lavia (Argante) Pietro Biondi (Dottor Diarreus) Gianni De Lellis (Beraldo, fratello di Argante) Giorgio Crisafi (Buonafede, notaio) Barbara Begala (Antonietta, cameriera) Mauro Mandolini (Professor Purgone, medico di Argante) Vittorio Vannutelli (Dottor Fetus, farmacista) Giulia Galiani (Belinda, seconda moglie di Argante) Andrea Macaluso (Cleante, innamorato di Angelica) Michele Demaria (Tommaso Diarreus) Lucia Lavia (Angelica, prima figlia di Argante) |
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Produzione
Teatro Stabile dell'Umbria e Compagnia Lavia Anagni |
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Scenografia
Alessandro Camera |
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Costumi
Andrea Viotti |